Dimaraz

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Se tu (mi permetto di darti del tu..) non abiti dentro l'unità immobiliare in cui abitano tua mamma e tuo fratello e hai la residenza in un'altra unità immobiliare (quella di cui sei comodataria) non puoi avere la disponibilità diretta e materiale della prima unità.
Il fatto che vivete nello stesso edificio e allo stesso civico non conta nulla. Ogni unità immobiliare fa storia a sè.
Ecco perché i 96.000 euro di monte spesa massimo detraibile si applicano alla singola unità immobiliare e non allo stabile. I due box deduco siano pertinenze ognuno di ciascuna unità abitativa e le spese sostenute per la loro ristrutturazione fanno cumulo con l'appartamento che servono.
Lo scorporo dei costi per unità immobiliare è, dunque, sempre obbligatorio.
Nel caso di condomini è la suddivisione delle spese va fatta per legge col criterio dei millesimi.
Nel tuo caso, invece, essendoci un unico proprietario, egli può decidere anche arbitrariamente di caricare le spese nelle quote che ritiene più eque. Ma, in ogni caso, non può fare un monte unico, perché ai fini della detrazione 50% non è consentito.

Passaggio piuttosto criptico o in apparente contraddizione (sbagliato) in alcuni punti.
Non si dimentichi che nello specifico chi ha pagato era il padre che però non era proprietario.

Qui si apre un "busillis" cui ne la Legge ne le eventuali circolari/Guide del' Agenzia delle Entrate (che non fanno Legge) hanno trascurato o dato personale e discutibilissima (opponibile) spiegazione.

Anche volendo prendere a testo la circolare n° 7 dei Aprile 2017:

Trasferimento dell’immobile mortis causa
In caso di acquisizione dell’immobile per successione, le quote residue di detrazione si trasferiscono per intero esclusivamente all’erede o agli eredi che conservano la detenzione materiale e diretta dell’immobile.

In sostanza la detrazione compete a chi può disporre dell’immobile, a prescindere
dalla circostanza che lo abbia adibito a propria abitazione principale (Circolare 10.6.2004 n. 24, risposta 1.1).
A tale riguardo si precisa che:
 se l’immobile è locato, non spetta la detrazione, in quanto l’erede proprietario non ne può disporre;
 se l’immobile è a disposizione, la detrazione spetta in parti uguali agli eredi;
 se vi sono più eredi, qualora uno solo abiti l’immobile, la detrazione spetta per intero a quest’ultimo, non avendone più gli altri la disponibilità;
 se il coniuge superstite, titolare del solo diritto di abitazione, rinuncia all’eredità, non può fruire delle residue quote di detrazione, venendo meno la condizione di erede. In tale caso neppure gli altri eredi (figli) potranno beneficiare della detrazione se non convivono con il coniuge superstite, in quanto non hanno la detenzione materiale del bene.
La condizione della “detenzione materiale e diretta del bene” deve sussistere non solo per l’anno dell’accettazione dell’eredità, ma anche per ciascun anno per il quale il contribuente intenda fruire delle residue rate di detrazione.

L’erede che deteneva direttamente l’immobile e successivamente lo
ha concesso in comodato o in locazione non può fruire delle rate di detrazione di competenza degli anni in cui non detiene l’immobile direttamente. Tuttavia, al termine del contratto di locazione o di comodato, potrà beneficiare delle eventuali rate residue di competenza (Circolare 24.04.2015 n. 17, risposta 3.3).
In caso di vendita o di donazione da parte dell’erede che ha la detenzione materiale e diretta del bene, le quote residue della detrazione non fruite da questi non si trasferiscono all’acquirente/donatario neanche nell’ipotesi in cui la vendita o la donazione siano effettuate nel medesimo anno di accettazione dell’eredità.
La detrazione si trasmette anche quando il beneficiario dell’agevolazione (de cuius) era il conduttore dell’immobile, purché l’erede conservi la detenzione materiale e diretta, subentrando nella titolarità del contratto di locazione (Circolare 09.05.2013 n. 13, risposta 1.1).
In linea generale, la detrazione non si trasferisce agli eredi del comodatario, in quanto non subentrano nel contratto. Tuttavia, nell’ipotesi in cui l’erede sia il comodante questi potrà portare in detrazione le rate residue in quanto, in qualità di proprietario dell’immobile, ha il titolo giuridico che gli consente di fruire della detrazione. E’ necessario, tuttavia, che abbia la detenzione materiale e diretta del bene (Circolare 06.05.2016, n. 18, risposta 3.2).


