sergio gattinara

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CRISI UKRAINA

Che pensate di una Istituzione come la UE che dispone di un alto commissario agli Affari Internazionali che vede laMerkel ed Hollande andare a KIEV dove li aspetta l'americano Kerry ?

A me sembra che le cose non siano cambiate rispetto alla situazione esistente alla firma del TRATTATO DI ROMA Vale dire nella UE DUE COMANDAN O gli altri seguono ed inseguono
 

Daniele 78

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Credo proprio che hai ragione, la cosa che mi infastidisce di più è che tutte le volte che ci sono dei problemi con Fiscal compact, austerity, salta fuori sempre la Germania a dettar legge e pensare che anche loro stanno sforando in quanto anche loro superano il 60% del debito pubblico (come da (Maastricht). Ma siamo sicuri che la moneta unica sia l'euro e non il marco tedesco???

Da come si pone la Merkel in primis pare che l'Europa sia sua.
Mi sembra di essere nell'era del IV Reich, cambiano i colori e le modalità ma il "disegno finale" non mi sembra tanto diverso da quello di Adolf Hitler (il dominio a tutti i costi) vedremo se ci riusciranno...
 

sergio gattinara

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Tre anni fa scrissi per i miei ex colleghi inglesi i due seguenti promemoria
SOVRANITA ce l abbiamo ancora?

Ho 72 anni , ho assistito , prima a scuola, poi nel lavoro,in Italia ed all’ estero, alla nascita dell’Europa che avvenne con la nostra adesione—fortemente voluta da de Gasperi,giustamente timoroso di un isolamento dell Italia—alla C.E.C.A. ( ComunItà Europea Carbone ed Acciaio)

.

La documentazione uscita, tempo fa, dagli archivi di stato americani e inglesi dopo 60 anni ci rivelano come e da chi è nata la cosa. Sembra incredibile, per chi come me ha vissuto passo passo il cammino dell ‘Europa, ma l ‘iniziativa la presero gli Stati Uniti ( con l’ opposizione della Gran Bretagna).

Gli Stati Uniti, anzi,più precisamente la CIA, si posero il problema in questi termini:

Non possiamo ogni trentanni o giù di lì tornare in Europa a dividere Francia e Germania che si fanno la guerra. Occorre metterli insieme in qualche modo.


Cosinacque la CECA(Comunità EuropeaCarbone edAcciaio).

Nonsolo, dalladocumentazioneemergecheper i primianni l ‘affittodegli uffici fu pagato dalla stessa CIA tenendo all’ oscuro il Congresso anche per non essere attaccati propagandisticamente dai sovietici.

Ne facevano parte Germania e Francia che così mettevano in comune le risorse per le quali si erano fatte le guerre, mettevano sotto controllo la produzione dell acciaio e quindi del riarmo.

Con Benelux ed Italia in più come corollario.

.Il benelux per ragioni geografiche e l’Italia per l insistenza di De Gasperi timoroso di essere lasciato fuori . La Gran Bretagna restò fuori perchè gli interessi non coincidevano .

Per la Germania è presto detto.

Dall’esame della documentazione del III Reich emerge chiaramente una visione dell Europa pressocchè.simile a quella che abbiamo creato

Messa in questi termini si sarebbe capito subito che andavamo a rimorchio anche se ci indoravano la pillola venendo a firmare a Roma . I politici che capirono furono anche quelli che lo promossero, senza dubbio in buona fede, ma anche senza alcuna fiducia nelle capacità dei propri concittadini di farcela.

A parte le ragion politiche( finirla con le guerre) c erano quelle economiche a favore di questa “unificazione”,. Germania e Francia hanno sempre avuto bisogno del mercato continentale e di conseguenza di una stabilità nei cambi. L’ Italia al contrario è del tipo del Giappone, con un cambio flessibile e debole.

Rinunciammo alla sovranità valutaria e per di più ad un cambio capestro


Fintanto che i tassi di interesse sono rimasti bassi tutti contenti “dimenticandosi” di usare il risparmio per ridurre il debito.

Ed ora l’Europa ci richiama all’ordine,.Non solo ma, non contenta ci manda a dire che le nostre RISERVE AUREE NON SONO NOSTRE. Anzi non lo sono mai state. Vedere per credere, come finì, nel 2009 il tentativo di Tremonti di fare chiarezza su questo punto.

E il nostro Governo? Probabilmente è conscio , come i predecessori di essere a sovranità limitata .

E il Parlamento? Boh?

Saranno anche SACRE ma sono soldi a tasso zero e sono le terze del mondo .

