carla50

Membro Junior
Buongiorno,
ho acquistato due anni fa un appartamento con uso esclusivo del terrazzo di copertura, che derivava da una divisione, molti anni fa, di un appartamento più grande. Anche il terrazzo di copertura è stato diviso e la mia parte mi è stata venduta già con un collegamento di luce e acqua al mio appartamento. Di questo terrazzo non esisteva traccia al catasto. Ora, il proprietario dell'altra metà ha deciso di accatastarlo, forte del fatto di possederlo fin dalla costruzione del fabbricato: sostiene che, in mancanza di documentazione, lo può accatastare a suo nome, mentre io non posso fare altrettanto.
So bene che non posso iniziare un procedimento di usucapione, ma qualcuno sostiene che l'usucapione potrebbe farla la precedente proprietaria che me l'ha venduto e che lo possedeva da quasi trent'anni, per poi trasferirmi questo terrazzo. A me sembra un po' strano che questo sia possibile, visto che ormai non ne è più in possesso.
Cosa ne pensate? Vi risulta qualcosa in proposito?
 
E' indispensabile un godimento esclusivo per l'usucapione di un bene condominiale Cassazione, sezione seconda, 18 giugno 2007 n. 14171
«In materia di usucapione di beni in comunione, (la Corte) ha più volte affermato che, ai fini della prova, non è sufficiente che gli altri comproprietari si siano limitati ad astenersi dall'uso della cosa, né che l'istante abbia compiuto atti di gestione consentiti al singolo proprietario oppure atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o erogazioni di spese per il miglior godimento della cosa comune ovvero per la sua manutenzione, non possono dar luogo ad una estensione del possesso, occorrendo, per contro, la prova che il comproprietario usucapente ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, in modo tale, cioè, da evidenziare, al di fuori di una possibile altrui tolleranza, una inequivoca volontà di possedere il bene in via esclusiva, impedendo agli altri ogni atto di godimento o di gestione». Violazioni ai limiti legali della proprietà e trascrizione della domanda giudiziale Cassazione , SS.UU. civili, sentenza 12.06.2006 n° 13523 La domanda giudiziale intesa ad ottenere il rispetto dei limiti legali della proprietà, in quanto diretta ad interrompere l’usucapione d’un diritto di contenuto contrario ai limiti violati, può essere trascritta ai sensi dell’articolo 2653 n. 5 Cc. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 13523 del 12 giugno 2006, ricordando che soltanto mediante la trascrizione della domanda l’attore potrà utilmente opporre la sentenza favorevole ottenuta nei confronti del convenuto anche al terzo acquirente dal convenuto stesso con atto trascritto successivamente alla trascrizione della domanda.

Corte di Cassazione n. 9884/96, i negozi traslativi della proprietà non possono avere ad oggetto il trasferimento del possesso e che, pertanto, l'acquisto del diritto di proprietà "per effetto della usucapione, per poter essere fatto valere, e quindi costituire il possibile oggetto di un eventuale contratto di compravendita, deve essere prima accertato e dichiarato nei modi di legge".
 
Sarebbe importante leggere l'atto d'acquisto ed eventualmente quelli dei proprietari precedenti per vedere si si fa menzione della terrazza. Nel caso fosse menzionata sarebbe l'immobile sarebbe stato trasferito nello stato di fatto in cui si trovava con annessi e connessi, per essere breve. Infine, il terrazzo può essere accatastato a tuo nome come "unità afferente edificata in sopraelevazione". Comunque sarebbe bene esaminare il progetto edilizio e se la scala d'accesso fosse prevista allora o sesia stata realizzata in un secondo momento. Ed ancora, come mai il proprietario lo può accatastare. Con lo stesso diritto lo puoi regolarizzare anche tu.
 
Il comproprietario vuole accatastare ed anche la parte della quale hai godimento, secondo quale criterio e diritto?
 
Negli atti precedenti non si fa alcuna menzione del terrazzo. Nel nostro si parla di uso esclusivo. Il proprietario sostiene di poterlo accatastare avendone l'uso fin dalla costruzione del fabbricato, che risale al 1912, mentre per i nuovi acquirenti come noi questo non sarebbe possibile. Io però non sono riuscita a trovare la normativa a cui si riferisce
 
Ricordati che con l'atto di compravendita tu subentri in toto ai diritti del venditore. Pertanto se lui possedeva il terrazzo con dei limiti definiti e con prove inconfutabili, allacci idrici, fognari, elettrici, collegati all'immobile sottostante, tu hai titolo per accatastarlo come ti ho consigliato. Il proprietario dell'altro immobile, ammesso che possa accatastare la sua porzione, unendola al suo, non ha alcun diritto sulla porzione da te posseduta. Non farti infinocchiare.
 
