poderosa

Nuovo Iscritto
Salve,
l’anno scorso ho acquistato un appartamento in una palazzina con 12 condomini. Nell’ultima assemblea di condomino, alla quale per motivi personale non ho potuto partecipare, è stata approvata la sostituzione di un addolcitore d’acqua (impianto basato sulla tecnologia delle resine a scambio ionico) per un importo complessivo di Euro 2880. L’impianto è centralizzato e collocato al piano dei box dove sono presenti tutti i contatori dell’acqua. Da quanto ho acquistato casa, l’attuale addolcitore d’acqua non è in funzione (bypass idraulico) perché inefficace e un intervento tecnico per ripristinarlo è inutile a causa della sua obsolescenza.
Vivo a Roma e bevo l’acqua del rubinetto in quanto ACEA (azienda che gestisce la distribuzione dell’acqua) insieme alle ASL di competenza garantiscono la potabilità dell’acqua, in base alle norme vigenti, fino al contatore dell’acqua. Con me abita mia madre, invalida civile a causa una forma di fibromialgia abbinata a problemi cardiovascolari, che in base a indicazione mediche DEVE assolutamente limitare la quantità di sodio ingerito.
L’addolcitore che il condominio vuole installare è basato sulla tecnologia delle resine a scambio ionico e fra i problemi sanitari connessi c’è l’ arricchimento di sodio nell’acqua. Un documento presente sul sito dell’ASL di Varese (.asl.varese.itwaidownloadacque_potabilidepuratori.pdf) tratta l’argomento sui depuratori d’acqua.

Ho consultato un idraulico è mi ha preventivato una spesa di 250 Euro per creare un bypass ed escludere il mio contatore dal circuito del depuratore.

Posso chiedere al condominio l’esclusione dal depuratore e dalle relative spese di installazione e manutenzione ordinaria oltre al costo dei dei sali?


Grazie.
 

benigni

Nuovo Iscritto
Salve,
non so dare una risposta alla tua domanda ma il link del documento dell’ ASL di varese non è corretto. Siccome conosco l’argomento, riporto di seguito il contenuto del link

Se puoi, ti consiglio di non utilizzare addolcitori d’acqua ”il calcare è un nemico …. ma solo per gli ettromestici !!!”.

Ciao


Depuratori sì, depuratori no.
Il calcare è un nemico (ma solo per gli elettrodomestici): quella polverina bianca che si deposita sul
fondo della pentola quando si mette a bollire l'acqua per cuocere la pasta è carbonato di calcio, o
calcare, responsabile della cosiddetta durezza dell'acqua. Fa male? La risposta è si, fa male alla
caldaia, alla lavatrice, al ferro da stiro, perché provoca incrostazioni a discapito dell'efficienza. Il
trattamento domestico dell'acqua finalizzato alla rimozione del calcare si giustifica quindi
unicamente per la protezione degli elettrodomestici, ma non ha alcuna motivazione di ordine
sanitario. Anzi, da questo punto di vista il trattamento potrebbe addirittura essere controindicato. Il
tipico impianto di abbattimento della durezza dell'acqua è l'addolcitore, un impianto basato sulla
tecnologia delle resine a scambio ionico
. Il processo in sé è molto semplice: le resine vengono
lavate con una soluzione di acqua e sale e si caricano di ioni sodio (il sale è infatti cloruro di sodio).
Quando l'acqua potabile che contiene il carbonato di calcio viene fatta passare sulle resine avviene
quello che appunto è chiamato scambio ionico: le resine rilasciano il sodio e prendono il calcio.
Nell'acqua potabile in uscita dall'impianto al posto del carbonato di calcio c'è ora carbonato di
sodio, che essendo solubile non si deposita e non forma incrostazioni. Per gli elettrodomestici è
l'ideale, per l'uomo significa aumentare la quantità di sodio normalmente ingerita con la dieta.
Assai meno costoso ma altrettanto efficace nel controllare il fenomeno delle incrostazioni da calcare
è l'addittivazione dell'acqua con polifosfati: basta montare l'apparecchio dosatore (ha l'aspetto di un
bicchiere) e il gioco è fatto.
Poiché le incrostazioni si formano soprattutto laddove l'acqua viene riscaldata, il dosatore dovrà
essere montato, ad esempio, soltanto all'ingresso al bollitore o alla caldaia e non sul rubinetto
utilizzato per cucinare o bere.
Il vantaggio? Oltre ad un minor consumo di polifosfati sta anche nel fatto che l'utente potrà
continuare a bere acqua naturale non sottoposta ad alcun trattamento: per farsi il tè userà acqua
fredda e la scalderà sul gas.

