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"Ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione di cui all'art. 38 L. 27 luglio 1978, n. 392 rileva la destinazione effettiva dell'immobile locato, ove lo stesso venga successivamente utilizzato per lo svolgimento di attività comportanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, e non quella diversa originariamente pattuita, ove il proprietario non abbia tempestivamente esperito a norma dell'art. 80 della L. n. 392 del 1978 l'azione di risoluzione del contratto a seguito del mutamento di uso da parte del conduttore, posto che il mancato esercizio di detta azione di risoluzione deve essere interpretato come implicito consenso al mutamento d'uso". Così ha deciso la Cassazione (sent. n. 699/'10, inedita), ulteriormente stabilendo che "ne consegue che il conduttore che si voglia avvalere della facoltà di prelazione è tenuto a provare, oltre all'intervenuto mutamento della destinazione, l'avvenuta decorrenza del termine a disposizione del locatore per proporre l'azione di risoluzione".
 

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