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Tinteggiatura a fine locazione
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Testo
<blockquote data-quote="Clematide" data-source="post: 332787" data-attributes="member: 22366"><p>[USER=14526]@vitt1[/USER]</p><p></p><p>Con riguardo alla tinteggiatura a fine rapporto, i contratti convenzionati devono rispettare i tipi di contratto allegati al DM 16 gennaio 2017 oppure quello precedente del 30 dicembre 2002: non può essere modificata la clausola relativa alla consegna del bene presente nei modelli ministeriali che riproduce l’art.1590 cod. civ. sotto questa forma: <em>“Il conduttore si impegna a riconsegnare l’unità immobiliare nello stato in cui l’ha ricevuta, salvo il deperimento d’uso”.</em></p><p></p><p>Essa deve essere mantenuta nel testo del contratto, non vanno introdotte clausole deroganti (anche solo parzialmente) alle previsioni del modello, tipo <em>“ad eccezione della tinteggiatura alla riconsegna dei locali”: </em>nessuna associazione di categoria rilascerebbe mai un attestato di rispondenza (antecedente alla registrazione) per un siffatto contratto non assistito.</p><p></p><p>Con riguardo ad un contratto abitativo a canone libero (non presidiato dall’art.79 della 392), la questione va risolta attraverso la portata del nuovo testo del comma 4 dell’art.13 della 431, quello che recita che <em>“Per i contratti stipulati in base al comma 1 delll’art.2, è nulla, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito”</em>: nella nuova formulazione sono scomparsi ora gli ulteriori <em>”vantaggi economici e normativi a favore del locatore diretti ad attribuirgli un canone superiore a quello contrattualmente stabilito”.</em></p><p></p><p>Il vantaggio del locatore a me pare del tutto evidente, ma la dottrina tradizionale ritiene che una clausola che addossi all’inquilino la ritinteggiatura al termine di un contratto, azzerando di fatto gli effetti del deterioramento dovuto al normale uso, in un locazione abitativa libera non incida sul canone <em>“contrattualmente stabilito”</em>, determinandone un aumento surrettizio. Ma un giudice “locazionista”, alla luce del nuovo art.13, riterrebbe tale opinione fondata?</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Clematide, post: 332787, member: 22366"] [USER=14526]@vitt1[/USER] Con riguardo alla tinteggiatura a fine rapporto, i contratti convenzionati devono rispettare i tipi di contratto allegati al DM 16 gennaio 2017 oppure quello precedente del 30 dicembre 2002: non può essere modificata la clausola relativa alla consegna del bene presente nei modelli ministeriali che riproduce l’art.1590 cod. civ. sotto questa forma: [I]“Il conduttore si impegna a riconsegnare l’unità immobiliare nello stato in cui l’ha ricevuta, salvo il deperimento d’uso”.[/I] Essa deve essere mantenuta nel testo del contratto, non vanno introdotte clausole deroganti (anche solo parzialmente) alle previsioni del modello, tipo [I]“ad eccezione della tinteggiatura alla riconsegna dei locali”: [/I]nessuna associazione di categoria rilascerebbe mai un attestato di rispondenza (antecedente alla registrazione) per un siffatto contratto non assistito. Con riguardo ad un contratto abitativo a canone libero (non presidiato dall’art.79 della 392), la questione va risolta attraverso la portata del nuovo testo del comma 4 dell’art.13 della 431, quello che recita che [I]“Per i contratti stipulati in base al comma 1 delll’art.2, è nulla, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito”[/I]: nella nuova formulazione sono scomparsi ora gli ulteriori [I]”vantaggi economici e normativi a favore del locatore diretti ad attribuirgli un canone superiore a quello contrattualmente stabilito”.[/I] Il vantaggio del locatore a me pare del tutto evidente, ma la dottrina tradizionale ritiene che una clausola che addossi all’inquilino la ritinteggiatura al termine di un contratto, azzerando di fatto gli effetti del deterioramento dovuto al normale uso, in un locazione abitativa libera non incida sul canone [I]“contrattualmente stabilito”[/I], determinandone un aumento surrettizio. Ma un giudice “locazionista”, alla luce del nuovo art.13, riterrebbe tale opinione fondata? [/QUOTE]
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