Dunque installo il "depuratore"?
Farsi il depuratore domestico è un'ottima soluzione .... per tutti coloro che vendono depuratori.
In commercio vi sono un'infinità di apparecchi per il trattamento domestico dell'acqua (la parola
depurazione è espressamente proibita dalla legge, per la semplice ragione che se ci fosse davvero
bisogno di depurarla, l'acqua non sarebbe potabile e quindi non potrebbe essere destinata ai
consumo e distribuita dall'acquedotto); tutti però si basano su poche tecnologie: il trattamento
meccanico, l'addolcimento su resine a scambio ionico, l'osmosi inversa, il trattamento fisico.
L'addolcimento con resine lo abbiamo già visto.
L’osmosi inversa è una tecnologia recente ma estremamente efficace, che prevede l'impiego di
membrane semipermeabili che trattengono molecole superiori a una certa dimensione. Il risultato è
un'acqua pressoché distillata; poiché il passaggio si basa esclusivamente sulle dimensioni delle
molecole, è chiaro che verranno trattenute tutte le sostanze disciolte, sia quelle inquinanti (quando
ci sono, il che è meno frequente di quel che si crede) sia quelle che conferiscono all'acqua le sue
peculiari caratteristiche organolettiche.
Il trattamento fisico è destinato soltanto al controllo del calcare: si basa sull'ipotesi, solo in parte
confermata da prove sperimentali, che sottoponendo l'acqua a un campo elettromagnetico il
carbonato di calcio non riesce a depositarsi sulle tubazioni.
Poiché non vi sono cambiamenti nello stato chimico dell'acqua non ci sono analisi che possano
confermare o smentire l'efficacia del trattamento e solo il risultato finale ( a lungo termine) può
confermare se il calcare si forma in minore quantità nella nostra apparecchiatura.
Nella maggior parte dei casi installare un impianto di trattamento domestico dell'acqua è del tutto
inutile, almeno sotto il profilo sanitario.
Molto meglio informarsi prima, chieder consiglio a chi non abbia interessi da difendere, e poi
decidere a ragion veduta.
Una buona fonte di informazioni è l'ASL: le analisi periodiche effettuate sull'acqua potabile
forniscono indicazioni sulla qualità dell'acqua, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche sulle
caratteristiche chimico - fisiche (tra cui la durezza, indicata in gradi francesi [°F], o calcolabile a
partire dalla concentrazione del calcio).
Si possono richiedere altre informazioni al gestore dell'acquedotto che ci saprà dire quali problemi
si possono riscontrare nei diversi quartieri o nelle frazioni del Comune.

Problemi sanitari connessi all'utilizzo degli impianti di trattamento domestico
I principali problemi sanitari legati all'utilizzo di queste apparecchiature sono:
– contaminazione batteriologica dovuta alla crescita di colonie batteriche sulle resine o sulle
membrane nel caso dell'osmosi inversa a causa del ristagno di acqua durante i periodi di non
utilizzo (comprese le ore della notte)
– rilascio di contaminanti assorbiti sulla superficie di resine o filtri a carbone attivo causato dallo
"spostamento" di una sostanza per azione di una con una maggiore affinità con il materiale o
dalla inadeguatezza dei materiali a venire a contatto con gli alimenti (nel nostro caso l'acqua)
– qualità dei reattivi utilizzati per la rigenerazione delle resine a scambio ionico inadeguata per
gli scopi alimentari
– qualità dell'acqua erogata: nel processo di addolcimento con resine a scambio ionico, come già
detto, si ha un arricchimento di sodio, che può avere come effetto cronico l'aumento della
pressione sanguigna e conseguente incremento delle patologie cardiovascolari; più in generale
si può avere una eccessiva demineralizzazione dell'acqua con uno scadimento delle
caratteristiche nutrizionali
– smaltimento dei residui (filtri e membrane esauste, soluzioni concentrate provenienti da osmosi
inversa)

