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Affitto concordato a Torino, validità.
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Testo
<blockquote data-quote="Clematide" data-source="post: 307484" data-attributes="member: 22366"><p>Personalmente nutro forti perplessità circa la possibilità di apporre in seno ad uno statuto locativo, formalmente denominato “agevolato” e richiamata la norma della legge 431/1998, art.2., co.3, una clausola risolutiva espressa (che necessita comunque di una sentenza di mero accertamento della risoluzione verificatasi a seguito dell’imputabilità all’altro contraente dell’inadempimento contrattuale) che consenta al locatore di risolvere di diritto un contratto di locazione per il mancato spostamento della residenza anagrafica del conduttore all’interno dell’immobile locato, al fine di consentirgli di godere di un bonus di natura tributaria, con conseguente caducazione del suo rapporto contrattuale privato con l’inquilino e successiva convenzione locativa quadriennale con il medesimo a canone maggiorato rispetto a quella originaria.</p><p></p><p>Gli effetti di questa clausola sarebbero a dir poco dirompenti nei contratti concordati, nati sotto l’egida dalla legge di riforma del 1998 e di successivi decreti ministeriali che non hanno previsto la risoluzione del rapporto locativo nel caso in cui il conduttore non trasferisca la residenza nell’alloggio locato.</p><p></p><p>Una clausola derogatoria di questa portata, non certo un’obbligazione accessoria o un aspetto marginale delle obbligazioni principali di un concordato (che potrebbe declassare il contratto alla tipologia di contratto libero, qualora il conduttore, pur sottoscrivendo l’accordo contrattuale, successivamente lo contestasse davanti alla Commissione conciliativa, mentre ogni contestazione in ordine alle esigenze dei presupposti dei benefici fiscali apparterebbe alla competenza delle Commissioni tributarie) finirebbe inevitabilmente per snaturare e travolgere un assetto normativo e un testo pre-impostato che non solo è già stato visionato in sede centrale, ma negoziato e compiutamente definito dopo lunghe trattative in sede territoriale.</p><p></p><p>In materia si è chiaramente espressa un anno fa Cassazione 27022 che ha detto che <em>“va qualificato come contratto agevolato ai sensi della L. 9 dicembre 1998, n.432, art.2, comma 3, un contratto di locazione a uso abitativo non transitorio che rispetti il tipo di contratto di cui alla L. 9 dicembre 1998, n.432, art.4-bis e l’accordo contrattuale definito in sede locale dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, sia quanto a canone e durata, che quanto ad ogni altra condizione contrattuale. </em></p><p></p><p> <em>La qualificazione di contratto c.d. concordato e la correlata applicazione dei benefici fiscali vengono meno se le parti, pur rispettando la durata legale e la determinazione del canone risultante dagli accordi definiti in sede locale, modifichino in tutto o in parte, le altre condizioni contrattuali, in modo da alterare l’assetto dei reciproci interessi precostituito nel modello concordato. </em></p><p></p><p><em>In tale eventualità fermo restando le clausole convenute, il contratto non sarà riconducibile all’articolo 2 cit., comma 3 e rientrerà nello stesso art.2, comma 1, con applicazione della disciplina del contratto ordinario ed esclusione delle agevolazioni fiscali.”</em></p><p></p><p>La Suprema Corte ha fatto notare che “<em>il confronto non va fatto tra le “clausole” del contratto, ma tra le “condizioni contrattuali” o gli “specifici aspetti contrattuali” secondo la terminologia adoperata dal legislatore del 1998, art.2, co.3 e art.4-bis, co.2: decisivo è il contenuto del contratto individuale, vale a dire l’assetto degli interessi di ciascuna delle parti e tra le parti, quale risultante dal confronto tra contratto individuale e contratto-tipo.”</em></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Clematide, post: 307484, member: 22366"] Personalmente nutro forti perplessità circa la possibilità di apporre in seno ad uno statuto locativo, formalmente denominato “agevolato” e richiamata la norma della legge 431/1998, art.2., co.3, una clausola risolutiva espressa (che necessita comunque di una sentenza di mero accertamento della risoluzione verificatasi a seguito dell’imputabilità all’altro contraente dell’inadempimento contrattuale) che consenta al locatore di risolvere di diritto un contratto di locazione per il mancato spostamento della residenza anagrafica del conduttore all’interno dell’immobile locato, al fine di consentirgli di godere di un bonus di natura tributaria, con conseguente caducazione del suo rapporto contrattuale privato con l’inquilino e successiva convenzione locativa quadriennale con il medesimo a canone maggiorato rispetto a quella originaria. Gli effetti di questa clausola sarebbero a dir poco dirompenti nei contratti concordati, nati sotto l’egida dalla legge di riforma del 1998 e di successivi decreti ministeriali che non hanno previsto la risoluzione del rapporto locativo nel caso in cui il conduttore non trasferisca la residenza nell’alloggio locato. Una clausola derogatoria di questa portata, non certo un’obbligazione accessoria o un aspetto marginale delle obbligazioni principali di un concordato (che potrebbe declassare il contratto alla tipologia di contratto libero, qualora il conduttore, pur sottoscrivendo l’accordo contrattuale, successivamente lo contestasse davanti alla Commissione conciliativa, mentre ogni contestazione in ordine alle esigenze dei presupposti dei benefici fiscali apparterebbe alla competenza delle Commissioni tributarie) finirebbe inevitabilmente per snaturare e travolgere un assetto normativo e un testo pre-impostato che non solo è già stato visionato in sede centrale, ma negoziato e compiutamente definito dopo lunghe trattative in sede territoriale. In materia si è chiaramente espressa un anno fa Cassazione 27022 che ha detto che [I]“va qualificato come contratto agevolato ai sensi della L. 9 dicembre 1998, n.432, art.2, comma 3, un contratto di locazione a uso abitativo non transitorio che rispetti il tipo di contratto di cui alla L. 9 dicembre 1998, n.432, art.4-bis e l’accordo contrattuale definito in sede locale dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, sia quanto a canone e durata, che quanto ad ogni altra condizione contrattuale. [/I] [I]La qualificazione di contratto c.d. concordato e la correlata applicazione dei benefici fiscali vengono meno se le parti, pur rispettando la durata legale e la determinazione del canone risultante dagli accordi definiti in sede locale, modifichino in tutto o in parte, le altre condizioni contrattuali, in modo da alterare l’assetto dei reciproci interessi precostituito nel modello concordato. [/I] [I]In tale eventualità fermo restando le clausole convenute, il contratto non sarà riconducibile all’articolo 2 cit., comma 3 e rientrerà nello stesso art.2, comma 1, con applicazione della disciplina del contratto ordinario ed esclusione delle agevolazioni fiscali.”[/I] La Suprema Corte ha fatto notare che “[I]il confronto non va fatto tra le “clausole” del contratto, ma tra le “condizioni contrattuali” o gli “specifici aspetti contrattuali” secondo la terminologia adoperata dal legislatore del 1998, art.2, co.3 e art.4-bis, co.2: decisivo è il contenuto del contratto individuale, vale a dire l’assetto degli interessi di ciascuna delle parti e tra le parti, quale risultante dal confronto tra contratto individuale e contratto-tipo.”[/I] [/QUOTE]
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