raflomb

Membro Assiduo
tipi di mediazione


Sono stati previsti, essenzialmente, tre tipi di mediazione:


1) facoltativa, quando viene liberamente scelta dalle parti;


2) obbligatoria (entrerà in vigore decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, di cui si discorre, ex art. 24), quando è imposta dalla legge; il procedimento di mediazione deve essere esperito, a pena di improcedibilità (da eccepire nel primo atto difensivo dal convenuto, oppure dal giudice non oltre la prima udienza), nei casi di controversie relative a:

condominio;
diritti reali;
divisione;
successioni ereditarie;
patti di famiglia;
locazione;
comodato;
affitto di azienda;
risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti;
risarcimento del danno derivante da responsabilità medica;
risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità;
contratti assicurativi, bancari e finanziari;

3) giudiziale, quando è il giudice ad invitare le parte ad intraprendere un percorso di mediazione (con ordinanza); l’invito potrà essere fatto in qualunque momento, purchè prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa.


L’istituto della mediazione non può riguardare:

i procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
i procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento di rito di cui all’art. 667 c.p.c.;
i procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’art. 703 c.p.c., comma 3, c.p.c.;
i procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione, relativi all’esecuzione forzata;
i procedimenti in camera di consiglio;
l’azione civile esercitata nel processo penale.

Procedimento


Il procedimento di mediazione ha una durata di quattro mesi:


Viene presentata la domanda di mediazione






il responsabile dell’organismo designa un mediatore, fissando il primo incontro tra le parti (non oltre quindi giorni dal deposito della domanda)




viene data comunicazione all’altra parte (se sono necessarie competenze tecniche particolari, l’organismo nomina uno o più mediatori ausiliari)





il mediatore cerca un accordo amichevole:






1)

se si raggiunge l’accordo (conciliazione), il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti



l’accordo (non contrario all’ordine pubblico o a norme imperative), che può prevedere il pagamento di somme di denaro per ogni violazione ulteriore o inosservanza, viene omologato con decreto del Presidente del Tribunale, nel cui circondario ha sede l’organismo, previo accertamento della regolarità formale;

il verbale omologato è titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale;
2)

se non si raggiunge l’accordo (conciliazione), il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta e delle ragioni del mancato accordo



inizia il processo civile



quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice:
a) esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, relativamente al periodo successivo alla stessa;
b) condanna al pagamento delle spese processuali di controparte;
c) condanna al versamento di un’ulteriore somma, di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.


Riservatezza


Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo è tenuto all’obbligo di riservatezza, rispetto alle dichiarazioni rese ed alle informazioni acquisite durante il procedimento di mediazione, ex art. 9.


Salvo diverso accordo delle parti, le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato o riassunto a seguito dell’insuccesso della mediazione.


Il mediatore non può essere tenuto a deporre sulle dichiarazioni delle parti, conosciute nel procedimento di mediazione, fruendo delle garanzie di libertà del difensore, ex art. 103 c.p.p., nonché della disciplina sul segreto professionale, ex art. 200 c.p.p..


Organismi di conciliazione


Gli organismi deputati alla mediazione saranno enti pubblici o privati, che diano garanzia di serietà ed efficienza, iscritti in un registro.

I consigli dell’ordine degli avvocati, ma anche di altri ordini professionali, potranno istituire organismi, avvalendosi del proprio personale e dei propri locali.


Sarà istituito presso il Ministero della Giustizia l’albo dei formatori per la mediazione
 

Cio

Membro Attivo
il responsabile dell’organismo designa un mediatore, fissando il primo incontro tra le parti (non oltre quindi giorni dal deposito della domanda)

inizia il processo civile



quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice:
a) esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, relativamente al periodo successivo alla stessa;
b) condanna al pagamento delle spese processuali di controparte;
c) condanna al versamento di un’ulteriore somma, di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.


X RAFLOMB:
A) Quindi sta per quindici, vero ?
B) Non essendo un addetto non riesco a comprendere la peculiarità di questa norma procedurale: quale è la differenza con il consueto meccanismo di ripartizione delle spese di una normale causa civile, che presumo si applichi anche in questo caso se la sentenza non corrisponde interamente alla proposta conciliativa ? Cos'è il contributo unificato dovuto, a chi spetta pagarlo e anche qui quale differenza con il consueto meccanismo di ripartizione delle spese giudiziarie/processuali ?