SE NON LO FACCIAMO NOI, ORA, CHI LO FARA? DOVE COME QUANDO????

E per di più ora ci chiedono, dopo la politica Valutaria di uniformare quella Fiscale.

CI HANNO INCASTRATI.

La ragione è che anche noi abbiamo conti non confrontabili e di fatto falsi

Mi riferisco al diverso modo di contabilizzare l’ IRPEF, con la scusa che il nostro bilancio è per cassa.

Non voglio dire che sia corretto il modo utilizzato dallo Stato Italiano per contabilizzare, dico che se ci costringessero ad adeguarci a loro, le manovre attuali sembreranno ACQUA FRESCA. Con il risultato che non avremmo mezzi per crescere, svilupparci, investire cioè l’ ideale per Francia e Germania che così potranno, da buoni bottegai, disporre di un mercato di 60 milioni che non li importuni nelle altre aree concorrenziali.
Con la motivazione “tecnica” di una politica fiscale comune è stata data, come Italia, la disponibilità all’autocastrazione senza nemmeno mettere un minimo di condizioni.
Correggere le nostre cifre ci manderà in frantumi così come vogliono i conduttori della UE ai quali il “nostro” Monti, novello Quisling, ha fornito la sua collaborazione., senza peritarsi di chiedere il permesso al Parlamento.Sarò in mala fede ma per me questa è l’ unica ragione per la quale ce lo hanno imposto e lui haaccettato.


SOVRANITA’ ( seguito)


Dall indagine che ho pouto effettuare è emerso che:


. la Banca d Italia è un Istituto di diritto pubblico. La proprietà , quindi, può essere di privati ma la gestione ha un ruolo pubblicistico come compiti e poteri. Come gli enti pubblici persegue fini di pubblica utilità e gode del rapporto di sovraordinazione. Questo status rende le decisioni dell’Istituto vincolanti per le banche decisioni che possono differire dall’interesse dei soci proprietari;

.il 20 settembre 2005 l elenco degli azionisi viene reso ufficialmene disponibile dalla banca che fino ad alloa lo aveva consideraro riservato;

.le quote di partecipazione al suo capitale sono per il 94,33% di proprietà di banche e assicurazioni per il 5,67%di enti pubblici;

.il D P R (Decreto Presidente della Repubblica) del 12 dicembre 2006 pubblicato sull G U n,291 del 15 dicembre elimina l ultima norma che prevedeva la presenza dello Stato nella Banca d Italia.

TUTTO QUANTO SOPRA E’ POTUTO ACCADERE come conseguenza del fatto che in data 10 marzo 1998 con il decreto legislativo n.43 la Banca d Italia venne separata dal governo italiano,per aderire al SISTEMA EUROPEO DELLE BANCHE CENTRALE


Da quel momento abbiamo perso la sovranità sulle nostre riserve.
Si può comprendere che tale potere passi in mano ai “tecnici” dellaBCE

Si può altresi comprendere che una Gran Bretagna non sia disponibile a questa cessione. Quello che , a mio avviso, è inaccettabile è la maniera semiclandestina utilizzata per fare tutto ciò.. Mi rendo conto che , sicuramente si siano rispettati leggi e trattati ma se Tremonti nel 2009 non aveva ancora afferrato il concetto( peraltro ben definito dalla sentenza della corte di cassazione a sezion unite n 16751 del 21 luglio 2006) per qualcosa sarà. Significativo che i giornali continuino a parlare di nostre riserve. .

Per quanto riguarda la C.E. C .A. devo chiedere scusa per una omissione L Italia , non potendo “portare in dote” miniere di carbone offrì la forza lavoro , offrì i minatori che consentirono all Italia di accedere al carbone di cui è priva. Leggi Marcinelle



Roma 4 gennaio 2012


l gennaio di tre anni fa scrissi, per i miei ex colleghi inglesi i due memo allegati
 

quiproquo

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Tre anni fa scrissi per i miei ex colleghi inglesi i due seguenti promemoria
SOVRANITA ce l abbiamo ancora?

Ho 72 anni , ho assistito , prima a scuola, poi nel lavoro,in Italia ed all’ estero, alla nascita dell’Europa che avvenne con la nostra adesione—fortemente voluta da de Gasperi,giustamente timoroso di un isolamento dell Italia—alla C.E.C.A. ( ComunItà Europea Carbone ed Acciaio)

.