Direi che è palese la necessità di un chiarimento legislativo che elimini i dubbi interpretativi originati da chi non è preposto a normare.
Vi sono evidenti "contrasti" fra norme che consentono di:
-attribuire il godimento di detrazioni a chi non è proprietario dell'immobile ma vanta un qualche diritto, anche solo per "convivenza" (che però non è un contratto) sullo stesso immobile all'epoca dell'inizio lavori
-si passi da un "requisito" di chi paga il conto ad una di chi "possiede" la titolarità dell'immobile
-si consenta il mantenimento della detrazione a chi comunque abbia ceduto l'immobile precisando il non trasferimento dei bonus a favore del compratore
-si nega la possibilità di godere dei bonus nel momento in cui chi ha ereditato tale "beneficio" non mantenga la disponibilità dell'immobile.

Nemmeno velate "apparenze" di differente trattamento = "anticostituzionalità" !!!???!!!
 

Biz Consulting

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Comincio con aggiungere solo una precisazione per @basty:
Credo conveniamo che anche i giudici amministrativi/tributari con anni di esperienza lavorativa si documentino e si basino sulle medesime norme: se giungono ad esiti diametralmente opposti su problematiche analoghe, vorrà pur dire qualcosa.
in merito agli "esiti diametralmente opposti", mi riferivo alle ispezioni fiscali e non alle sentenze dei tribunali. Vero è che non sempre tutti i giudici amministrativi esprimono pareri concordi, ma basta leggere qualche sentenza per capire che, quando si tratta di tematiche che hanno uno storico giurisprudenziale alle spalle, alla fine ci sono sempre delle linee che prevalgono su altre e che, col tempo, diventano i punti di riferimento per tutte le altre coorti.

Tengo anche a precisare quanto ha scritto @Dimaraz nel primo intervento:
concordo pienamente con quanto ha puntualizzato. Leggendo quello che ho appena scritto sopra, capirete cosa intendevo dire con quella frasetta fra parentesi, che ho usato per brevità ma che, giustamente, forse avrei dovuto esprimere con qualche parola in più. E @Dimaraz lo ha fatto molto bene.

Ora veniamo a @cec:
tuo fratello ha titolo di fruire del bonus solo sull'alloggio di cui ha piena disponibilità materiale e diretta, ovvero quello in cui attualmente vive e risiede. Questo perché è familiare convivente della proprietaria. Lo stesso valeva per tuo padre, quando era ancora in vita.
I familiari conviventi, infatti, possono detrarre le spese sostenute solo sulle "abitazioni nelle quali si esplica il rapporto di convivenza che deve sussistere già dal momento in cui iniziano i lavori"(paragrafo 5.2 della circolare Agenzia delle Entrate 50/E del 2002 - cito un documento ufficiale così @basty non mi sgrida più :)).
Per potersi "esplicare la convivenza" è necessario che l'immobile sia a completa disposizione dei familiari conviventi. Se però esso è dato in uso a terzi (compresi altri familiari non conviventi), la disponibilità per i familiari conviventi viene meno.
L'unico caso in cui la situazione potrebbe cambiare a vostro favore è che tu risultassi ancora nello stesso stato di famiglia di tua madre e tuo fratello, trovandoti quindi nella condizione di loro familiare convivente (a questo link trovate informazioni dettagliate sul perché mi riferisco allo stato di famiglia).
Ma credo sia un'eventualità abbastanza remota e poco credibile, dato che basterebbe la verifica di qualche documento (es. certificato di residenza o il pagamento di bollette) per dimostrare che il secondo appartamento è ad esclusiva tua disponibilità. A conferma di quello che dico (e sempre per non farmi sgridare da @basty :)), vi rimando a questo link, dove si fa riferimento ad alcune sentenze inerenti detrazioni e comodato d'uso.
A monte di tutto questo, resta comunque il problema della contraddizione tra quanto indicato nei 730 di tuo padre e tuo fratello (spese per lavori effettuati solo sul subalterno che hai in comodato tu) e quanto riportato in CILA (lavori eseguiti su entrambi i subalterni e relative pertinenze). Gli allegati progettuali alla CILA descrivono in dettaglio le opere e non si può nascondere cosa è stato fatto.
In altre parole, quanto è verosimile che, se i lavori sono stati eseguiti su 4 subalterni, le spese per cui si richiede il bonus siano state imputate tutte su di uno solo? Siamo d'accordo sul fatto che nessuno vieti di portare in detrazione solo le spese di un alloggio, anche se i lavori hanno coinvolto l'intero edificio. Ma, a questo punto, dovrebbero esistere contabilità distinte:
1- quella che comprende le fatture e le ricevute di pagamento riguardanti le spese per cui si richiede la detrazione (che indichino senza ombra di dubbio che si riferiscono solo ad un subalterno)
2- quella che comprende le fatture e le ricevute di pagamento riguardanti le spese sostenute sugli altri subalterni, per cui si è deciso di non fruire del bonus
In mancanza della suddetta"struttura amministrativa", la deduzione (in caso di verifica) potrebbe essere una fra queste due (intendo o l'una o l'altra):
1- la dichiarazione dei redditi è scorretta (sia perché le spese sono state imputate in modo scorretto sia perché i sottoscrittori non hanno titolo idoneo su quel subalterno)
2- i lavori sui subalterni (alloggio e pertinenza) dove abitano tua mamma e tuo fratello sono stati pagati in nero