Se l'accordo non viene raggiunto si procederà comunque in sede giudiziaria ordinaria, dove verrà penalizzata economicamente la parte che non ha aderito all'accordo ove il giudice ordinario emetta sentenza uguale o peggiorativa nei confronti della parte che non vi abbia aderito, anche se vittoriosa.

Credo che qui hai cercato di semplificare sul mio quesito di cui sopra: ergo la parte vittoriosa della causa, se è quella che non ha aderito all'accordo conciliativo, in caso la sentenza sia uguale (o peggiorativa ??? impossibile se risulta la parte vincitrice...come fa la sentenza che lo giudica vincitore ad essere peggiore dell'accordo rifiutato ?) all'accordo rifiutato subisce quali penalizzazioni economiche ?

Grazie in anticipo per le eventuali delucidazioni in merito.;)
 

raflomb

Membro Assiduo
Vedi Cio, la procedura obbligatoria della mediazione è ancora in fase di c.d. assemblaggio, e il suo fine, come avrai capito, è quello di alleggerire di circa 600.000 causa l'anno la magistratura ordinaria. Ci sono ancora molte cose da pmettere a punto, come la competenza territoriale (vedi sotto).
Inoltre non c'è affatto da meravigliarsi che venga punito economicamente la parte "vincitrice" nell'ipotesi in cui quest'ultima non abbia aderito al parere del mediatore, ove il g.iud. ordinario emetta, poi, una sentenza, anche se a suo favore, ma di pari, o peggiore contenuto economico rispetto a quanto prospettato dal mediatore; in quanto la ratio è quella di riflettere bene prima di andare sul contenuto del parere del mediat., prima di andare ad intasare nuovamente il g. ord., cosicchè la parte vincitrice potrebbe essere addirittura condannata a pagare le spese legali di quella soccombente.
Vedi una panoramica.
a) Fase introduttiva

La procedura di mediazione si attiva mediante il deposito di una istanza presso un Organismo pubblico o privato di mediazione iscritto in appositi Registri ministeriali, che deve indicare l’Organismo adito, i dati delle parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.

Nella ipotesi in cui vengano presentate più domande relative alla medesima controversia, la procedura si svolge dinanzi all’organismo presso cui è stata depositata l’istanza più tempestivamente comunicata alla controparte (art. 4).

Il procedimento si svolge secondo il regolamento applicato dall’organismo di conciliazione scelto dalle parti, che deve essere idoneo a garantire la riservatezza del procedimento medesimo nonché la garanzia di nomina di un mediatore che risponda a requisiti di imparzialità e competenza per l’espletamento dell’incarico.

Il responsabile dell’organismo, ricevuta l’istanza, designa un mediatore e fissa l’incontro per le parti dinanzi a questi entro un termine di 15 giorni dalla data di deposito della domanda (art. 8, I comma).

A questo punto l’istanza introduttiva e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la conoscenza, a cura della parte istante ovvero della segreteria dell’organismo adito.

Tale comunicazione determina effetti equiparabili a quelli dell’instaurazione di un giudizio ordinario in quanto, oltre a determinare l’organismo adito più tempestivamente secondo quanto detto innanzi, produce l’effetto interruttivo della prescrizione ed impedisce la decadenza per una sola volta purché, se il tentativo fallisce, la domanda giudiziale venga proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito presso la segreteria dell’organismo del verbale di mancata conciliazione.

Invero, pur nel silenzio della norma, nell’ottica di una interpretazione analogica, si deve ritenere che l’effetto interruttivo della prescrizione abbia una efficacia meramente “istantanea” nella ipotesi in cui la conciliazione dovesse fallire, con la conseguenza che il termine di prescrizione riprenderà a decorrere ex novo, dal giorno della comunicazione dell’istanza e fino alla data di proposizione della domanda giudiziale.

La parte che procede al deposito della istanza dovrà corrispondere all’organismo di conciliazione un importo fisso a titolo di “diritti di segreteria”, secondo la tariffa approvate dal Ministero che attualmente ammonta ad euro 30,00.

- Il problema della competenza territoriale:

L’interpretazione letterale dell’art. 4, rubricato “Accesso alla mediazione”, sembrerebbe non prevedere alcun criterio per disciplinare la competenza territoriale in quanto si limita a statuire che “In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata depositata la prima domanda”.

