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Il fatto:
il tribunale di Napoli rigettava l’impugnativa della delibera adottata da un condominio con la quale “la spesa per la manutenzione delle gronde era stata ripartita in base al criterio di cui all’art. 1126 c.c. anziché in base a quello di cui all’art. 1125 co. 3 c.c.”.
Il tribunale riteneva che gli opponenti ovvero i proprietari del lastrico solare fossero tenuti a contribuire per un terzo alle spese di riparazione.
La Corte di appello respingeva successivamente l'appello dei suddetti condomini ritenendo inammissibile, perché nuova, la deduzione che le gronde in questione drenano anche l’acqua della parte del tetto a falde e non già quella caduta dal terrazzo.
Gli opponenti pertanto ricorrevano al giudice di legittimità.

Il ricorso contestava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. e vizi di motivazione relativamente alla circostanza che gronde e doccione non erano stati ritenuti parti comuni dell’edificio “sol perché i ricorrenti sono proprietari dei lastrici”.
La censura dei ricorrenti contestava l'assunto per cui si assoggettavano le gronde, i canali di gronda, e tutte quelle parti attraverso le quali si raccolgono e defluiscono le acque piovane, “allo stesso regime previsto per i lastrici solari”.
La sentenza impugnata affermava che, in relazione a un terrazzo o lastrico solare di proprietà esclusiva, il proprietario è tenuto a contribuire non in ragione dei millesimi, ma in misura di un terzo, nelle spese della riparazione dei beni suddetti.
Viceversa la difesa dei ricorrenti sosteneva la tesi che il regime delle gronde e delle altre parti e relativi costi di riparazione non seguiva quello di proprietà “dei lastrici”.

Il motivo è stato accolto dai giudici della II sezione della Cassazione.
Le gronde, i doccioni e i canali di scarico delle acque meteoriche del tetto di uno stabile condominiale costituiscono bene comune, atteso che, svolgendo una funzione necessaria all’ uso comune (in quanto “servono all’ uso e al godimento comune”), ricadono tra i beni che l’art. 1117 c.c. include tra le parti comuni dell’edificio.

Sia che la copertura del fabbricato sia costituita da tetto a falda o da lastrico di proprietà esclusiva, il quale assolve anche la funzione di copertura di parte del fabbricato, rimane indispensabile l’esistenza delle gronde per raccogliere e smaltire le acque piovane.
Le gronde convogliano le acque meteoriche dalla sommità dell’edificio fino a terra o a scarichi fognari e svolgono quindi funzione che prescinde dal regime proprietario del terrazzo di copertura, salva anche la facoltà di un uso più intenso che, compatibilmente con il disposto del’art. 1102 c.c., possa farne il proprietario del terrazzo stesso per suoi usi.

La proprietà esclusiva del lastrico o terrazzo dal quale provengano le acque che si immettono nei canali non cambia questo regime, l’art. 1126 c.c. disciplina soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico propriamente inteso e non di altre parti dell’immobile, la cui esistenza è indipendente da quella del lastrico, salvo che altrimenti risulti espressamente dal titolo.
Né è consentita un’interpretazione che per analogia estenda il regime dei costi di riparazione stabilito in via eccezionale dall’art. 1126 c.c..
I giudici di merito avevano mal applicato l'art. 1117 c.c. e, in relazione alla proprietà esclusiva del terrazzo, indebitamente trovato nell'art. 1126 c.c. la regola di diritto da applicare.
Il ricorso è stato accolto, la sentenza cassata con il rinvio della causa ad altra sezione della Corte di appello, che si atterrà al seguente principio di diritto:

"Salvo che il contrario risulti espressamente dal titolo, le gronde, i doccioni e i “canali di scarico” delle acque meteoriche del tetto di uno stabile condominiale costituiscono bene comune ai sensi dell’art. 1117 c.c., atteso che svolgono una funzione necessaria all’ uso comune e servono all’ uso e al godimento comune, ancorché la funzione di copertura dell’edificio sia espletata da terrazzo di proprietà esclusiva."
Avv. Luigi De Valeri


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chiacchia

Membro Storico
Proprietario Casa
Un poco lunghetta ma alla fine è giusto, ma la domanda nasce spontanea ossia, anche se le leggi sono molto arzigogolate perché i giudici giudicano in modo differente?
 

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