settecento

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Paradossi della nostra legislazione.
Da un lato l'art. 458 c.c. che vieta i patti successori, cioè quelle convenzioni a contenuto obbligatorio con le quali taluno si impegna a lasciare i propri beni ad una certa persona alla sua morte, e dall'altro la possibilità concreta che tale divieto venga aggirato con una facilità direi sconcertante.
Consideriamo pure l'art. 732 c.c. (il c.d. 'retratto successorio'), il quale, sia pure con finalità diverse, attribuisce ai coeredi il diritto di prelazione sulla quota ereditaria offerta in vendita ad un estraneo da un altro coerede.
Ebbene la mia impressione è che tutta la disciplina posta a tutela del rispetto delle quote legittime di un successione sia dettata soltanto in funzione di quelle comunioni nelle quali i coeredi sono solo dei discendenti (figli del de cuius ed eventualmente nipoti in caso di premorienza di taluno dei figli), così determinando delle storture nei casi (peraltro molto frequenti nella pratica) in cui uno dei coeredi sia il genitore superstite.
Facciamo un esempio: Tizio e Caia sono marito e moglie in regime di comunione legale dei beni, e hanno due figli, Primo e Secondo.
Caia muore senza testamento e lascia eredi il marito e i figli in ragione di 4/6 a favore del primo ed 1/6 ciascuno a favore dei figli.
A questo punto uno dei due figli, diciamo Primo, convince il padre a cedergli la proprietà dei suoi 4/6, con regolare atto di compravendita nel quale, in osservanza dell'antiriciclaggio, figurano anche gli estremi del pagamento (assegno circolare n/t); dopodichè introduce dinanzi al tribunale giudizio di divisione ereditaria nel quale, dichiarandosi proprietario dei 5/6, chiede l'attribuzione dell'intero asse ereditario offrendo di liquidare in danaro a Secondo il valore della sua quota, pari ad 1/6.

Il paradosso a questo punto sembra evidente: la legge avrebbe accordato tutela a Secondo, evidentemente pregiudicato nei suoi futuri diritti di erede legittimo, qualora tutto l'ambaradan di cui innanzi fosse stato fatto mediante un atto col quale Tizio (il padre) si limitava a impegnarsi a lasciare la sua quota a Primo alla sua morte (e tale accordo sarebbe stato nullo ex art. 458 c.c.), mentre nessuna tutela è esperibile quando l'atto viene compiuto con effetti traslativi immediati come nell'esempio citato, perchè formalisticamente l'autonomia privata viene considerata preminente rispetto alla tutela degli eredi legittimi.

Ma come..... nessuna tutela?

Vediamo rapidamente quali potrebbero essere i vari rimedi esperibili e i motivi per i quali essi sarebbero destinati all'insuccesso:
1) gli atti sono nulli in quanto patti successori - No, in quanto non si tratta di atti a contenuto obbligatorio destinati a spiegare effetti alla morte del promittente, ma di atti, per di più a titolo oneroso, immediatamente traslativi della proprietà e quindi considerati a tutti gli effetti inter vivos e non mortis causa.
2) gli atti violano l'art. 732 c.c. perchè non vi è stata notifica della proposta di vendita all'altro coerede - No, in quanto la notifica è prevista solo se si intende cedere la quota ad un terzo estraneo alla successione.
3) gli atti sono rescindibili per lesione - No, in quanto finchè il padre è vivente non vi è formalmente alcuna lesione della quota di Secondo (1/6), benchè è evidente che tale quota risulta lesa con riferimento al momento in cui si aprirà la successione di Tizio.

Aggiungiamoci pure che, se la causa di divisione giunge a sentenza irrevocabile prima della morte di Tizio, per Secondo sarà sempre più difficile chiedere la riduzione per lesione di legittima della quota di Primo.

Unica chance resterebbe quella di far valere la simulazione relativa dell'atto di trasferimento di quote da Tizio a Primo, con tutti i rischi connessi alla difficoltà di raggiungere la prova della simulazione stessa, e fermo restando che per chiedere la riduzione di quella che in questo modo verrebbe qualificata non più come una vendita ma come una donazione bisognerebbe comunque aspettare la morte di Tizio.