Orbene, la disposizione in esame appare gravemente lesiva dei principi processualistici vigenti nel nostro ordinamento oltre che idonea a pregiudicare a priori la possibilità di avvalersi della procedura di mediazione, atteso che appare assurdo non prevedere alcun criterio di competenza territoriale.

La questione si pone in termini di maggiore gravità soprattutto per le controversie che derivano da rapporti contrattuali caratterizzati da un notevole squilibrio economico e normativo tra le parti e cioè tra imprese di assicurazione ed assicurati e/o danneggiati ovvero tra imprese bancarie e finanziarie e i propri clienti.

In queste ipotesi, in teoria, se l’impresa in questione fosse più tempestiva nell’adire un organismo di conciliazione che potrebbe essere dislocato in qualunque luogo sul territorio nazionale, costringerebbe la controparte a recarsi presso tale organismo ovvero a rifiutare la mediazione con tutte le conseguenze pregiudizievoli che tale scelta potrebbe avere nel successivo giudizio.

Pertanto, a parere di chi scrive, la norma dovrebbe essere interpretata in via analogica richiamando nel testo esaminato i criteri di competenza previsti dal Codice di Procedura Civile nel senso di ritenere che la mediazione si deve svolgere davanti al primo organismo adito tra quelli che appartengono al circondario dell’Ufficio Giudiziario che sarebbe competente in assenza della mediazione, secondo gli ordinari criteri dettati dal Codice di rito.

L’auspicio, pertanto, è che il decreto di attuazione di prossima pubblicazione introduca un correttivo alla norma in esame ovvero che intervenga una pronuncia della Corte Costituzionale sul punto per evitare gravi iniquità sul piano processuale.

b) L’incontro tra le parti dinanzi al Mediatore presso la sede dell’organismo di mediazione

La parte che riceve la comunicazione della domanda di mediazione entro un termine previsto dal regolamento di procedura di ciascun organismo dovrà comunicare l’eventuale accettazione o rifiuto a partecipare all’incontro fissato dinanzi al mediatore.

Nella ipotesi di rifiuto, il mediatore redige processo verbale nel quale attesta l’abbandono della procedura ad opera di una o più parti.

Se l’incontro si svolge, invece, il mediatore deve attivarsi per favorire il raggiungimento di un accordo tra le parti, potendosi avvalere anche dell’ausilio di esperti per le controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, i cui costi sono a carico delle parti.

c) I possibili esiti del procedimento di mediazione

Se viene raggiunto un accordo amichevole tra le parti, il mediatore forma processo verbale cui viene allegato il testo dell’accordo medesimo.

Se non viene raggiunto un accordo, qualora le parti ne facciano concorde richiesta, il mediatore può formulare una proposta conciliativa che viene comunicata alle parti per iscritto e queste, entro sette giorni, fanno pervenire l’accettazione o il rifiuto della proposta che, in mancanza di risposta, si intenderà rifiutata.

Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della eventuale proposta e delle ragioni del mancato accordo.

Il verbale viene sottoscritto dalle parti e dal mediatore che certifica l’autenticità delle sottoscrizioni delle parti e, successivamente, viene depositato presso la segreteria dell’organismo e del documento è rilasiata copia conforme alle parti che ne facciano richiesta.

Quando viene raggiunto l’accordo, in via amichevole o per accettazione concorde della proposta formulata dal mediatore, questi redige processo verbale sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore il quale certifica, altresì, l’autografia della sottoscrizione delle parti in veste di Pubblico Ufficiale.

L’accordo raggiunto può prevedere il pagamento di una somma in denaro nella ipotesi di violazione o inosservanza degli obblighi assunti ovvero di ritardo nell’adempimento dei medesimi obblighi.

Il verbale di accordo costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica oltre che per l’iscrizione di ipoteca giudiziale ed, al fine di attivare la procedura esecutiva, è necessario ottenere – su istanza della parte interessata - l’omologazione del verbale suddetto con decreto del Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo, previo controllo di regolarità formale del documento.

Oltre alla quota fissa a titolo di diritti di segreteria, le parti sono obbligate a versare in favore dell’organismo adito indennità monetarie commisurate ai parametri ed alle tariffe previste dalla legge.

Invero, sul punto, il D. Lgs. n. 28/2010 individua soltanto alcuni criteri di carattere generale rimettendo al decreto attuativo di prossima emanazione il compito di determinare specificamente gli importi delle indennità medesime.

