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Successione, Eredità, Donazione e Famiglia
Eredità ingarbugliata da sbrogliare
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Testo
<blockquote data-quote="AugustaDM" data-source="post: 262657" data-attributes="member: 49649"><p>Nella sentenza della Corte di Cassazione n. 5226 del 12 aprile 2002, che riguarda l’usucapione della quota degli altri coeredi, da parte del singolo coerede, è chiarito che </p><p>“In caso di successione per morte, il coerede può usucapire la quota degli altri coeredi, se dopo la morte del “de cuius” è rimasto nel possesso del bene ereditario. Non è però sufficiente la semplice circostanza per cui gli altri partecipanti alla<em>comunione ereditaria si siano astenuti dall’uso comune del bene ereditato. E’ necessario, secondo la Corte, perché possa maturare l’usucapione che il singolo coerede abbia goduto del bene, in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziale una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus. </em></p><p><em>Tale volontà non può essere desunta dal semplice fatto che il coerede abbia amministrato il bene ed abbia provveduto alla sua manutenzione e <strong>al pagamento delle imposte </strong>giacché si deve presumere che tali attività siano state compiute nella qualità di coerede. Ne discende che per invocare l’usucapione del bene ereditario occorre dimostrare che il rapporto materiale con il bene stesso si è verificato in modo tale da escludere, con palese manifestazione del volere, gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il medesimo bene”. </em></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="AugustaDM, post: 262657, member: 49649"] Nella sentenza della Corte di Cassazione n. 5226 del 12 aprile 2002, che riguarda l’usucapione della quota degli altri coeredi, da parte del singolo coerede, è chiarito che “In caso di successione per morte, il coerede può usucapire la quota degli altri coeredi, se dopo la morte del “de cuius” è rimasto nel possesso del bene ereditario. Non è però sufficiente la semplice circostanza per cui gli altri partecipanti alla[I]comunione ereditaria si siano astenuti dall’uso comune del bene ereditato. E’ necessario, secondo la Corte, perché possa maturare l’usucapione che il singolo coerede abbia goduto del bene, in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziale una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus. Tale volontà non può essere desunta dal semplice fatto che il coerede abbia amministrato il bene ed abbia provveduto alla sua manutenzione e [B]al pagamento delle imposte [/B]giacché si deve presumere che tali attività siano state compiute nella qualità di coerede. Ne discende che per invocare l’usucapione del bene ereditario occorre dimostrare che il rapporto materiale con il bene stesso si è verificato in modo tale da escludere, con palese manifestazione del volere, gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il medesimo bene”. [/I] [/QUOTE]
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