Questa è la simpatica situazione in cui mi trovo (io, ovviamente, sono Secondo). Primo, dal canto suo, sembra abbia architettato il 'delitto perfetto'.
 

tittitaro

Membro Attivo
Mi trovo in una situazione simile, solo che noi abbiamo in comunione ereditaria più immobili e il coerede privilegiato ha ceduto poi quote a terzi, aprendo ulteriori scenari... L'unica, misera strada è alla morte di Tizio acquisire i suoi estratti conto e cercare di controllare il movimento di denaro effettivo (in entrata, ma soprattutto in uscita) e quindi: o impugnare la vendita simulata (come nel mio caso) ovvero sperare che, qualora la vendita fosse stata reale, ancorchè sicuramente al ribasso, ti resti parte legittima di liquidità (io neanche quella...). Nel frattempo, io sto cercando di tirare per le lunghe la divisione giudiziale con ogni mezzo, per gli stessi motivi da te indicati. Attenzione però: sei sicuro che, prelazione a parte, il retratto successorio non preveda anche per il coerede privilegiato la condizione sospensoria? Ovvero che non si tratti, dovendosi ancora sciogliere la comunione, di un'obbligazione futura più che di un trasferimento di titolo reale? Hai solo quell'immobile pro indiviso o ce ne sono altri? Nel secondo caso, la situazione potrebbe cambiare.
 

settecento

Nuovo Iscritto
Mi trovo in una situazione simile, solo che noi abbiamo in comunione ereditaria più immobili e il coerede privilegiato ha ceduto poi quote a terzi, aprendo ulteriori scenari... L'unica, misera strada è alla morte di Tizio acquisire i suoi estratti conto e cercare di controllare il movimento di denaro effettivo (in entrata, ma soprattutto in uscita) e quindi: o impugnare la vendita simulata (come nel mio caso) ovvero sperare che, qualora la vendita fosse stata reale, ancorchè sicuramente al ribasso, ti resti parte legittima di liquidità (io neanche quella...). Nel frattempo, io sto cercando di tirare per le lunghe la divisione giudiziale con ogni mezzo, per gli stessi motivi da te indicati. Attenzione però: sei sicuro che, prelazione a parte, il retratto successorio non preveda anche per il coerede privilegiato la condizione sospensoria? Ovvero che non si tratti, dovendosi ancora sciogliere la comunione, di un'obbligazione futura più che di un trasferimento di titolo reale? Hai solo quell'immobile pro indiviso o ce ne sono altri? Nel secondo caso, la situazione potrebbe cambiare.
Non mi pare...... il retratto successorio altro non è se non una forma di prelazione, che viene in gioco solo e soltanto se l'atto traslativo è stato già compiuto (quindi con effetti traslativi attuali e non futuri) senza la preventiva notifica della proposta di vendita al soggetto privilegiato..... nel codice non mi pare di rinvenire effetti sospensivi quali quelli di cui tu parli.
Magari, del resto, fosse un'obbligazione futura....... in tal caso sarebbe nulla in quanto patto successorio.
Gli immobili sono in tutto quattro e Primo si è fatto trasferire con atti notarili i 4/6 di Tizio su tre di essi, mentre per il quarto ha chiesto l'attribuzione dei 4/6 di Tizio con l'atto di divisione giudiziale.
In effetti l'unica sarebbe cercare di tirarla in lungo col giudizio di divisione, e sperare - con un cinismo che non mi appartiene ma che in un certo senso mi è imposto dalla legge - che Tizio trapassi prima che la sentenza divenga definitiva.....

Trovo che tutto questo sia profondamente ingiusto e normativamente aberrante...... che senso ha disporre un divieto (patti successori) se poi questo può essere aggirato con tale facilità?
 

