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User_58071

Ospite
ho donato la casa dove vivo a mio figlio sposato con 2 figli nel 2020. Ora lui deve cambiare residenza entro 18 mesi nel luogo dell'immobile è situato. Deve cambiare solo residenza o anche il domicilio ?.
 

Franci63

Membro Storico
Proprietario Casa
Deve portare la residenza nel Comune nel quale si trova l'immobile donato, e potrà farlo solo se risiedere lì concretamente.
 
U

User_58071

Ospite
una sentenza della Cassazione del marzo scorso ha stabilito che solo la residenza anagrafica è certa
 

BeppeX88

Membro Assiduo
Proprietario Casa
ho donato la casa dove vivo a mio figlio sposato con 2 figli nel 2020. Ora lui deve cambiare residenza entro 18 mesi nel luogo dell'immobile è situato. Deve cambiare solo residenza o anche il domicilio ?.
Il domicilio è una pura formalità che non ha valenze né fiscali né di altra natura, non richiede certificati non richiede permessi, il domicilio si dichiara al momento del controllo o dell'autocertificazione . La residenza si richiede nel comune dove vuoi portarla dove abiti stabilmente e lavori , con relativa verifica e controllo dei vigili o chi per essi.
Io sono residente a Milano e in questi giorni mi trovo a Sassari domiciliato presso i miei genitori. Non ho fatto richieste, non ho fatto certificati, non ho chiesto il permesso a nessuno
 
U

User_58071

Ospite
La decisione - L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della CTR che ha deciso per l’annullamento di un avviso di liquidazione per imposta di registro, emesso per la revoca dei benefici concessi per l’acquisto di immobile da adibire ad abitazione principale, avendo il contribuente trasferito la propria residenza oltre il termine di diciotto mesi.
Nella sentenza impugnata i giudici d’appello hanno ritenuto che la dimostrazione dello spostamento della residenza non deve essere limitata alla certificazione del Comune, “ma è riscontrabile oggettivamente e dai comportamenti concludenti del contribuente” attraverso la produzione, ad esempio, del pagamento della Tarsu o dell’istanza per il cambio di residenza.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
Nel ricorso proposto, l’Amministrazione finanziaria ha dedotto che in materia di agevolazione prima casa bisogna attribuire rilievo solo alle risultanze anagrafiche e non, come dichiarato dai giudici di merito, a generici elementi comprovanti il trasferimento di fatto nel Comune in cui è sito l’immobile.
I giudici di Piazza Cavour hanno avallato tale principio, richiamandone uno già espresso in materia, secondo cui i benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa “spettano unicamente a chi possa dimostrare in base ai dati anagrafici di risiedere o lavorare nel comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.”
In altre parole è stato rimarcato che il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale deve intendersi riferito al “dato anagrafico” e non al dato “meramente fattuale” sostitutivo della certificazione anagrafica, a nulla rilevando il sostenimento di spese (ad esempio spese condominiali e utenze) che comprovino la destinazione dell’immobile.
Quanto poi alla determinazione della residenza, i giudici di legittimità tengono conto peraltro dell’unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica (sancito anche dall’articolo 18, comma 2, del D.P.R. 30 maggio 1989), stabilendo che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza.
Nel caso di specie il contribuente non è stato in grado di provare che il mancato perfezionamento della procedura di iscrizione anagrafica nel Comune dove era sito l’immobile acquistato non fosse ad egli stesso addebitabile, non costituendo il pagamento della TARSU una circostanza sufficiente a comprovare l’effettivo cambio di residenza, idoneo a superare il dato anagrafico.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Agevolazioni prima casa: rileva la residenza anagrafica e non quella di fatto