Insomma, vedo guai in ogni caso, sempre che non trovi ispettori così poco competenti da non accorgersi di tutto questo insieme di contraddizioni/errori (non sono categorico, così faccio contento @basty anche sotto questo aspetto :)).
Forse ora sono riuscito a far capire meglio il motivo per cui ho consigliato a @cec di rivolgersi ad un commercialista che ha già affrontato situazioni simili (e aggiungerei anche un professionista tecnico).
 

cec

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Comincio con aggiungere solo una precisazione per @basty:L'unico caso in cui la situazione potrebbe cambiare a vostro favore è che tu risultassi ancora nello stesso stato di famiglia di tua madre e tuo fratello, trovandoti quindi nella condizione di loro familiare convivente.
Questo non è possibile, io e mio marito, e poi i figli abbiamo residenza nel sub. 1 con relative utenze e varie da molti anni
A monte di tutto questo, resta comunque il problema della contraddizione tra quanto indicato nei 730 di tuo padre e tuo fratello (spese per lavori effettuati solo sul subalterno che hai in comodato tu) e quanto riportato in CILA (lavori eseguiti su entrambi i subalterni e relative pertinenze). Gli allegati progettuali alla CILA descrivono in dettaglio le opere e non si può nascondere cosa è stato fatto..
Non sono in possesso di allegati progettuali e credo non ce ne siano: Si dichiarano interventi di manutenzione straordinaria di cui all'art 135 comma 2 lettera b l.r.65/2014 in fabbricato ad uso residenziale per il risanamento della copertura e delle facciate ...
Ma, a questo punto, dovrebbero esistere contabilità distinte:
1- quella che comprende le fatture e le ricevute di pagamento riguardanti le spese per cui si richiede la detrazione (che indichino senza ombra di dubbio che si riferiscono solo ad un subalterno)
2- quella che comprende le fatture e le ricevute di pagamento riguardanti le spese sostenute sugli altri subalterni, per cui si è deciso di non fruire del bonus .
Questo non è stato fatto, tutti i preventivi, e relative fatture sono stati fatti a corpo sull' u.i. con unico proprietario, mi pare assurda una richiesta di specifica del genere, la suddivisione sarebbe comunque un calcolo fittizio.
In mancanza della suddetta"struttura amministrativa", la deduzione (in caso di verifica) potrebbe essere una fra queste due (intendo o l'una o l'altra):
1- la dichiarazione dei redditi è scorretta (sia perché le spese sono state imputate in modo scorretto sia perché i sottoscrittori non hanno titolo idoneo su quel subalterno)
2- i lavori sui subalterni (alloggio e pertinenza) dove abitano tua mamma e tuo fratello sono stati pagati in nero .
la 2 è totalmente dimostrabile l'infondatezza, ho tutti i preventivi e fatture con indicati i mq di tetto, facciate, gronde, verificabili in loco che provano che i lavori hanno riguardato l'intero edificio e non una parte di esso.
Grazie davvero a tutti, vi sto facendo perdere un pò del vs. prezioso tempo.
 
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cec

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Vi ringrazio tutti per i nuovi apporti, veniamo al dunque....
Appurato che il mio quesito è di difficile soluzione, un caso particolare, pare non ci sia una norma univoca per la mia situazione e fra di Voi chi è più possibilista e chi più negativo, visto che le spese di ristrutturazione sono state sostenute nel 2015 e 2016 dal padre (defunto) e dal fratello, prima dichiarazione 2016 e dichiarazione 2017 oggetto del quesito....il termine di decadenza per il disconoscimento delle detrazioni sarà rispettivamente 2020 e 2021.
Che tipo di sanzioni ci sono? Recupero della detrazione non dovuta e ???
Nulla abbiamo evaso o pagato in nero, c'è stato un errore (formale?) della commercialista nell'indicazione di un solo subalterno (per di più quello sbagliato) mentre non ho ancora trovato quale sia il riferimento normativo indicato da @Biz Consulting che “non posso fare un monte unico di spesa, perché ai fini della detrazione 50% non è consentito”, vi chiedo, perché non continuare la detrazione?
Io personalmente ne ho conclusa una decennale del 2001 sulla mia prima casa senza mai alcun controllo, sarò stata fortunata? Dipende da che tipo di controllo ci sarà, la competenza di chi verifica e poi ci sono argomentazioni per controbattere.
Chiedo un consiglio conclusivo: 1) detrarre tutta la parte del padre mio fratello e sommarla alla detrazione che già ha in corso 2) mio fratello prende una quota della detrazione del padre (ma quale quota?) mentre la mia e della madre andrebbero perse perché incapienti 3) mio fratello continua solo la sua detrazione in corso e il resto (somma importante) è perduto.
Naturalmente mi confronterò con la commercialista non appena saranno cessati i vostri graditi interventi di cui la informerò.
Perdonatemi per i termini “semplicistici” che uso, mi risulta difficile fare di meglio.
Grazie ancora, vedo almeno con piacere che l'argomento vi ha appassionato.
 