tittitaro

Membro Attivo
In effetti la sospensiva c'è solo con vendita a terzo estraneo (motivo per cui il legislatore ha previsto il 732); in questo caso il passaggio di proprietà viene intavolato mentre il diritto reale viene sospeso in attesa di concludere il progetto divisionale con scioglimento; diversamente col coerede, posto che la comunione ereditaria è comunque salvaguardata (ratio del 732, sic!!!). Così per il legislatore: concordo con te, riguardo ai troppi vuoti normativi che lasciano spazio a tutti gli (umani) usi, abusi e contraddizioni, e mi dispiace...E' un annoso problema, questo! Nei fatti, resta unicamente la strada di lesione di legittima se la vendita fosse fittizia, ma questo sarà dimostrabile solo dopo la morte di Tizio, perciò vale la pena tirarla fino in Cassazione...
e sperare - con un cinismo che non mi appartiene ma che in un certo senso mi è imposto dalla legge - che Tizio trapassi prima che la sentenza divenga definitiva.....
Solo una breve nota personale: non parlerei di cinismo, credo che di fronte a comportamenti simili di genitori (e in subordine, di fratelli) la ferita sia profonda e il lutto -purtroppo sperimentato anzi tempo e senza consolazione- divenga un bisogno urgente di quella giustizia riparatrice che nel mondo reale non c'è ... Buon Natale...
 

settecento

Nuovo Iscritto
E' forse un'idea peregrina, ma sto pensando di far proporre questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 3 Cost. (uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge) degli artt. 768-bis e 768-quater c.c., con riferimento all'art. 458 c.c., nella parte in cui non prevedono che la partecipazione al c.d. 'patto di famiglia' di tutti coloro che alla morte dell'ascendente ne risulterebbero eredi legittimi debba aversi anche al di fuori del caso in cui il futuro de cuius sia un imprenditore.
In questo modo, infatti, gli artt. 768-bis e segg. c.c. avrebbero creato una disparità di trattamento tra gli eredi legittimi (futuri) dell'imprenditore e quelli di un soggetto che non riveste tale qualità.

Da un punto di vista sostanziale, gli artt. 768-bis e segg. c.c. hanno introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento, in parziale deroga al disposto dell'art. 458 c.c., una fictio juris consistente nel considerare aperta la successione dell'imprenditore quando questi è ancora in vita, autorizzando dunque l'imprenditore a disporre della propria successione mediante atto inter vivos.
Il punto è che tale atto è valido soltanto se ad esso partecipano tutti coloro che, alla morte dell'imprenditore, ne risulterebbero eredi legittimi, onde non vedo la ragione per la quale gli eredi legittimi di chi imprenditore non è non debbano ricevere analoga tutela.
E' vero che la ratio di tale norma è evidentemente quella di tutelare l'interesse (che è anche di natura pubblicistica) alla continuità di un'attività imprenditoriale, ma è altrettanto vero che in questo modo il legislatore ha riconosciuto l'esigenza di tutelare gli eredi legittimi contro gli atti dispositivi compiuti in vita dall'ascendente a favore soltanto di alcuni futuri eredi, e tale esigenza è meritevole di tutela in ogni caso, altrimenti non si spiegherebbe l'esistenza di istituti quali la collazione, l'azione di riduzione per lesione di legittima etc.
 

tittitaro

Membro Attivo
Questo non è l'unica "incongruenza" del nostro codice (homines sumus)... pensa ad es. all'art 643 cpp (circonvenzione di incapace) e all'esimente di cui all'art 649 riguardo a stretto congiunto (frutto di ben altra epoca, contro la quale si sono sollevate numerose e autorevoli voci, con argomentazioni de iure più che valide, ma inutilmente)... e pensa a quanto spesso è proprio lo stretto congiunto a circonvenire(per archetipi, da Eva a...lady Macbeth!) Che dire? Con ciò, auguro ad ogni Don Quixote buona fortuna!
 

settecento

Nuovo Iscritto
Questo non è l'unica "incongruenza" del nostro codice (homines sumus)... pensa ad es. all'art 643 cpp (circonvenzione di incapace) e all'esimente di cui all'art 649 riguardo a stretto congiunto (frutto di ben altra epoca, contro la quale si sono sollevate numerose e autorevoli voci, con argomentazioni de iure più che valide, ma inutilmente)... e pensa a quanto spesso è proprio lo stretto congiunto a circonvenire(per archetipi, da Eva a...lady Macbeth!) Che dire? Con ciò, auguro ad ogni Don Quixote buona fortuna!
Non me ne parlare........ conosco bene anche quell'assurda esimente....... assurda proprio perchè il 90% dei casi di circonvenzione di incapace avviene proprio tra le mura domestiche o comunque nell'ambito del nucleo familiare.
 

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