Il procedimento di mediazione deve avere una durata non superiore a quattro mesi che decorre dal deposito della domanda di mediazione e non è soggetto a sospensione feriale.

Peraltro, si prevede espressamente che detto termina non si computa nella ipotesi di ricorso ex art. 2, Legge n. 89/2001 (c.d. Legge Pinto).
L’art. 10 prevede, altresì, l’inutilizzabilità di tutte le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nell’ambio del procedimento di mediazione, salvo diverso accordo tra le parti: tale disposizione appare di dubbia utilità atteso che, qualora la mediazione abbia esito negativo, tutta l’attività svolta nel procedimento di mediazione risulterebbe assolutamente inutile e, tale circostanza, appare sfavorevole per le parti soprattutto nella ipotesi in cui il mediatore abbia disposto consulenze tecniche i cui costi, a carico delle stesse, sarebbero stati sostenuti inutilmente.

d) Le agevolazioni fiscali e il regime delle spese processuali.

A parere dello scrivente, il raffronto tra il tenore letterale degli artt. 13 (relativo alle spese processuali) e 17 – 20 (relativo alle agevolazioni fiscali inerenti il procedimento di mediazione) consente di comprendere, meglio di ogni altro aspetto, quanta enfasi il Legislatore riponga nella mediazione fino quasi ad imporne il relativo procedimento alle parti, facendo leva su argomenti di carattere economico particolarmente graditi alle parti secondo quello che insegna la comune esperienza.

Infatti, viene introdotto un meccanismo particolarmente “armonioso” per cui da un lato si offrono alla parti agevolazioni fiscali nella ipotesi in cui raggiungano un accordo conciliativo, dall’altro vengono introdotto rilevanti sanzioni economiche nella ipotesi in cui una parte rifiuti di accettare una proposta successivamente risultata congrua.

Orbene, l’art. 13 prevede che nella ipotesi in cui la sentenza definitiva del giudizio corrisponde integralmente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna alle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo nonché al versamento in favore dell’erario di una somma di importo equivalente al contributo unificato già versato al momento della instaurazione del giudizio.

Peraltro, tale sistema sanzionatorio già di per sé particolarmente rigido, non esclude la possibilità per il giudice di applicare gli ulteriori meccanismi punitivi già previsti dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile.

Quando, invece, la sentenza definitiva non corrisponde integralmente al contenuto della proposta il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali motivi, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per l’eventuale compenso dovuto all’esperto, con l’obbligo di dar conto nella motivazione delle ragioni della decisione relativa alle spese.

A fronte del sistema innanzi descritto, destinato ad applicarsi alla parte che rifiuta una proposta poi ritenuta congrua dal Giudice, gli artt. 17 e 20 introducono una serie di agevolazioni fiscali per incentivare il ricorso alla mediazione e la successiva conciliazione.

In particolare:

1.tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura;
2.il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di Euro 51.646,00;
3.alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità stesa, fino alla concorrenza di Euro 500,00, che deve essere indicato – a pena di decadenza – nella dichiarazione dei redditi.
In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è riconosciuto in misura ridotta alla metà;

1.quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda, le parti in possesso delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato sono esonerate dal pagamento della indennità spettante all’organismo di conciliazione.
La normativa testé esaminata, presta il fianco a scenari di dubbia costituzionalità proprio perché introduce un meccanismo distorto che si potrebbe definire di “giustizia punitiva”.

Ritengo, sul punto, che l’art. 13 rappresenti una evidente violazione del diritto di azione giudiziale costituzionalmente garantito perché la parte, di fronte ad una proposta conciliativa, viene messa nella condizione di essere quasi obbligata ad accettare la stessa, pur quando non soddisfi appieno le sue pretese, per il timore che la sentenza definitiva sia conforme in tutto o in parte alla medesima proposta, con le gravi conseguenze che deriverebbero a suo carico.

Infatti, con particolare riferimento alle controversie di modesto valore economico, l’applicazione del sistema sanzionatorio delineato dall’art. 13 potrebbe determinare, per la parte che rifiuta la proposta, il pagamento di spese processuali di importo finanche maggiore rispetto alla somma ricevuta per la lesione del proprio diritto.