La documentazione uscita, tempo fa, dagli archivi di stato americani e inglesi dopo 60 anni ci rivelano come e da chi è nata la cosa. Sembra incredibile, per chi come me ha vissuto passo passo il cammino dell ‘Europa, ma l ‘iniziativa la presero gli Stati Uniti ( con l’ opposizione della Gran Bretagna).

Gli Stati Uniti, anzi,più precisamente la CIA, si posero il problema in questi termini:

Non possiamo ogni trentanni o giù di lì tornare in Europa a dividere Francia e Germania che si fanno la guerra. Occorre metterli insieme in qualche modo.


Cosinacque la CECA(Comunità EuropeaCarbone edAcciaio).

Nonsolo, dalladocumentazioneemergecheper i primianni l ‘affittodegli uffici fu pagato dalla stessa CIA tenendo all’ oscuro il Congresso anche per non essere attaccati propagandisticamente dai sovietici.

Ne facevano parte Germania e Francia che così mettevano in comune le risorse per le quali si erano fatte le guerre, mettevano sotto controllo la produzione dell acciaio e quindi del riarmo.

Con Benelux ed Italia in più come corollario.

.Il benelux per ragioni geografiche e l’Italia per l insistenza di De Gasperi timoroso di essere lasciato fuori . La Gran Bretagna restò fuori perchè gli interessi non coincidevano .

Per la Germania è presto detto.

Dall’esame della documentazione del III Reich emerge chiaramente una visione dell Europa pressocchè.simile a quella che abbiamo creato

Messa in questi termini si sarebbe capito subito che andavamo a rimorchio anche se ci indoravano la pillola venendo a firmare a Roma . I politici che capirono furono anche quelli che lo promossero, senza dubbio in buona fede, ma anche senza alcuna fiducia nelle capacità dei propri concittadini di farcela.

A parte le ragion politiche( finirla con le guerre) c erano quelle economiche a favore di questa “unificazione”,. Germania e Francia hanno sempre avuto bisogno del mercato continentale e di conseguenza di una stabilità nei cambi. L’ Italia al contrario è del tipo del Giappone, con un cambio flessibile e debole.

Rinunciammo alla sovranità valutaria e per di più ad un cambio capestro


Fintanto che i tassi di interesse sono rimasti bassi tutti contenti “dimenticandosi” di usare il risparmio per ridurre il debito.

Ed ora l’Europa ci richiama all’ordine,.Non solo ma, non contenta ci manda a dire che le nostre RISERVE AUREE NON SONO NOSTRE. Anzi non lo sono mai state. Vedere per credere, come finì, nel 2009 il tentativo di Tremonti di fare chiarezza su questo punto.

E il nostro Governo? Probabilmente è conscio , come i predecessori di essere a sovranità limitata .

E il Parlamento? Boh?

Saranno anche SACRE ma sono soldi a tasso zero e sono le terze del mondo .

SE NON LO FACCIAMO NOI, ORA, CHI LO FARA? DOVE COME QUANDO????

E per di più ora ci chiedono, dopo la politica Valutaria di uniformare quella Fiscale.

CI HANNO INCASTRATI.

La ragione è che anche noi abbiamo conti non confrontabili e di fatto falsi

Mi riferisco al diverso modo di contabilizzare l’ IRPEF, con la scusa che il nostro bilancio è per cassa.

Non voglio dire che sia corretto il modo utilizzato dallo Stato Italiano per contabilizzare, dico che se ci costringessero ad adeguarci a loro, le manovre attuali sembreranno ACQUA FRESCA. Con il risultato che non avremmo mezzi per crescere, svilupparci, investire cioè l’ ideale per Francia e Germania che così potranno, da buoni bottegai, disporre di un mercato di 60 milioni che non li importuni nelle altre aree concorrenziali.
Con la motivazione “tecnica” di una politica fiscale comune è stata data, come Italia, la disponibilità all’autocastrazione senza nemmeno mettere un minimo di condizioni.
Correggere le nostre cifre ci manderà in frantumi così come vogliono i conduttori della UE ai quali il “nostro” Monti, novello Quisling, ha fornito la sua collaborazione., senza peritarsi di chiedere il permesso al Parlamento.Sarò in mala fede ma per me questa è l’ unica ragione per la quale ce lo hanno imposto e lui haaccettato.


