gabrybubu

Nuovo Iscritto
Buongiorno a tutti ringrazio in anticipo chiunque mi darà una mano a rosolvere una situazione familiare spiacevole.

Nel 1996 muore mia madre che lascia in eredità a me e alle mie due sorelle un piccolo immobile (quote di 1/3 ciascuna). Le tre sorelle per semplicità le indicherò con A, B (io) e C.

Pochi mesi dopo A per problemi economici vende la casa che abitava con la sua famiglia e occupa l'immobile in comunione. All'epoca vista la situazione e non essendoci alcuna tensione io e C decidiamo ingenuamente di non sottoscrivere nessun contratto dietro la promessa che quando la situazione sarebbe tornata alla normalità ci sarebbe stato riconosciuto da A una sorte di affitto.
Dopo un paio d'anni liberatosi l'immobile confinante con la comproprietà A decide di acquistarlo per poter vivere più agevolmente con la sua famiglia e in futuro poter abbattere il muore e unire i 2 immobili.
Subito dopo un grave incidente sul lavoro interessa il marito di A. Il processo per il risarcimento del danno (amputazione arto inferiore) si è concluso 6/7 mesi fa con un considerevole risarcimento.
In tutti questi anni e fino ad oggi io e C non abbiamo percepito alcun canone d'affitto e abbiamo sempre regolarmente pagato la quota ICI di nostra competenza. Nessun lavoro di manutenzione straordinaria è stato eseguito ad esclusione della messa in sicurezza del tetto (spesa equamente suddidivisa). La promessa era che una volta ottenuto il risarcimento nostra sorella avrebbe acquistato le nostre quote e ci avrebbe riconosciuto l'affitto degli anni precedenti.
Nell'ultimi 2 anni i rapporti con nostra sorella si sono pesantemente e provabilmente irrimediabilmente incrinati e ora che ha ottenuto il risarcimento e le condizioni economiche sono notevolmente migliorate non ci vuole riconoscere quanto promesso. Vuole acquistare la nostre quote ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato e ci impedisce di vendere l'immobile a terzi a prezzo più alto.
Ieri ho ricevuto raccomandata dal comune che dietro segnalazione di A ci invita (dopo sopraluogo dell'ufficio tecnico) a mettere in sicurezza il barchessale parte delle proprietà in comunione.

Ora nostra sorella ha definitivamente risolto i suoi problemi economici e non avrebbe alcun problema a ricnoscerci quanto promesso ma l'unico suo obiettivo e metterci bastoni tra le ruote impedirci di vendere l'immobile farci spendere quanto possibile con la speranza che noi cediamo alla sue condizioni.
Io e C notevolmente meno arroganti e cattive sorprese dalla mancata gratitudine e da un atteggiamento che non ci saremmo mai aspettate da nostra sorella ora siamo decise ad intervenire e a non subire senza reagire.

Io e C siamo intenzionate a seguire una direzione comune.
Visto il valore dell'immobile credo che l'intevento del giudice suggerito da A sia economicamente poco conveniente e i tempi lunghi.
Attualmente A non alcuna fretta i soldi del risarcimento le hanno dato la possibilità di acquistare altri 2 immobili...
Io e C siamo intenzionate ad intervenire al fine di evitare dove possibile che la sua arroganza le permetta di godere in via esclusiva dell'atitazione senza riconoscerci niente.

Volevo chiedere:
- Senza alcun contratto firmato si può avere la certezza di vederci riconosciuto l'affitto almeno degli ultimi anni? In questo caso come ci si deve muovere? Preciso che le utenze sono intestate a lei, che io e C in questi anni al massimo siamo andate a trovare nostra sorella ma non abbiamo mai abitato l'immobile.
- E' possibile muoverci come si è mossa nostra sorella (per il barchessale) e richiedere al comune, visto che l'impianto elettrico non è a norma (essendo datato) ci sono infiltrazioni nel soffitto, che l'immobile venga dichiarato non abitabile. In questo caso non volendo intervenire con lavori di messa a norma A potrebbe comunque abitare l'immobile o obbligarci ad interventi straordinari?
Dovesse succedere qualcosa ad A che abita l'immobile io e C rispondiamo anche senza alcun contratto d'affitto?
- Possiamo obbligare nostra sorella a chiudere le utenze a suo nome?