La situazione prospettata a titolo esemplificativo, tutt’altro che di scuola, sarebbe inaccettabile nell’ambito di un ordinamento giuridico civile oltre che paradossale poiché il soggetto che si rivolge alla giustizia per ottenere l tutela del suo diritto, anche nella ipotesi in cui tale tutela venga accordata, potrebbe non ottenere alcuna utilità ed anzi una perdita economica in termini di pagamento di spese processuali.

Da ultimo, appare opportuno evidenziare che la norma in esame, per le ragioni esposte, si pone in evidente contrasto con lo spirito della direttiva comunitaria n. 52/2008 poiché tradisce lo spirito della stessa, favorevole alla mediazione.

Infatti, non si può certo parlare di spirito conciliativo e di conciliazione quale strumento virtuoso di risoluzione delle controversie, se poi si introduce un meccanismo per cui la parte viene posta quasi nell’obbligo di “accettare” la conciliazione.

Osservazioni conclusive

Concludendo questa breve analisi, ritengo di poter esprimere un giudizio negativo riguardo il procedimento della mediazione obbligatoria che, nel confronto con l’esperienza pratica, avrà come unico effetto quello di prolungare ulteriormente i tempi del contenzioso.

Infatti, non si comprende perché mai il Legislatore, in ottica deflativa, continui ad introdurre riforme sul piano sostanziale disseminando sempre più l’iter verso la soluzione stragiudiziale della controversia di tentativi di conciliazione, quasi come se il cittadino non avesse più la libertà di ottenere una riparazione giudiziale del torto subito ma dovesse necessariamente conciliare.

Pertanto, ritengo che il procedimento di mediazione obbligatoria è in evidente contrasto con l’art. 24 Cost. in quanto la parte deve essere libera sempre e comunque di agire in giudizio e lo Stato dovrebbe mettere a disposizione dei suoi cittadini strutture idonee ad ottenere giustizia in un arco temporale ragionevole.

Per questo, credo che non si dovrebbe più intervenire sul “piano sostanziale” della struttura del processo, passando ad interventi significativi sul “piano strutturale”, cioè incrementando il numero degli Uffici Giudiziari e soprattutto aumentando il numero dei Magistrati che compongono le piante organiche di tali Uffici.

A ciò si aggiunga che, la direttiva Comunitaria è stata recepita in senso distorto nel nostro ordinamento in quanto, il D. Lgs. n. 28/2010 ne tradisce lo spirito di favore verso la conciliazione poiché introduce dei meccanismi, come quello in materia di spese, che inducono la parte a vedere nella conciliazione, non uno strumento alternativo di risoluzione della disputa, ma un vero e proprio “obbligo” a fronte dell’alea e delle lungaggini del giudizio e del rischio di subire gravi sanzioni processuali.

--------------------------------------------------------------------------------
 

Cio

Membro Attivo
X RAFLOMB: ti ringrazio, penso che passerò un tranquillo WE di studio :)

X GIANMACCHIAVELLI...

Il resto dovrebbe entrare in vigore adesso e, cioè a metà marzo 2011. Ora il testo va alla Camera e poi si vedrà

ma quando entrerà in vigore esattamente, solo dopo l'approvazione definitiva del Milleproroghe da parte di entrambe le Camere ?

X LUKY Mi permetto d ricordare che il tentativo di conciliazione si dà per effettuato anche se ha partecipato solo la "parte" o solo la "controparte", e successivamente si potrà rivolgere istanza giudiziale.[/B

Ma la parte che non partecipa al tentativo di mediazione sarà comunque penalizzata a livello economico (partecipazione alle speselegali/processuali) nel processo ordinario,mi sembra di capire... anche se non mi è per niente chiaro ancora in che misura.
 

Cio

Membro Attivo
Grazie Raflomb per la documentazione che mi hai inoltrato e su cui ho studiato, anche se mi permetto di dissentire, almeno parzialmente, sulle conclusioni negative riportate dal testo che hai allegato sull'istituto in oggetto: a me pare invece che il parere del mediatore possa servire a "responsabilizzare" le parti coinvolte sui rischi e sulle incognite insite nel lunghissimo e dispendioso (soprattutto dal punto di vista economico e dal punto di vista dell'assistito) processo civile ordinario.