SOVRANITA’ ( seguito)


Dall indagine che ho pouto effettuare è emerso che:


. la Banca d Italia è un Istituto di diritto pubblico. La proprietà , quindi, può essere di privati ma la gestione ha un ruolo pubblicistico come compiti e poteri. Come gli enti pubblici persegue fini di pubblica utilità e gode del rapporto di sovraordinazione. Questo status rende le decisioni dell’Istituto vincolanti per le banche decisioni che possono differire dall’interesse dei soci proprietari;

.il 20 settembre 2005 l elenco degli azionisi viene reso ufficialmene disponibile dalla banca che fino ad alloa lo aveva consideraro riservato;

.le quote di partecipazione al suo capitale sono per il 94,33% di proprietà di banche e assicurazioni per il 5,67%di enti pubblici;

.il D P R (Decreto Presidente della Repubblica) del 12 dicembre 2006 pubblicato sull G U n,291 del 15 dicembre elimina l ultima norma che prevedeva la presenza dello Stato nella Banca d Italia.

TUTTO QUANTO SOPRA E’ POTUTO ACCADERE come conseguenza del fatto che in data 10 marzo 1998 con il decreto legislativo n.43 la Banca d Italia venne separata dal governo italiano,per aderire al SISTEMA EUROPEO DELLE BANCHE CENTRALE


Da quel momento abbiamo perso la sovranità sulle nostre riserve.
Si può comprendere che tale potere passi in mano ai “tecnici” dellaBCE

Si può altresi comprendere che una Gran Bretagna non sia disponibile a questa cessione. Quello che , a mio avviso, è inaccettabile è la maniera semiclandestina utilizzata per fare tutto ciò.. Mi rendo conto che , sicuramente si siano rispettati leggi e trattati ma se Tremonti nel 2009 non aveva ancora afferrato il concetto( peraltro ben definito dalla sentenza della corte di cassazione a sezion unite n 16751 del 21 luglio 2006) per qualcosa sarà. Significativo che i giornali continuino a parlare di nostre riserve. .

Per quanto riguarda la C.E. C .A. devo chiedere scusa per una omissione L Italia , non potendo “portare in dote” miniere di carbone offrì la forza lavoro , offrì i minatori che consentirono all Italia di accedere al carbone di cui è priva. Leggi Marcinelle



Roma 4 gennaio 2012


l gennaio di tre anni fa scrissi, per i miei ex colleghi inglesi i due memo allegati
E allora cosa si può fare??? E tu cosa proponi??? QPQ.
 

Daniele 78

Membro Storico
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Quindi @sergio gattinara noi siamo entrati per paura di essere isolati (ok) e forse senza valutare bene cosa si andava a firmare. Praticamente stando a quello che dici conviene avere molti rapporti con il Giappone piuttosto che non Francia e Germania...peccato essere nel continente sbagliato!!!

Comunque se le due, Francia e Germania non si danno una regolata presto o tardi la CIA dovrà tornare in Europa a sedare nuove guerre... non bisognerebbe mai forzare la mano come stanno facendo i tedeschi.
 

Un giocatore

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Dobbiamo seguire di più la politica internazionale in ambito UE dell'Italia, sferzando i nostri politici quando si fanno mettere la testa sotto i piedi.
Domanda: quanti millesimi ha l'Italia: 1.000 : n, ove n è il numero degli stati aderenti all'unione, o meno?
 

sergio gattinara

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Ho lavorato in Germania tre anni in una posizione non male. Ero condirettore della quarta banca tedesca. Fra le cose che ho imparato c'è la seguente. Se stai seduto su na panca con altri e con solo mezzo posto libero e arriva un tedesco voi che state seduti, per gentilezza vi stringete per fargli posto. Lui si siede e comincia a sgomitare
per guadgnare spazi. Per un pò il vicino lo lascia fare poi stufo, reagisce ed allora il tedesco si inalbera e ti accusa di essere un violento.

Con loro devi essere implacabile senza concessioni di cui non ti saranno mai riconoscenti perchè le considereranno dovute.

Tu mi chiedi cosa io suggerisco. Con questa gente al governo e con i concittadini
che a tutti i livelli si dividono fra Agrigento e i piloti nelle varie tipologie non c'è niente da fare se non smembrare l'Italia. Con il Lombardo Veneto che torna nell'Autria Felx e così via.
Non mi dire che saremmo piccoli quindi più insignificanti Non sarebbe così Ti in invito a documentarti su quant'è il PNL dell'Austria e degli altri paesi. La Lombardia uno di questi giorni proporrà al governo di Roma di lasciarla andare
in cambio del prendersi carico di un proquota del debito italiano
Fantasie ? Non credo.In Svizzera ha circolato qualche anno fa un documento che ipotizzava una comunanza di interessi pe r creare il bacino economico del Ticino. Li si vede chiaramente come a pochi kilometri di distanza le cose siano diverse eppure non sono un'altra razza od un altro clima.