Nella speranza di ricevere qualche suggerimento auguro a tutti bone feste.
Grazie
 

Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
Dal 20 marzo 2011 per controversie del genere sarà obbligatorio esperire un tentativo di conciliazione; in quella sede con l'aiuto del conciliatore Vi conviene tentare un accordo complessivo anche circa la indennità di occupazione della sorella . Inutile giocare al massacro; nessuno ne uscirebbe bene. Si informi presso la Camera di Commercio per la procedura ad oggi abbastanza economica. In caso valutate di farvi affiancare da un esperto in sede conciliciativa ( vi costerà, l'esperto, suppongo qualche centinaia di euro -onorario per lo studio della pratica e l'intervento in sede conciliativa )
 

arianna26

Membro Senior
Proprietario Casa
l'idea di Rossi mi sembra buona l'esprto ed il conciliatore che le utenze a nome di A domostrano che ha abitato l'immobile. e se dichiarasse che si trattava di comodato a titolo gratuito ricordate che in questo caso il bene va restituito a richiesta!
 

raflomb

Membro Assiduo
La situazione è alquanto complessa a causa dell'assenza di documentazione scritta in merito agli impegni che A aveva promesso, come quello di indennizzare B e C per tutto il tempo che ha goduto dell'imobile. Inoltre non emerge un quantum stabilito tra le parti, il che in apparenza deinea una figura di "comodato." Se di comodato apparente si dovrebbe trattare, starà a B e C inviare una lettera raccomandata per riottenere nella immediatezza il rilascio dell'immobile per porlo sul mercato ai fine di una vendita. Ove non venga effettuato il rilascio spontaneo si verterebbe in una ipotesi di "occupazione" illegittima dell'innobile. A questo punto occorre rivolgersi ad un legale affinchè nella causa che verrà instaurata oltre a richiedere il rilascio dall'occupazione senza titolo, cerchi di ottenere a mezzo prove testimoniali un equo indennizzo finalizzato alla manutenzione dell'immobile, che sembra essere stata omessa. Una volta liberato l'immobile è probabile che A si ostini a non permettere che il bene venga venduto sul libero mercato e ciò lo può legittimamente fare essendo comproprietaria, in quanto occorre anche il suo consenso per venderlo nella sua interezza. Le tenterà di giocare su questo elemento impeditivo per liquidarVi le vostre quote in sottoprezzo. A questo punto l'estrema ratio impone, ove si voglia far venir meno lo stato di comproprietà, rivolgersi al tribunale per la vendita dell'immobile. Il giudice dovrà nominare un CTU (consulente tecnico d'ufficio) il quale procederò alla stima del bene. Una volta fatta la stima, e prima di essere bandito all'asta, in virtà del diritto di prelazione accordato dalla legge ai comprorietari si potrebbero presentere le seguenti ipotesi: a) A potrà acquistare le vostre 2 quote al prezzo stabilito dal CTU; b) Viceversa B e C, o una di voi, potrete acquistare la quota di A, per poi con calma, ove pensate di ricavare un prezzo magiore, rivenderlo sul libero mercato. Purtroppo, sia a causa degli errori commessi a causa di impegni precisi scritti, sia a causa del carattere speculativo da voi descritto della vostra congiunta, le cose, con il passare del tempo si sono un pò ingarbugliate.
 

gabrybubu

Nuovo Iscritto
Ringrazioe tutti per gli utili consigli.
Riassumendo il percorso logico da seguire sarebbe il seguente:
1. inviare lettera in cui si intima di lasciare libera l'abitazione. Possedendo una quota di 1/3 A potrebbe comunque abitare l'immobile? In questo caso per quanto riguarda le condizioni dell'immobile il comune potrebbe dichiararlo dietro nostra richiesta inagibile e quindi negare ad A l'abitabilità? Non sussistendo attualmente le condizioni di sicurezza nella malaugurata ipotesi di un incidente domestico io e C potremmo avere delle conseguenze legali?
Possiamo almeno imporre che vengano compiute le opere di manutenzione ordinaria dell'immobile mai eseguite in 15 anni di occupazione?
2. tentare una conciliazione con l'ausilio di un esperto. L'alternativa della messa in vendita ha già dato esiti negativi in quanto A si è opposta alla vendita dell'immobile.
3. intraprendere la strada dello scioglimento della comunione che vorremmo evitare immaginando i costi e le lungaggini.

Da quanto ho capito senza alcun accordo scritto è facile definire l'occupazione come un comodato d'uso gratuito impedendo a noi di vederci riconosciuti gli indennizzi relativi all'occupazione.
Considerando separatamente questo aspetto è possibile tentare di ottenere l'indennizzo o le provabilità sono scarse e quasi certamente verrebbe definito comodato.

Grazie ancora per l'attenzione!
 

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