Vuole acquisire il bene per usucapione, per il possesso?
Affinché, però, il possesso si trasformi in proprietà riconosciuta dall’ordinamento, è necessario che intervenga una sentenza del giudice, che dichiari che si è compiuto l’usucapione. Pertanto, bisognerà iniziare una vera e propria causa e provare l’esistenza dei predetti presupposti (possesso e decorso del tempo). La sentenza è necessaria visto che l’usucapione, è una situazione di fatto e, quindi, non c’è alcun atto o contratto da andare a registrare nei pubblici registri immobiliari e formalizzare il passaggio di proprietà. Pertanto, nei registri pubblici si andrà a trascrivere proprio la sentenza. La prova da fornire davanti al giudice può essere data in qualsiasi modo: quindi è molto facile, in questi casi, ricorrere ai testimoni.
Per cui, ripeto, se tu hai goduto del bene e così pure il precedente proprietario, non può accampare nessun diritto sulla tua parte.
Concordo con Gianco.
 
Scusate se sono costretto ad essere prolisso. E' un argomento che affronto quotidianamente.

16 novembre 2010
Usucapione d'immobile senza sentenza ed obblighi informativi del notaio
Con il presente post risponderemo ad una domanda relativa ad una questione, d’indubbia importanza pratica, concernente la ricevibilità, da parte del notaio, di atti di alienazione aventi ad oggetto beni immobili in riferimento ai quali il venditore dichiara di aver maturato tutti i presupposti per l'acquisto a titolo di usucapione senza, tuttavia, che sia intervenuta la sentenza dichiarativa dell'usucapione stessa.
Prima di rispondere vediamo, anzitutto, di far capire ai lettori, che cosa si intende per usucapione di un bene mobile (es.: una bicicletta, un telefonino, un qualsiasi oggetto che possa essere “spostato” etc.) o immobile (es: terreno, appartamento, etc.).
L’usucapione, non è altro, che un modo di acquisto della proprietà (o di altri diritti reali di godimento, come: servitù, usufrutto, etc) a titolo originario. Ciò significa, semplicemente, che l’acquisto della proprietà avviene senza che vi sia il trasferimento della stessa da una persona ad un’altra, per atto tra vivi (con una: compravendita, una permuta, o una donazione, etc.) oppure mortis causa (es: successione ereditaria, legato testamentario). L’usucapione si compie possedendo continuamente ed ininterrottamente il bene per il periodo di tempo previsto dalla Legge (la durata é solitamente ventennale, ma in presenza di altri requisiti o per diverse tipologie di beni è anche previsto un termine inferiore al ventennio), purché il possesso sulla cosa sia stato acquisito in modo non violento o clandestino. L’art. 1163 cod. civ. dispone, difatti, che: “il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l'usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata”. Il possesso, inoltre, deve essere “manifestato all’esterno con il compimento di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa tali da rivelare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria di fatto sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del titolare del diritto” (cfr. Cass. 12 aprile 2010, n. 8662).
Ciò posto, torniamo quindi al tema del nostro post di oggi. In buona sostanza, i quesiti giuridici cui rispondere sono i seguenti:
(I quesito) se Tizio afferma, ad esempio, di aver usucapito, un terreno che prima apparteneva a Caio, può vendere l’immobile a Sempronio, se non ha una sentenza del Tribunale che conferma l’avvenuta usucapione del diritto di proprietà da parte sua in danno di Caio?
(II quesito) il notaio, in tal caso, può legittimamente rifiutarsi di stipulare il rogito tra Tizio e Sempronio?