Dico un'altra cosa che forse ti scandalizzerà..
Fra i responsabili di quello che ci succede ci sono quelli che hanno brigato per l'unità d'Italia con mostrusa supponenza ed incompetenza. I Savoia cjhe mandarono i loro travet ad insegnare la sana amministrazione a chi l'aveva imparata sotto l'impero e i suoi peggiori squali a depredare il sud.
 
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Un giocatore

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Fra i responsabili di quello che ci succede ci sono quelli che hanno brigato per l'unità d'Italia con mostrusa supponenza ed incompetenza. I Savoia cjhe mandarono i loro travet ad insegnare la sana amministrazione a chi l'aveva imparata sotto l'impero e i suoi peggiori squali a depredare il sud.
Ti riferisci al massiccio saccheggio dei Savoia perpetrato ai danni dei Borboni? Credo che molto di ciò è stato reso noto con l'apertura agli studiosi degli archivi vaticani, secretati fino a poco tempo.
 

sergio gattinara

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Ti trascrivo un interesant articolo.
Cinque anni fa passai le ferie al paese dei miei suoceri nel bellunese ( tra l'altro il bellunese ha l'85 % delle dolomiti)
Ci fu una conferenza basata sul confronto fa l'amministrazione asburgica e quella piemontese, ti lascio immaginare .
quote
icuramente gli interessi economici avevano un ruolo fondamentale nella politica espansionistica piemontese. ome ci racconta Francesco Nitti, nella sua opera La Scienza delle Finanze, il Regno delle Due Sicilie risulCtava essere lo stato più ricco treunitari: il banco del regno borbonico possedeva un capitale di 443,3 miliondi lire oro, mentre il Regno di Sardegna, amministrato da Cavour, appena 27,1 milioni. Nel 1859 la Sicilia presentò un bilancio finanziario con un utile di 35 milioni, mentre il Piemonte non arrivava a 7 milioni.
Diversi primati in ambito scientifico e tecnologico erano inoltre stati raggiunti nel regno borbonico; possiamo infatti citare la prima linea ferroviaria italiana, la Napoli- Portici (1839), il primo ponte sospeso in ferro realizzato nell’Europa continentale (sul fiume Garigliano tra il 1822 ed il 1829), la prima nave a vapore nel Mediterraneo (1818), la prima illuminazione a gas in Italia (1839), il primo osservatorio vulcanico del mondo, l’Osservatorio Vesuviano (1841).
Secondo Nitti, ed anche secondo l’economista Luigi Einaudi, il capitale appartenuto alle Due Sicilie fu destinato in prevalenza al risanamento delle finanze settentrionali (Lombardia, Piemonte, Liguria, in particolare).

Sicuramente non in secondo piano deve passare il ruolo di una grande potenza straniera, la Gran Bretagna, implicata nel tracollo del regno borbonico (come ci suggerisce anche Carlo Alianello, caposcuola del movimento neomeridionalista, in “La conquista del Sud”). Erano infatti presenti in Sicilia delle miniere di zolfo, di proprietà borbonica e gestite dall’Inghilterra. Ferdinando II, ritenendo non favorevole il comportamento degli inglesi, che acquistavano lo zolfo a basso prezzo per rivenderlo a prezzi elevati, decise di affidare la gestione dello zolfo ad una ditta francese, la Taix Aycard di Marsiglia, che lo avrebbe pagato il doppio rispetto agli inglesi. Questa mossa fu anche dettata dal fatto che, una volta abolita la tassa sul macinato, il sovrano doveva in altro modo incamerare contributi nelle casse del regno. Si scatenò quindi il disappunto della Gran Bretagna che, oltre a preannunciare il sequestro delle navi siciliane, minacciò bombardamenti mandando nel 1936 una flotta presso il golfo di Napoli, minaccia che trovò una pronta risposta da parte di Ferdinando II, pronto a difendere il regno. Sarebbe sicuramente scoppiata la guerra senza la mediazione di Luigi Filippo, sovrano francese, che mitigò le divergenze fra i due stati. Alla fine si ebbe però, in realtà, una sconfitta per lo stato borbonico, che dovette pagare gli inglesi per quel che sostenevano di aver perduto e i francesi per il guadagno mancato.