Corte di CassazioneAgenzia delle EntratePubblicoAgevolazioni fiscali
 
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User_58071

Ospite
Agevolazioni prima casa e residenza anagrafica, cosa dice la Cassazione
Posted on aprile 19, 2019 by IFFI Gruppo Immobiliare in Guida all'acquisto, Leggi e Normative
normative
Per godere delle agevolazioni fiscali sulla prima casa è necessario trasferire la propria residenza anagrafica entro i 18 mesi dall’acquisto dell’immobile.
Con l’ordinanza n. 10072/2019, la Cassazione ha precisato che per usufruire delle agevolazioni fiscali sulla prima casa il contribuente deve dimostrare, in base ai dati anagrafici, di risiedere o lavorare nel Comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.
Ma vediamo la vicenda. L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso avverso la sentenza della Ctr, la quale aveva stabilito l’annullamento di un avviso di liquidazione per l’imposta di registro, emesso per la revoca dei benefici concessi per l’acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale, avendo il contribuente trasferito la propria residenza oltre il termine di 18 mesi.
Secondo i giudici di appello, la dimostrazione dello spostamento della residenza non deve essere limitata alla certificazione del Comune, “ma è riscontrabile oggettivamente e dai comportamenti concludenti del contribuente” attraverso la produzione, ad esempio, del pagamento della Tarsu o dell’istanza per il cambio di residenza. Ma i giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
In materia di agevolazioni prima casa, per l’Amministrazione finanziaria bisogna attribuire rilievo solo alle risultanze anagrafiche e non, come dichiarato dai giudici di merito, a generici elementi comprovanti il trasferimento di fatto nel Comune in cui è sito l’immobile. Tale principio è stato avallato dai giudici di Piazza Cavour. Questi ultimi hanno richiamato un principio già espresso in materia, secondo cui i benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa “spettano unicamente a chi possa dimostrare in base ai dati anagrafici di risiedere o lavorare nel Comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.”
Il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale deve dunque intendersi riferito al “dato anagrafico” e non al dato “meramente fattuale” sostitutivo della certificazione anagrafica, a nulla rilevando il sostenimento di spese (ad esempio spese condominiali e utenze) che comprovino la destinazione dell’immobile. E in merito alla determinazione della residenza, i giudici di legittimità tengono conto dell’unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica, stabilendo che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel Comune di nuova residenza.
In questo caso specifico, il contribuente non è stato in grado di provare che il mancato perfezionamento della procedura di iscrizione anagrafica nel Comune dove era sito l’immobile acquistato non fosse ad egli stesso addebitabile, non costituendo il pagamento della Tarsu una circostanza sufficiente a comprovare l’effettivo cambio di residenza, idoneo a superare il dato anagrafico.
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Agevolazioni prima casa e residenza anagrafica, cosa dice la Cassazione
Posted on aprile 19, 2019 by IFFI Gruppo Immobiliare in Guida all'acquisto, Leggi e Normative
normative
Per godere delle agevolazioni fiscali sulla prima casa è necessario trasferire la propria residenza anagrafica entro i 18 mesi dall’acquisto dell’immobile.
Con l’ordinanza n. 10072/2019, la Cassazione ha precisato che per usufruire delle agevolazioni fiscali sulla prima casa il contribuente deve dimostrare, in base ai dati anagrafici, di risiedere o lavorare nel Comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.
Ma vediamo la vicenda. L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso avverso la sentenza della Ctr, la quale aveva stabilito l’annullamento di un avviso di liquidazione per l’imposta di registro, emesso per la revoca dei benefici concessi per l’acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale, avendo il contribuente trasferito la propria residenza oltre il termine di 18 mesi.
Secondo i giudici di appello, la dimostrazione dello spostamento della residenza non deve essere limitata alla certificazione del Comune, “ma è riscontrabile oggettivamente e dai comportamenti concludenti del contribuente” attraverso la produzione, ad esempio, del pagamento della Tarsu o dell’istanza per il cambio di residenza. Ma i giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
In materia di agevolazioni prima casa, per l’Amministrazione finanziaria bisogna attribuire rilievo solo alle risultanze anagrafiche e non, come dichiarato dai giudici di merito, a generici elementi comprovanti il trasferimento di fatto nel Comune in cui è sito l’immobile. Tale principio è stato avallato dai giudici di Piazza Cavour. Questi ultimi hanno richiamato un principio già espresso in materia, secondo cui i benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa “spettano unicamente a chi possa dimostrare in base ai dati anagrafici di risiedere o lavorare nel Comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.”
Il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale deve dunque intendersi riferito al “dato anagrafico” e non al dato “meramente fattuale” sostitutivo della certificazione anagrafica, a nulla rilevando il sostenimento di spese (ad esempio spese condominiali e utenze) che comprovino la destinazione dell’immobile. E in merito alla determinazione della residenza, i giudici di legittimità tengono conto dell’unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica, stabilendo che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel Comune di nuova residenza.
In questo caso specifico, il contribuente non è stato in grado di provare che il mancato perfezionamento della procedura di iscrizione anagrafica nel Comune dove era sito l’immobile acquistato non fosse ad egli stesso addebitabile, non costituendo il pagamento della Tarsu una circostanza sufficiente a comprovare l’effettivo cambio di residenza, idoneo a superare il dato anagrafico.
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Il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale deve dunque intendersi riferito al “dato anagrafico” e non al dato “meramente fattuale” sostitutivo della certificazione anagrafica, a nulla rilevando il sostenimento di spese (ad esempio spese condominiali e utenze) che comprovino la destinazione dell’immobile. E in merito alla determinazione della residenza, i giudici di legittimità tengono conto dell’unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica, stabilendo che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel Comune di nuova residenza.
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Tu hai capito che basta la residenza.
Io ti ripeto che basta la residenza, ma deve essere effettiva e non fittizia; ovvero può essere chiesta solo se si risiede concretamente in un certo luogo.
Non puoi trasferire la residenza in un immobile solo per i tuoi comodi fiscali.
 

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