Buongiorno
mi trovo in una situazione di contrasto con i miei cugini per quanto riguarda i lasciti immobiliari di mio nonno, deceduto nel 1968. Prima di morire mio nonno ha redatto un testamento olografo, poi registrato, in cui lasciava 1/3 dei beni alla figlia (mia zia) e 2/3 a mio padre così suddivisi: 1/3 in piena proprietà e 1/3 in nuda proprietà, con usufruttuaria mia nonna.
Questa divisione, che più fonti mi dicono corretta per le leggi dell'epoca, non corrisponde ovviamente a quelle che sarebbero le legittime odierne.
I suddetto testamento è stato accettato dagli eredi ed è stato la base di contratti di compravendita, divisione, cessioni ecc. di cui l'ultimo a novembre dello scorso anno.
Ora però pare che i cugini, non so consigliati da chi, vogliano rimettere in discussione tutte le operazioni di divisione e assegnazione passate dichiarandosi ingiustamente penalizzati (forse perché i valori dei terreni nel frattempo sono cambiati e qualcosa è diventato edificabile).
Sia mia zia che mio padre sono viventi e in grado di intendere e volere, quindi loro agirebbero a nome della madre, immagino per procura. Ma su quali basi potrebbero farlo?
Ho sempre pensato che un testamento accettato e non impugnato entro 10 anni non fosse più discutibile, soprattutto dopo aver firmato qualcosa come una decina di contratti che lo citano come base.
Dopo averli compensati più volte per assegnare a mio padre la sua casa e parte dei terreni (pagando a volte più del valore, perché era la sorella) con regolari atti notarili, vorrei evitare di vederlo nuovamente pagare per qualcosa che a regola è già legittimamente suo.
Se qualcuno ha idea di quali potrebbero essere le basi legali di una rivendicazione di questo tipo, mi farebbe comodo avere riferimenti.
Grazie a chi vorrà fornirmi qualsiasi commento o delucidazione.
mi trovo in una situazione di contrasto con i miei cugini per quanto riguarda i lasciti immobiliari di mio nonno, deceduto nel 1968. Prima di morire mio nonno ha redatto un testamento olografo, poi registrato, in cui lasciava 1/3 dei beni alla figlia (mia zia) e 2/3 a mio padre così suddivisi: 1/3 in piena proprietà e 1/3 in nuda proprietà, con usufruttuaria mia nonna.
Questa divisione, che più fonti mi dicono corretta per le leggi dell'epoca, non corrisponde ovviamente a quelle che sarebbero le legittime odierne.
I suddetto testamento è stato accettato dagli eredi ed è stato la base di contratti di compravendita, divisione, cessioni ecc. di cui l'ultimo a novembre dello scorso anno.
Ora però pare che i cugini, non so consigliati da chi, vogliano rimettere in discussione tutte le operazioni di divisione e assegnazione passate dichiarandosi ingiustamente penalizzati (forse perché i valori dei terreni nel frattempo sono cambiati e qualcosa è diventato edificabile).
Sia mia zia che mio padre sono viventi e in grado di intendere e volere, quindi loro agirebbero a nome della madre, immagino per procura. Ma su quali basi potrebbero farlo?
Ho sempre pensato che un testamento accettato e non impugnato entro 10 anni non fosse più discutibile, soprattutto dopo aver firmato qualcosa come una decina di contratti che lo citano come base.
Dopo averli compensati più volte per assegnare a mio padre la sua casa e parte dei terreni (pagando a volte più del valore, perché era la sorella) con regolari atti notarili, vorrei evitare di vederlo nuovamente pagare per qualcosa che a regola è già legittimamente suo.
Se qualcuno ha idea di quali potrebbero essere le basi legali di una rivendicazione di questo tipo, mi farebbe comodo avere riferimenti.
Grazie a chi vorrà fornirmi qualsiasi commento o delucidazione.