Altra testimonianza della volontà di opporsi al Regno delle Due Sicilie si ha dalle dichiarazioni di Gladstone, politico inglese, che denunciava le presunte condizioni disumane delle carceri borboniche, carceri che in realtà non avrebbe nemmeno visitato, come ci ricorda sempre Alianello, essendosi basato solamente sulle dichiarazioni di alcuni esponenti antiborbonici (come confessò ritornando a Napoli intorno al 1888 ed il 1889). In ogni caso, queste dichiarazioni si diffusero in tutta Europa e vennero accreditate come vere, fornendo un alibi in più a inglesi e piemontesi per invadere le Due Sicilie.

Capitolo sicuramente poco cn. Sia il primo che il secondo hiaro è quello dei rapporti tra Cavour ed il primo ministro inglese Lord Palmerstoerano in gravi difficoltà economiche: Cavour (come ci ricorda l’autorevole Del Boca in “Indietro Savoia!”) a causa della sua fallimentare politica economica, che portò il Regno di Sardegna alla crisi (accumulò 135 milioni di debiti per gli eventi bellici che durante la fase risorgimentale arrivarono a 1.024.970.595 lire); Palmerston a causa della grande carestia in Irlanda (allora facente parte del Regno Unito) che portò morte ed emigrazione verso le Americhe. Il gemellaggio tra piemontesi ed inglesi sarebbe testimoniato anche dall’incontro tra Cavour ed il conte Clarendon, ministro degli esteri inglese che avrebbe voluto organizzare delle rivolte antiborboniche nelle Due Sicilie. L’invettiva di Clarendon nei confronti di Ferdinando II faceva perno su una presunta missione civilizzatrice da parte delle “potenze progredite” (ce lo ricorda Mario Romeo nella sua grande opera su Cavour, “Vita di Cavour”).
Ecco quindi che possiamo facilmente ricollegare gli aiuti inglesi a quella che fu l’impresa dei Mille di Garibaldi. Non solo si ebbero dei finanziamenti pari a 3 milioni di franchi francesi (forniti anche col contributo della massoneria, statunitense e canadese – fonte Del Boca, “Maledetti Savoia!”), ma vi fu anche il supporto di alcune navi da guerra, che dovevano affiancare i garibaldini al fine di cautelare le piccole aziende inglesi sulle coste siciliane. A confermare il supporto inglese ai garibaldini ci pensò direttamente il capo della spedizione, Garibaldi, che, in un incontro pubblico a Londra, dichiarò che “se non fosse stato per il governo inglese, non avrei mai potuto passare lo stretto di Messina”. Vennero, inoltre, fornite delle armi da esponenti della massoneria del Connecticut (dall’inventore Samuel Colt, affiliato alla loggia “St Jonh’s), favore che venne poi ricambiato da Garibaldi stesso acquistando circa 160. 000 dollari di artiglieria dallo stesso Colt, e dal re in persona, Vittorio Emanuele II, che gli donò una medaglia d’oro. I rapporti con Colt sono documentati dal volume di Herbert G. Houze, “Samuel Colt: arms, art, and invention”.

Come se non bastasse, ad inglesi e piemontesi si affiancarono degli ufficiali borbonici che rinnegavano le Due Sicilie, comprati dal denaro britannico, tradendo la propria patria. Furono circa 2300 gli ufficiali spergiuri dalla parte dei garibaldini (la fonte di questi dati è sempre l’autorevole giornalista Del Boca, nella sua opera “Indietro Savoia!”). Proprio in questo scenario si inquadra uno degli eventi oggetto di manipolazione da parte della storiografia ufficiale: la battaglia di Calatafimi, presentata come rappresentazione di un’eroica impresa garibaldina, fu invece solamente una farsa. Francesco Landi, generale borbonico alla guida di un esercito in netta superiorità numerica, comandò un’inspiengabile ritirata, permettendo ai Mille di avanzare senza disagi fino a Palermo, in cambio di una somma pari a circa 14.000 ducati (fonte Luciano Salera, “Garibaldi, Fauché e i predatori del Regno del Sud”).
Altro traditore fu Liborio Romano, ex carbonaro e ministro dell’Interno sotto Francesco II, che trattò segretamente con Cavour e Garibaldi, oltre che con la Camorra, che doveva mantenere l’ordine all’arrivo dei piemontesi a Napoli. Garibaldi entrò indisturbato nella città partenopea, e riconfermò, come ricompensa, Romano ministro dell’Interno. Romano stesso ricambiò la Camorra, inserendo diversi membri dell’organizzazione nelle istituzioni e nella polizia (ce lo sottolinea Gigi Di Fiore, in “Potere camorrista: quattro secoli di malanapoli”).