Ma se proprio voglio installare il sistema di trattamento dell'acqua?
Se non lo voglio installare solo per la caldaia o lo scaldabagno, devo seguire le indicazioni del
DM 21 dicembre 1990 n. 443, che è stato emanato per evitare di dar luogo ad inconvenienti di
ordine igienico-sanitario ossia di nuocere alla nostra salute ed in particolare che acqua potabile
così trattata non venga addolcita al di sotto dei livelli previsti dalla normativa vigente e non venga
sottoposta a rischi di inquinamento o di peggioramento della qualità originaria.
L'apparecchiatura deve essere innanzitutto installata in locali igienicamente idonei e poi è
necessario che siano rispettate queste condizioni:
– rispondenza alla normativa vigente dei materiali utilizzati per la costruzione delle parti di
apparecchiatura destinate al contatto con l'acqua;
– presenza di contatore a monte delle apparecchiature nonché di punti di prelievo per analisi
prima e dopo le apparecchiature di trattamento;
– presenza di un sistema di by-pass automatico o di un sistema di by-pass manuale;
– presenza di un dispositivo in grado di assicurare il non ritorno dell'acqua;
– presenza di un documento tecnico dal quale risultino chiaramente la descrizione
dell'apparecchiatura, i principi del suo funzionamento, gli allacciamenti, le saracinesche di
intercettazione, i rubinetti di presa, i punti di scarico ed ogni altro elemento attinente la
funzionalità dell'apparecchiatura stessa;
– disponibilità di un manuale di manutenzione con chiare istruzioni per l'uso; in particolare
devono essere indicati per le componenti soggette a saturazione e/o esaurimento, le modalità ed
i parametri per la loro sostituzione; su tale manuale dovrà essere dichiarata la conformità
dell'apparecchiatura alle presenti istruzioni;
– installazione dell'apparecchiatura da parte di personale qualificato secondo le regole dell'arte e
collaudo da parte dell'installatore con certificazione di corretto montaggio, secondo le
istruzioni del costruttore;
– notifica dell'installazione dell'impianto all’Azienda Sanitaria Locale di competenza.
Questo però non basta; per ciascuna categoria di apparecchiature per il trattamento sono previste
ulteriori caratteristiche specifiche:
1. Addolcitori a scambio ionico:
a) le apparecchiature devono essere dotate di un dispositivo per la rigenerazione automatica, che
deve venire effettuata almeno ogni quattro giorni;
b) le apparecchiature devono essere dotate di un sistema automatico di autodisinfezione durante la
rigenerazione; in difetto, le apparecchiature devono essere dotate di un idoneo sistema di postdisinfezione
continua;
c) qualora per i sistemi di autodisinfezione o post-disinfezione siano previste modalità diverse
dall'impiego del cloro o di suoi composti (nonché dell'impiego di lampade a raggi U.V.,
limitatamente alla post-disinfezione), dette modalità dovranno essere approvate dal Ministero della
Salute.
d) le apparecchiature devono essere dotate di un sistema di miscelazione dell'acqua originaria con
quella trattata al fine di mantenere la durezza ai punti d'uso nell'ambito di quanto previsto D.Lgs
31/2001, ed il contenuto in sodio ioni non deve eccedere complessivamente il limite di 150 mg/l di
sodio (un eccesso di questo elemento potrebbe infatti essere dannoso per alcune persone;
e) le resine e gli altri scambiatori di ioni devono rispondere alle prescrizioni previste per i tipi
utilizzati nel campo alimentare.
2. Dosatori di reagenti chimici.
Per i dosatori di reagenti chimici devono essere osservate le ulteriori seguenti condizioni:
a) il dosaggio dei reagenti chimici deve risultare proporzionale alla portata da trattare in qualsiasi
condizione di esercizio;
b) i reagenti devono rispondere alle prescrizioni di purezza previste per l'utilizzazione in campo
alimentare o nel trattamento delle acque potabili;
c) le confezioni di prodotti impiegati devono riportare in etichetta la composizione qualiquantitativa,
nonché il campo di impiego del prodotto;
d) le concentrazioni nell'acqua in uscita dall'impianto dei vari cationi ed anioni aggiunti non devono
superare i valori-limite previsti dalla normativa vigente.
3. Apparecchi ad osmosi inversa.
Per gli apparecchi ad osmosi inversa devono essere osservate le ulteriori seguenti condizioni:
a) il funzionamento deve essere completamente automatizzato;
b) deve essere presente un dispositivo in grado di assicurare il non ritorno dell'acqua anche sullo
scarico;
c) le membrane e gli altri componenti dell'impianto a contatto con l'acqua devono rispondere alle
prescrizioni previste per i materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti e le bevande;
d) qualora sia previsto un serbatoio di raccolta a valle del trattamento, l'impianto deve essere dotato
di un sistema di disinfezione continua, preferibilmente a base di cloro o di suoi composti o mediante
l'impiego di lampade a raggi U.V.;
e) qualora per la disinfezione continua siano previste modalità diverse da quelle testé riportate, dette
modalità dovranno essere approvate dal Ministero della sanità sulla base della rispondenza al
protocollo sperimentale di cui all'allegato I;
f) nel pretrattamento delle acque sottoposte al processo di osmosi inversa sono ammessi filtri a
carbone attivo e microfiltri;
g) le sostanze utilizzate nel pretrattamento devono rispondere alle prescrizioni di purezza previste
per l'utilizzazione nel campo alimentare o nel trattamento delle acque potabili.
4. Filtri meccanici.
Sono ammessi esclusivamente filtri meccanici con rete sintetica o metallica in grado di trattenere
particelle sospese di dimensioni non inferiori ai 50 micron.
I filtri meccanici devono essere facilmente lavabili, automaticamente o manualmente.
5. Sistemi fisici.
La normativa per gli impianti di trattamento delle acque domestiche risale al 1990, quando non
esisteva ancora una normativa specifica per i campi elettrici e magnetici; per limitare l'esposizione
della popolazione a campi elettromagnetici non ionizzanti, si è stabilito che all'esterno, a 5 cm di
distanza da detti dispositivi, non si devono mai superare seguenti valori:
Grandezze fisiche Valori limite (di picco)
a) campi magnetici statici ed a frequenze
fino a 50 Hz
B = 1 mT (pari a 10 G, 800 A/m)
b) campi elettrici statici ed a frequenze
sino a 50 Hz
E = 5 kV/m
c) campi elettromagnetici a frequenze
superiori a 50 Hz
E = 300 V/m; B = 2 μ T (pari a 20 mG,
1,6 A/m)
Questi valori sono sicuramente cautelativi per la popolazione generale, anche perché non si rimane
per lungo tempo nelle vicinanze dell'apparecchiatura e soprattutto ci si ferma ad una distanza
maggiore di 5 cm; alcuni dei limiti indicati nella tabella sono tuttavia superiori a quelli indicati da
norme specifiche emanate in anni successivi e valide per persone con problemi particolari.
I portatori di pace-maker ad esempio non devono essere esposti a campi magnetici statici superiori a
0,5 mT ed una disposizione legislativa del 1992 fissa a 5kV/m il valore del campo elettrico per
frequenze di 50 Hz al fine di prevenire gli effetti acuti dovuti all'induzione di correnti cardiache e
cerebrali.
Anche per l'installazione di questi apparecchi è quindi necessaria una attenta valutazione dei rischi
e dei benefici che ne possono derivare.
6. Filtri a carbone attivo.
In considerazione dei documentati rischi di proliferazione batterica e di rilascio incontrollato di
microinquinanti, i semplici filtri a carbone attivo da soli non sono ammessi per il trattamento
domestico delle acque potabili a meno che non siano integrati con altri materiali o dispositivi atti ad
eliminare gli inconvenienti da essi presentati ossia dei sistemi di disinfezione.