Il problema non è di poco conto. Da un punto di vista pratico, mi si perdoni l’espressione gergale, “manca un pezzo di carta”, dal quale risulti che Tizio sia l’effettivo proprietario dell’immobile appartenuto a Caio (che sulla carta e nei registri immobiliari risulta invece essere l’unico proprietario). È solo lui (Tizio), infatti, a sostenere di essere il nuovo proprietario e la situazione, mancando una sentenza che accerti l’effettivo stato delle cose, potrebbe anche essere ben diversa da quanto rappresentato dal venditore al compratore.
In ordine al primo quesito, la Cassazione con la sentenza n. 2485/2007 ha ribadito il concetto secondo il quale, la sentenza di usucapione, si limita a “dichiarare” l'intervenuto acquisto a titolo originario: non ha, dunque, efficacia “costitutiva” dell'acquisto stesso. Conseguentemente, colui che ha maturato tutti i requisiti legalmente richiesti per perfezionare l'acquisto per usucapione è già diventato proprietario del bene a prescindere dalla pronuncia giudiziale; pertanto, egli può disporre del bene come meglio crede, anche senza esser fornito del titolo giudiziale (sentenza) dichiarativo dell'acquisto stesso. Difatti, se si dovesse aderire alla tesi contraria, affermano i giudici di legittimità nella sentenza poc’anzi citata “si verificherebbe la strana situazione per cui chi ha usucapito sarebbe proprietario, ma non potrebbe disporre validamente del bene fino a quando il suo acquisto non fosse accertato giudizialmente”.
Certo è, che l’imbarazzo del notaio, in un caso del genere, è del tutto comprensibile, in quanto un acquisto di un bene immobile perfezionato con le modalità sopra descritte è - come affermato dalla stessa Cassazione – alquanto “rischioso”. L’assenza di un accertamento giudiziale dell'intervenuto acquisto per usucapione è quindi fonte di possibili problematiche. Va parimenti osservato, che un acquisto di tal genere crea indubbi problemi circa la ricostruzione della storia dell'immobile, poiché la mancata trascrizione di un titolo di acquisto a favore del cedente (Tizio) determina un'interruzione nella continuità della catena delle trascrizioni, che concernono l'immobile stesso; questa circostanza, per esempio, rende quasi impossibile ottenere da una banca un mutuo garantito da ipoteca su detto immobile.
È evidente che, in fattispecie simili a quelle esaminate dalla Corte di Cassazione nella sentenza citata, è assolutamente opportuno far precedere la stipula dell'atto notarile di trasferimento, dalla sentenza dichiarativa dell'usucapione a favore del soggetto che asserisce di essere proprietario dell'immobile e che intende procedere alla sua cessione (Tizio, per intenderci). Solo in tal modo l'acquirente può procedere all'acquisto in maniera tranquilla, senza correre rischi.
La sentenza testé menzionata, e con questo rispondiamo al secondo quesito che c’eravamo posti, consente però al notaio di stipulare comunque il rogito notarile di compravendita, purché abbia adeguatamente informato le parti, ma soprattutto il compratore, dei rischi di una simile operazione economica.
Il professionista deve, in una ipotesi del genere, quindi mettere al corrente l’acquirente:
- che la dichiarazione del venditore di essere proprietario “per possesso ultraventennale continuo e pacifico” non può, in alcun modo, essere verificata da parte del notaio rogante;
- dell'opportunità di far precedere la stipula dalla sentenza dichiarativa dell'usucapione;
- della “rischiosità” dell'atto perfezionato senza il preventivo ottenimento della predetta sentenza e, dunque, della “rischiosità” dell'acquisto. L’acquirente potrebbe, infatti, essere tenuto a restituire l’immobile al legittimo proprietario (c.d. evizione) e non riuscire magari neanche a recuperare quanto pagato dal suo dante causa, perché impossidente.
Sarà poi l’acquirente a dover decidere, se procedere o meno all’acquisto. Il notaio non può impedirglielo.
Diversamente, se invece il notaio manca di dare le informazioni di cui sopra, incorre certamente in una responsabilità di tipo professionale e deontologica. L’acquirente, in tal caso, potrebbe chiedere a lui il ristoro dei danni patrimoniali subiti a causa del suo comportamento gravemente negligente.
 
Al riguardo è pure sancito il principio secondo cui "in tema di presunzione di possesso utile "ad usucapionem", l'art. 1141, primo comma, cod. civ. opera se e in quanto non si tratti di rapporto obbligatorio e presupponente quindi la mancanza di prova che il potere di fatto sulla cosa sia esercitato inizialmente come detenzione, in conseguenza non di un atto volontario di apprensione, ma di un atto o un fatto del proprietario possessore. In tal caso l'attività del soggetto che dispone della cosa non corrisponde all'esercizio di un diritto reale, occorrendo per la trasformazione della detenzione in possesso utile "ad usucapionem" il mutamento del titolo ex art. 1141 cod. civ., comma 2, che deve essere provato con il compimento di idonee attività materiali in opposizione al proprietario" (Cfr. SENT. 07271 DEL 12/05/2003; SENT. 07337 DEL 20/05/2002).
Pertanto se carla50 ha citato nel suo post che il precedente proprietario ha usufruito del bene in questione con l'allaccio della corrente elettrica e dell'acqua e pure lei ne usufruisce, hanno messo in opera tutto il necessario a che il vicino non usucapisse il bene.
 