Altro sfregio nei confronti dei duosiciliani fu sicuramente la promessa di suddivisione delle grandi proprietà terriere in Sicilia da parte di Garibaldi stesso, che fece inoltre sperare di abolire diverse tasse sui beni una volta instaurata sull’isola la dittatura in nome del re Vittorio Emanuele II. Ovviamente ciò non accadde, ed il primo a sollevare un intenso dibattito storiografico fu Antonio Gramsci.

Ecco, quindi, che se fino ad ora abbiamo analizzato gli eventi, le dinamiche, i dati e le motivazioni di questa colonizzazione, è ora opportuno analizzarne le conseguenze, che arrivano sino ai giorni nostri, e vedere cosa accadde all’indomani di questi avvenimenti.

In primo luogo la sempre troppo attuale questione meridionale. Il divario attuale, a livello di sviluppo industriale ed economico, è in massima parte imputabile proprio all’annientazione del Regno delle Due Sicilie da parte di quello sabaudo, che attuò una linea amministrativa totalmente inadeguata. Il degrado economico del Sud ebbe infatti inizio dopo il periodo del Risorgimento (mai nome fu meno appropriato), come ricordatoci da Nicola Zitara, in “L’unità d’Italia. Nascita di una colonia”. A testimonianza di ciò, il conte piemontese Alessandro Bianco di Saint-Joiroz, capitano del Corpo di Stato Maggiore Generale, ci lascia chiaramente scritto come il popolo duosiciliano da lui trovato prima della colonizzazione fosse molto avanzato dal punto di vista economico, sociale e culturale, e come siano state poi proprio le azioni di conquista a deturpare il regno borbonico. Complice della distruzione delle Due Sicilie fu di certo il processo denominato come “piemontesizzazione”, ovvero l’estensione della politica e dell’amministrazione sabauda, con un sistema di governo fortemente accentrato che impose le leggi alla restante parte del paese senza considerare le differenze tra le regioni, e imponendo esponenti dello stato sabaudo alla guida delle maggiori cariche istituzionali.
Altro capitolo buio della storia d’Italia è quello riguardante i plebisciti che sancirono le annessioni territoriali al Regno di Sardegna, plebisciti che avvennero però in maniera scandalosa, senza tutela della segretezza del voto e in un clima spesso di intimidazione, dato che lo scopo era, in verità, quello di dare una parvenza di legittimazione popolare ad una decisione già presa. Testimonianza di quanto fossero poco attendibili questi plebisciti è il numero di “no” che venne registrato: furono pochissimi ed era statisticamente impossibile che così poche persone votassero contro l’annessione. Potremmo citare ad esempio Palermo (36.000 favorevoli e 20 contrari), Messina (24.000 favorevoli e 8 contrari), Venosa (in provincia di Potenza), con 1.448 favorevoli e solamente un voto contrario (dati riportati da Roberto Martucci in “L’invenzione dell’Italia unita: 1855-1864″). E’ facile capire come questi risultati non rispecchiassero la realtà dei fatti, e come fosse veramente impossibile avere così pochi voti contrari, rispetto a quelli favorevoli. Lo stesso liberale britannico Lord Russell sottolineò come i plebisciti “sono mere formalità dopo una rivoltura ed una ben riuscita invasione” [cit.]. Il risultato fu un’inevitabile mancanza di unità nazionale, troppe differenze culturali e linguistiche, ed un’eterogeneità destinata a durare fino ai nostri giorni. “Abbiamo fatto l’Italia. Adesso si tratta di fare gli italiani”, frase generalmente attribuita dagli storici a Massimo D’Azeglio, è sicuramente espressione emblematica della situazione l’indomani dell’unità.

