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<blockquote data-quote="carlo e.m. ricci" data-source="post: 15934" data-attributes="member: 4894"><p>continuo a pensarla diversamente, come da sentenza n. 6911, resa dalla Cassazione in data 7 maggio 2003, con la quale era stato riconosciuto ai locatori - che non percepivano l'affitto dai conduttori morosi o in ritardo coi pagamenti - di dichiarare, come reddito di fabbricato, soltanto la rendita catastale. La Corte aveva precisato come non fosse applicabile l'articolo 35 del vecchio Tuir (ora articolo 38) - secondo cui il reddito di fabbricati è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti - quando, secondo i criteri di capacità contributiva (ex articolo 53 della Costituzione) e buona fede (ex articolo 10 dello Statuto dei diritti del contribuente), sussiste la prova, anche desunta da elementi indiziari ritenuti congrui dal giudice di merito con insindacabile e non contestato giudizio (nel caso di specie procedura di sfratto per morosità), che gli stessi canoni non sono stati concretamente percepiti dai proprietari.</p><p>Così argomentando, la Cassazione - non accogliendo le difensive del Fisco, secondo cui il reddito imponibile degli immobili locati è quello risultante dal contratto di locazione, senza che a nulla rilevi la concreta percezione dei canoni - aveva ritenuto di allinearsi al filone giurisprudenziale divenuto prevalente (cfr Cassazione - sezioni unite - sentenze n. 17394 del 6 dicembre 2002 e n. 15063 del 25 ottobre 2002), che assume a valido fondamento l'articolo 53 della Costituzione, in virtù del quale il carico fiscale deve essere ragguagliato alla “capacità contributiva”, intesa come effettiva ricchezza a disposizione del contribuente.</p><p>Con la sentenza del 2003, la Corte non ammetteva la tassazione di quelle ricchezze indicate (magari per errore) in dichiarazione, ma non realmente possedute dal contribuente, puntualizzando come il disposto dell'articolo 53 della Costituzione avesse trovato ulteriore conferma nella legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), sancente il principio di buona fede che impone all'Amministrazione di far riferimento a dati di ricchezza reali.</p><p>penso che l'agenzia delle entrate, dia spesso risposte a suo esclusivo vantaggio, oppure eluda di rispondere su fatti concreti a vantaggio del contribuente (se non ho firmato un contratto di locazione e non ho percepito il canone NON ho un reddito, oppure adesso il reddito tassabile per un privato è divenuto il reddito vrtuale? carlo e.m. ricci</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="carlo e.m. ricci, post: 15934, member: 4894"] continuo a pensarla diversamente, come da sentenza n. 6911, resa dalla Cassazione in data 7 maggio 2003, con la quale era stato riconosciuto ai locatori - che non percepivano l'affitto dai conduttori morosi o in ritardo coi pagamenti - di dichiarare, come reddito di fabbricato, soltanto la rendita catastale. La Corte aveva precisato come non fosse applicabile l'articolo 35 del vecchio Tuir (ora articolo 38) - secondo cui il reddito di fabbricati è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti - quando, secondo i criteri di capacità contributiva (ex articolo 53 della Costituzione) e buona fede (ex articolo 10 dello Statuto dei diritti del contribuente), sussiste la prova, anche desunta da elementi indiziari ritenuti congrui dal giudice di merito con insindacabile e non contestato giudizio (nel caso di specie procedura di sfratto per morosità), che gli stessi canoni non sono stati concretamente percepiti dai proprietari. Così argomentando, la Cassazione - non accogliendo le difensive del Fisco, secondo cui il reddito imponibile degli immobili locati è quello risultante dal contratto di locazione, senza che a nulla rilevi la concreta percezione dei canoni - aveva ritenuto di allinearsi al filone giurisprudenziale divenuto prevalente (cfr Cassazione - sezioni unite - sentenze n. 17394 del 6 dicembre 2002 e n. 15063 del 25 ottobre 2002), che assume a valido fondamento l'articolo 53 della Costituzione, in virtù del quale il carico fiscale deve essere ragguagliato alla “capacità contributiva”, intesa come effettiva ricchezza a disposizione del contribuente. Con la sentenza del 2003, la Corte non ammetteva la tassazione di quelle ricchezze indicate (magari per errore) in dichiarazione, ma non realmente possedute dal contribuente, puntualizzando come il disposto dell'articolo 53 della Costituzione avesse trovato ulteriore conferma nella legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), sancente il principio di buona fede che impone all'Amministrazione di far riferimento a dati di ricchezza reali. penso che l'agenzia delle entrate, dia spesso risposte a suo esclusivo vantaggio, oppure eluda di rispondere su fatti concreti a vantaggio del contribuente (se non ho firmato un contratto di locazione e non ho percepito il canone NON ho un reddito, oppure adesso il reddito tassabile per un privato è divenuto il reddito vrtuale? carlo e.m. ricci [/QUOTE]
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