Buonasera, mi allaccio al topic chiedendo soluzione al mio quesito. Non sono un tecnico, ma il privato interessato a vendere l'immobile e cerco di dare tutti gli elementi:

1941- vendita totale di palazzo demolito, da parte di 2 proprietari (indivisi, comproprietari di tutti i sub. presenti) a 2 soggetti, X e Y, con unico rogito in cui ognuno compera separatamente i sub., descritti per numero vani e pro servizi, e piano del fabbricato ante distruzione. Si menzionano come comuni (senza specificare quote o millesimi) a X e Y solamente ingresso, corridoio, vano scala per i piani, e una corte interna. Nessuna planimetria allegata.

Anni dopo seguono atti notarili di rettifica di tale rogito per sola rettifica delle numerazioni dei subalterni, si citano anche nuovi frazionamenti di alcuni dei subalterni. In catasto oggi non si trova nessun elaborato di tali frazionamenti: è andato tutto perso!

1952- il Comune approva il progetto di ricostruzione (non fedele, come si evince confrontando le descrizioni nel rogito e l’elaborato approvato) del palazzo a seguito di domanda congiunta di X e Y: in esso, tramite colorazioni, si mostra quali porzioni da costruire “sono” di X e di Y.

X e Y non hanno mai registrato un atto per dividersi quanto ricostruito, ed in particolare una terrazza al primo piano, che è la copertura piana di un negozio al piano terra, ai tempi di proprietà di X, non menzionata nel rogito (forse non esistente ante demolizione).

Nello stato di fatto, da allora fino ad oggi, essa viene goduta dai sub del primo piano di X e Y, ora dai loro eredi, con rete di separazione fisica, lungo la quale in seguito è stato costruito un muretto, imposto con addebito dagli eredi di Y a quelli di X per evitare di allagarsi quando eredi X hanno rifatto pavimentazione di loro porzione di terrazzo, alzando il livello. Tale separazione segue quella disegnata con una riga nel progetto autorizzato, in cui da una parte si scrive terrazzo X e dall’altra terrazzo Y.

1964- accatastamento delle unità: si mantengono gli stessi numeri identificativi dei sub. da ciascuno acquistati, ma non ricostruiti fedelmente. Nelle planimetrie catastali dei sub di X (X1 e X2) non si mostra la sua porzione di terrazzo per intero: esso viene raffigurato solo parzialmente e solo nella planimetria di X1 mostrando gli ingressi sia da un corridoio cui si accede dal pianerottolo comune del primo piano, tramite porta privata di X (usata in comune da X1 e X2), sia da portafinestra del sub X2. Sulla porzione di terrazzo disegnata c’è scritto terrazzo comune, perché si intendeva comune ai suoi due sub.

Nelle tabelle millesimali firmate dai proprietari odierni il terrazzo viene computato ai fini dei millesimi così: la porzione di X nei millesimi di X1 e quella di Y nei millesimi di Y1, mentre le parti comuni di corridoio e vano scala non sono state computate (per altro esse sono comuni solo a X e Y, da rogito, poiché portano ai piani 1 e 2, ma nei millesimi generali ci sono anche negozi di terzi al piano terra, con cui è in comune solo il tetto, ecc.)

Oggi io, erede di X1, trovo ostacolo a vendere una porzione di tale terrazzo, perché esso non fu inserito precisamente come dipendenza, né fu accatastato, nè come BCNC o BCC o come lastrico a sé stante.

Vorrei accatastarlo come BCC ai soli sub X1 e X2 della stessa ditta (io), poi frazionare la parte da vendere, ma sia Catasto che notaio chiedono l’atto di proprietà. La proprietà, secondo me, è data da rogito di acquisto di area distrutta e progetto di ricostruzione.

Secondo il notaio poiché il terrazzo non viene citato nel rogito d’acquisto (nel palazzo distrutto non esisteva) e nella planimetria catastale di X1 si scrive terrazzo comune, prevale la presunzione di comunione dell’intero terrazzo e gli eredi di X e Y (in pessimi rapporti tra loro) oggi dovrebbero fare un atto per dividersene la proprietà.

Diversamente dovrei intentare causa di usucapione, per poter eseguire poi una vendita di 11 mq di terrazzo!!

Come posso convincere catasto e notaio a procedere con accatastamento di lastrico BCC da frazionare per vendita (senza che appongano Riserva 1) mostrando rogito di acquisto dei sub demoliti e progetto approvato per la ricostruzione (con licenza congiunta a X e Y) i cui elaborati mostrano con le colorazioni le parti “da costruire” di X e quelle di Y (mentre le parti comuni elencate in rogito sono solo corridoio, cortile e vano scale)?



Come ritenete si sia originata la proprietà del terrazzo, all’epoca della sua costruzione?

Mille grazie a chi mi vorrà aiutare!!!
 

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