La pagina più buia tracciata è però sicuramente quella che riguarda il brigantaggio interpretato praticamente come una forma di terrorismo, e gli eccidi che ne conseguirono. Proprio i cosiddetti briganti, infatti, passati alla storia come i “cattivi” della situazione, i barbari che si schieravano contro i “buoni sabaudi civilizzatori”, rappresentavano invece l’ultimo barlume di resistenza legittima all’invasione, alla repressione messa in atto dallo stato piemontese. Potremmo paragonare il movimento del brigantaggio a quello dei partigiani italiani contro i tedeschi durante la seconda guerra mondiale, con gli stessi briganti supportati dalle comunità rurali, come ci fa notare Francesco Pappalardo ne “Il brigantaggio postunitario. Il Mezzogiorno fra Resistenza e reazione”. La repressione non tardò comunque ad arrivare, e nel giro di cinque anni il fenomeno fu praticamente estirpato, con una violenza ed una ferocia inaudite. Le condanne a morte furono sommarie, senza processo o con sbrigative sentenze emesse sul momento (fonte Angelo Del Boca, “Italiani, brava gente? Un mito duro a morire”). Venivano più volte giustiziati anche i sospettati, e la legge Pica permise l’istituzione, in pratica, di tribunali militari nel territorio volti a giudicare i briganti (o presunti tali), sancendo di fatto l’applicazione dello stato d’assedio interno. Si verificarono poi diversi eccidi, una volta caduto il regno duosiciliano; due tra i più noti furono quelli di Casalduni e Pontelandolfo. Il 31 agosto 1861, il generale Enrico Cialdini ordinò una feroce rappresaglia nei confronti dei due comuni, nei quali, precedentemente, i briganti, col supporto popolare, avevano ucciso 45 invasori sabaudi. Venne inviato quindi un battaglione di cinquecento bersaglieri, i due paesi vennero totalmente distrutti, e circa 3.000 persone rimasero senza una dimora. La stima ufficiale del numero delle vittime non è ancora stato reso noto. Una sorte simile toccò anche ai comuni di Rignano Garganico (Puglia), Barile (Basilicata), Cotronei (Calabria), Guardiaregia e Campochiaro (Molise), Auletta (Campania), come riporta il Del Boca in “Indietro Savoia!”.
Numerosi furono anche gli episodi di deportazione. I militari borbonici che rimasero fedeli al loro re vennero rinchiusi in diversi presidi militari nell’Italia settentrionale, si ricordano in particolare Alessandria, San Maurizio Canavese e Fenestrelle, dei veri e propri campi di concentramento (proprio all’ingresso del forte di Fenestrelle troviamo la macabra iscrizione “Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce”, che ricorda troppo il ben più famoso ironico motto nazista “Il lavoro rende liberi”, riportato all’ingresso di Auschwitz).
Nelle fortificazioni morirono moltissimi duosiciliani a causa delle pessime condizioni di vita, fame, malattia, e del clima. “Laceri e poco nutriti, era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei […]”, ” […] senza pagliericci, senza coperte, senza luce, in posti dove la temperatura era quasi sempre sotto lo zero, vennero smontati i vetri e gli infissi per rieducare con il freddo i segregati” [cit.].
Pur non essendoci, anche in questo caso, stime ufficiali, il forte di San Maurizio Canavese, secondo alcune cronache dell’epoca, accolse circa 29.000 soldati borbonici, di cui 12.000 andarono incontro alla morte, mentre quello, già citato, a Fenestrelle, ricevette oltre 20.000 soldati duosiciliani e papalini (è necessario ricordarlo, nemmeno la Chiesa accolse di buon grado la politica di Cavour). Molti dei cadaveri venivano inoltri gettati nella calce viva per essere sciolti (fonte Gigi Di Fiore, “Controstoria dell’unità d’Italia: fatti e misfatti del Risorgimento”), “una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti”.

Ultimo, non di certo per importanza, tra le conseguenze di questa disastrosa conquista delle Due Sicilie, il capitolo riguardante la mafia . Le organizzazioni mafiose come noi le conosciamo oggi sono sicuramente dovute alla nascita del fenomeno del brigantaggio che, pur originatosi con pretese assolutamente legittime (come ricordato in precedenza), degenerò poi, andando a formare una sorta di “stato alternativo”, di “stato nello stato”, facendo sviluppare proprio nel Sud Italia un cancro che, fino a questo momento, non si è riuscito a sconfiggere, ma che si sta addirittura espandendo.

Questo è ciò che veramente accadde, questo è ciò che cercano di nasconderci, ciò che la storiografia ufficiale cerca di occultare, e proprio la memoria dei siciliani morti per la libertà, la memoria di padri, madri, figli e figlie che si sono visti rubare la propria terra, la memoria dei soldati che, rinchiusi nei lager piemontesi, cercavano conforto negli aspri raggi solari del Nord… La memoria di questi uomini, ognuno eroe del proprio focolare, dobbiamo fare in modo che non venga assolutamente offuscata, ma, anzi, dobbiamo riproporci che venga portata alla luce, che venga portata alla luce con la verità che da troppo tempo viene nascosta.

Giuseppe Campisi
 

sergio gattinara

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QUOTE="Un giocatore, post: 213705, member: 46050"]Dobbiamo seguire di più la politica internazionale in ambito UE dell'Italia, sferzando i nostri politici quando si fanno mettere la testa sotto i piedi.
Domanda: quanti millesimi ha l'Italia: 1.000 : n, ove n è il numero degli stati aderenti all'unione, o meno?[/QUOTE]

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