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<blockquote data-quote="Luigi Criscuolo" data-source="post: 222269" data-attributes="member: 15764"><p>Purtroppo, o meno male (per le vittime, visto poi gli effetti), non tutte sono resistenti come Maria Goretti. Evidentemente la commissione giudicante (visto l'età media dei componenti della Cassazione) era dell'opinione che il subire passivamente una violenza equivale ad esprimere un consenso: l'applicazione fisica di "chi tace acconsente" o del "silenzio assenso". Se non mi sbaglio anche Mussolini, su questo argomento, disse la sua: fece il paragone della spada da infilare nel fodero, se il fodero non è fermo non si riesce ad inserire la spada nella custodia. Io non mi sono dimenticato le immagini dell' ingresso in aula della Corte che ha dato lettura della sentenza Berlusconi/Mediaset: tre vecchietti, simil pensionati (ma pensionati super pagati), che si aggiravano con passo incerto verso gli scranni, una lettura penosa del dispositivo e, ciliega sulla panna, la figuraccia fatta da Esposito, che ha rilasciato una intervista anticipando le motivazioni della sentenza, che ha indotto il CSM ad aprire un procedimento disciplinare nei suoi confronti. del quale poi si è persa ogni notizia (similia similibus curantur).</p><p></p><p>In effetti, sebbene quasi tutte le istanze e quasi tutte le comparse a difesa si concludano con quelle frasi di rito di veder condannato la controparte al pagamento delle spese legali e processuali, fino a qualche anno fa nella maggioranza dei casi il Giudice era più propenso per la compensazione dei costi giudiziari. Quando qualcuno, in una causa civile, veniva condannato anche a pagare il legale del vincitore, questo suonava un pò come un' onta: "avevi proprio torto marcio" oppure "le tue erano solo delle pretestuosità contrarie al c.c." oppure "hai tirato troppo la corda".</p><p>Oggi, tuttavia, mi risulta che, recependo una norma che mi è sfuggita, i giudici più facilmente addebitano i costi legali del vincitore al soccombente anche a fronte di una obiettiva legittimità di ricorso ad un giudizio.</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Luigi Criscuolo, post: 222269, member: 15764"] Purtroppo, o meno male (per le vittime, visto poi gli effetti), non tutte sono resistenti come Maria Goretti. Evidentemente la commissione giudicante (visto l'età media dei componenti della Cassazione) era dell'opinione che il subire passivamente una violenza equivale ad esprimere un consenso: l'applicazione fisica di "chi tace acconsente" o del "silenzio assenso". Se non mi sbaglio anche Mussolini, su questo argomento, disse la sua: fece il paragone della spada da infilare nel fodero, se il fodero non è fermo non si riesce ad inserire la spada nella custodia. Io non mi sono dimenticato le immagini dell' ingresso in aula della Corte che ha dato lettura della sentenza Berlusconi/Mediaset: tre vecchietti, simil pensionati (ma pensionati super pagati), che si aggiravano con passo incerto verso gli scranni, una lettura penosa del dispositivo e, ciliega sulla panna, la figuraccia fatta da Esposito, che ha rilasciato una intervista anticipando le motivazioni della sentenza, che ha indotto il CSM ad aprire un procedimento disciplinare nei suoi confronti. del quale poi si è persa ogni notizia (similia similibus curantur). In effetti, sebbene quasi tutte le istanze e quasi tutte le comparse a difesa si concludano con quelle frasi di rito di veder condannato la controparte al pagamento delle spese legali e processuali, fino a qualche anno fa nella maggioranza dei casi il Giudice era più propenso per la compensazione dei costi giudiziari. Quando qualcuno, in una causa civile, veniva condannato anche a pagare il legale del vincitore, questo suonava un pò come un' onta: "avevi proprio torto marcio" oppure "le tue erano solo delle pretestuosità contrarie al c.c." oppure "hai tirato troppo la corda". Oggi, tuttavia, mi risulta che, recependo una norma che mi è sfuggita, i giudici più facilmente addebitano i costi legali del vincitore al soccombente anche a fronte di una obiettiva legittimità di ricorso ad un giudizio. [/QUOTE]
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