Conclusione
Installo una apparecchiatura per il trattamento dell'acqua potabile che mi fornisce l'acquedotto
pubblico, spendo una cifra non proprio modesta, mi accollo costi per il suo utilizzo non indifferenti
e non è detto che abbia un prodotto migliore dal punto di vista sanitario; se poi dovessi utilizzare un
sistema di disinfezione a base di derivati del cloro e cioè di ipoclorito (la normale candeggina)
potrei anche peggiorarne la qualità, se non altro per quanto riguarda il sapore o la formazione di
composti alogenati ( i cosiddetti trialometani).

Magari mi informo meglio ....
Il consumatore ha il diritto di sapere cosa esce dal rubinetto, come e quando l’acqua viene
controllata e di vedere i risultati dei controlli effettuati. Per questo ci si può rivolgere al Gestore
dell'acquedotto, al proprio Comune e sicuramente all'Azienda Sanitaria Locale che, nell'ambito del
Dipartimento di Prevenzione Medico, ha in organico del personale specializzato che effettua
vigilanza e controllo sulle acque potabili nel territorio di competenza.

Informarsi sempre
Una corretta informazione rappresenta lo strumento per decidere che cosa fare per la nostra salute .
 

ergobbo

Membro Attivo
La situazione è complicata.
Il fatto che già esista un addolcitore (benché non funzionante) esclude la possibilità di ricorrere all'art. 1121 CC. La semplice sostituzione, infatti, non è in nessun modo considerabile "innovazione".


Con me abita mia madre, ..., che in base a indicazione mediche DEVE assolutamente limitare la quantità di sodio ingerito.

Credo che l'unica possibilità che hai è quella di sostenere (supportato da ricchissima documentazione medica) che l'impianto sarebbe dannoso per la salute, minacciando di trascinare tutto il condominio in una causa infinita e costosissima se non acconsentono a escluderti.
BADA BENE: SI TRATTA DI UNA FORZATURA e non è detto che la tesi sia sostenibile sino in fondo.

Credo ti convenga trovare un accordo in base al quale tu paghi le spese del Bypass e il nuovo impianto viene considerato come fosse una innovazione voluttuaria, con conseguente tua esclusione da ogni formna di spesa.
 

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