celefini

Membro Attivo
Proprietario Casa
Nel corso di una locazione di un locale ad uso commerciale, due anni fa , il conduttore, mi ha chiesto, una riduzione del canone. Il conduttore, è una primaria società operante in Italia, e la proposta di riduzione del canone, mi è stata fatta da un loro funzionario, in alcune occasioni telefonicamente. Vessato dalle insistenti telefonate, alla fine , non acconsentii alla riduzione del canone, ma offrii e fu accettato, il blocco dell'adeguamento Istat, fino alla scadenza dei primi sei anni (Giugno 2013 ). Praticamente, negli ultimi 3 anni il canone è rimasto sempre lo stesso, non avendo subito aumenti, e di conseguenza l'imposta di registro versata in questi anni, è stata sempre dello stesso importo. Il dubbio, che ora mi viene è , se comunque, bisognava comunicare all'Agenzia delle Entrate, il blocco dell'adeguamento . Il contratto comunque non ha subito alcuna variazione, tranne la rinuncia dell'adeguamento, cosa che mi pare il locatare, possa mettere in atto anche se riportata nei termini del contratto .
 

Nemesis

Membro Storico
Proprietario Casa
Nessuna comunicazione era dovuta.
La richiesta di aggiornamento del canone ex art. 32 della legge n. 392/78 ("Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore...") si configura come un onere del locatore, al cui adempimento è legato il suo diritto a ottenere l'aggiornamento del canone, ponendosi come condizione per il sorgere del relativo diritto. Se tale richiesta, come evidentemente è avvenuto, non era stata portata alla conoscenza del conduttore, in nessuna forma (scritta, verbale, o anche implicitamente o per "facta concludentia") non avevi il diritto di pretendere le variazioni in aumento del canone.
 

celefini

Membro Attivo
Proprietario Casa
Nei termini contrattuali, era stabilito che il canone annuale, doveva essere modificato per l'anno successivo in relazione alla misura massima consentita dalla legge, della variazione dell'indice dei prezzi al consumo, risultante dall'indice nazionale determinato dall'Istat. Quindi questa era una norma stabilita nel contratto a cui , due anni fa ho rinunciato. Alla luce di quanto chiarito, come avrei dovuto comportarmi con l'Agenzia delle Entrate ?.
 

Nemesis

Membro Storico
Proprietario Casa
Sì, è ovvio che fosse una norma prevista dal contratto. Come avevo già scritto, l'art. 32 della legge n. 392/78 comincia con "Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto...".
Quindi se tale pattuizione non fosse stata presente nel contratto non ci sarebbe stata in nessun caso la possibilità di pretendere legittimamente le variazioni in aumento.
Ma la presenza di tale clausola è condizione necessaria ma non sufficiente per la legittima pretesa delle variazioni in aumento. Occorre, ripeto, che avvenga, anno dopo anno, una richiesta del locatore di voler esigere quelle variazioni. Tali richieste, nel periodo considerato, e conformemente all'accordo intervenuto successivamente tra le parti, non sono state effettuate dal locatore. Quindi non è sorto il diritto del locatore di pretenderle.
All'Agenzia delle Entrate non avresti dovuto comunicare nulla. Come non avresti comunicato nulla se invece l'aggiornamento fosse avvenuto. All'Agenzia delle Entrate basta che l'imposta di registro versata per i rinnovi annuali corrisponda all'effettivo canone corrisposto.
In conclusione, l’accordo in esame (successivo alla stipulazione dell'originario contratto e volto alla non applicazione delle variazioni ISTAT) non rientra nelle fattispecie previste dall’art. 17 del TUR (D.P.R. n. 131/1986), dato che non pone in essere un'ipotesi di cessione, risoluzione o proroga dell’originario contratto di locazione. Ma nemmeno in quella ex art. 19 di quel T.U., che impone di assoggettare a registrazione qualsiasi evento successivo alla registrazione che dia luogo a un'ulteriore liquidazione dell’imposta.
Pertanto, deve ritenersi che, salvo che l'accordo di rinuncia all'aggiornamento del canone sia stato redatto nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, non sussista l'obbligo in capo ai contraenti di comunicare all’Agenzia delle Entrate la modifica contrattuale intervenuta.
L'Agenzia delle Entrate potrebbe eventualmente contestare l'evasione dell'imposta di bollo dovuta fin dall'origine su quell'accordo redatto nella forma di scrittura privata, se non fosse stata assolta l'imposta come prevede l'art. 3 della Tariffa (parte I) Allegato A del D.P.R. n. 642/1972.
 

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