Un dettaglio tecnico ti chiedo: se gli interessati alla divisione sono diversi e qualcuno decide di non partecipare al tentativo di conciliazione per i più svariati motivi, come saranno suddivise le spese legali/procedimentali di quest'ultimo ? Qualcuno potrebbe anche non partecipare con un suo legale e accettare l'accordo proposto: in questo caso lui non sarebbe coinvolto in alcuna spesa ?
E se invece non partecipa e non accetta l'accordo ?
 

raflomb

Membro Assiduo
Un dettaglio tecnico ti chiedo: se gli interessati alla divisione sono diversi e qualcuno decide di non partecipare al tentativo di conciliazione per i più svariati motivi, come saranno suddivise le spese legali/procedimentali di quest'ultimo ? Qualcuno potrebbe anche non partecipare con un suo legale e accettare l'accordo proposto: in questo caso lui non sarebbe coinvolto in alcuna spesa ?
E se invece non partecipa e non accetta l'accordo ?
Premesso che tante cose del meccanismo della mediazione "obbligatoria" le apprenderemo con la pratica, oggi siamo ancora su un piano teorico, ritengo che le conclusioni a che ritieni negative corrispondono alla realtà dei fatti.
Nel procedimento di mediazione non sussiste l'obbligo della rappresentanza tecnica, ovvero della presenza dell'avvocato, e questo è uno dei malumori manifestati dall'ordine degli avvocati, in quanto sottrae lavoro.
L'eventuale assenza, o contumacia, di uno dei protagonisti sarà puntualmente gravata di oneri e spese nel procedimento giudiziario successivo all'esperimento della mediazione, in quanto il suo comportamento omissivo ne compromette la riuscita.
E qui si ritorna alle conclusioni da te criticate, ovvero è stato distorto il significato della mediazione che viene vista come un "obbligo" sia per evitare le penali che uno può subire nel successivo processo, e non uno strumento alternativo, snello e meno oneroso in fondo.
 

giuseppina fogli

Nuovo Iscritto
Chiarito che sulle successioni la mediazione è obbligatoria il primo passo da fare e decidere se avvalersi di un proprio legale oppure no, non è obbligatorio. Poi si dovrà individuare l'organismo di mediazione più consono: non esiste vincolo territoriale e quindi la parte richiedente può indicare a quale organismo intende avvalersi. Chiaramente dovrà essere territorialmente ragionevole in quanto una non presentazione della controparte per motivi di distanza potrebbe essere ritenuta nella fase successiva dal giudice quale colpa del richiedente. Attenzione poi che lo scaglione di appartenenza per calcolare il compenso del mediatore è quello che tiene conto di tutta la massa ereditaria e non della parziale quota di spettanza del richiedente e quindi esiste la possibilità concreta che chi ha una percentuale minima debba pagare come chi ce l'ha anche 3/4 volte superiore. Inoltre se la parte convocata non si presenta, il MInistero di Giustizia con circolare dell'aprile 2011 ha precisato che la mediazione non si può ritenere espletata ma che l'organismo di mediazione deve comunque prevedere una prima convocazione per poi redigere un verbale di non procedibilità, passaggio questo che rende responsabile in solido la parte richiedente anche per le quote di chi non ha aderito. Infine occorre tener presente che i mediatori possono essere medici, geometri, architetti, e ...... volendo anche avvocati. Io parlo da persona che deve obbligatoriamente passare dalla mediazione, che vorrebbe risolvere la propria controversia,per l'appunto una successione, grazia ad essa, che non dispone di grosse disponibilità e che teme di spendere ulteriori soldi senza raggiungere nessun risultato. Credo che la mediazione che di per sè è un buon compromesso vado rivista nella sua applicazione tenendo conto soprattutto dei costi che attualmente tutelano solo la figura del mediatore.
 

giuseppina fogli

Nuovo Iscritto
Finalmente con provvedimento ministeriale pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 197 del 31.8.2011 n. 45 del 6.7.2011 a modifica del decreto ministero di giustizia n. 180 dell'ottobre 2010 si pone chiarezza sui costi della mediazione qualora le parti convocate risultino contumacie: dai 40 ai 50 euro a seconda dello scaglione. Il mediatore provvederà a redigere un verbale di conciliazione, e non la segreteria dell'organismo di mediazione, in ossequio all'art. 5 della legge sulla mediazione. Il tutto in attesa che la corte costituzionale si esprima sulla legittimità dello stesso articolo.
 

Gratis per sempre!

  • > Crea Discussioni e poni quesiti
  • > Trova Consigli e Suggerimenti
  • > Elimina la Pubblicità!
  • > Informarti sulle ultime Novità

Le Ultime Discussioni

Alto