Ultima modifica:

Biz Consulting

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non ho ancora trovato quale sia il riferimento normativo indicato da @Biz Consulting che “non posso fare un monte unico di spesa, perché ai fini della detrazione 50% non è consentito”
Arti 16-bis, comma 1 del TUIR: "Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 36 (ndr: ORA 50%) per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro (ndr: ORA 96.000) per unita' immobiliare"
e meglio ancora specificato nella successiva lett. b dello stesso comma: "di cui alle lettere b), c) e d) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle singole unita' immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;"
Le spese vanno calcolate per unità immobiliare e non per edificio.
Se domani decideste di vendere uno dei due alloggi, considerato che in caso di trasferimento la detrazione passa in capo al nuovo proprietario (salvo diversi accordi fatti in sede di rogito), come fareste a calcolare quanta parte della detrazione spetta a quest'ultimo? A forfait?...

@cec, ora capisci perché potremmo continuare a discutere per giorni e non trovare una soluzione realmente efficace?
Senza una verifica di tutti i documenti tecnici e fiscali che hanno riguardato i lavori, stiamo solo facendo tanta bella teoria, in gran parte inutile.
Fai controllare i documenti da professionisti bravi e poi si può ragionare in modo concreto. Così non ha senso.
 

cec

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Fai controllare i documenti da professionisti bravi e poi si può ragionare in modo concreto. Così non ha senso.
Certo, un senso per me ce l'ha invece ... almeno ho capito, grazie al forum, gli errori commessi, le possibilità scartate (... mi era stato detto che mio marito, capiente, non avrebbe potuto godere delle detrazioni sull'appartamento della mamma perchè in comodato gratuito NON registrato e tu mi hai postato la giusta sentenza) e le varie criticità sul quesito. Grazie per il tempo dedicatomi
 

Dimaraz

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A monte di tutto questo, resta comunque il problema della contraddizione tra quanto indicato nei 730 di tuo padre e tuo fratello (spese per lavori effettuati solo sul subalterno che hai in comodato tu) e quanto riportato in CILA (lavori eseguiti su entrambi i subalterni e relative pertinenze). Gli allegati progettuali alla CILA descrivono in dettaglio le opere e non si può nascondere cosa è stato fatto.
In altre parole, quanto è verosimile che, se i lavori sono stati eseguiti su 4 subalterni, le spese per cui si richiede il bonus siano state imputate tutte su di uno solo?

La "contraddizione" si riduce ad un mero errore di indicazione (nel caso compilazione del commercialista=mancanza di cui dovrà eventualmente rispondere)

Per i lavori specificati:
La ristrutturazione ha riguardato le parti in comune, tetto, facciata e marciapiedi di entrambi gli appartamenti, di esclusiva proprietà di mia madre (in uno ci abita lei con il suo nucleo, nell'altro io con la mia famiglia in comodato gratuito). La CILA, una soltanto, è stata presentata a nome di mia mamma come titolare esclusiva dell'intervento, e con barrato che le opere riguardano parti comuni di fabbricato condominiale

e per quanto evidenziato non vedo dubbi "interpretativi" (fermo restando le "possibilità" dell'ispettore babbeo di turno).

Unico proprietario di un intero edificio
Qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni.
La locuzione “parti comuni di edificio residenziale” deve essere considerata in senso oggettivo e non soggettivo e va riferita, pertanto, alle parti comuni a più unità immobiliari e non alle parti comuni a più possessori (Circolare 11.05.1998 n. 121 risposta 2.6).

....

(ripeto che le circolari e le Guide dell' Agenzia delle Entrate non sono "Leggi" ma danno solo indirizzo interpretativo ai propri funzionari...finchè sono "favorevoli" si citano) .

Quanto sopra ovviamente vale finchè e per chi resta in vita.
Nello specifico del caso di @cec direi che:
-il fratello potrà continuare a detrarre tutte le quote a lui ascrivibili per pagamento fatto personalmente+quota parte (in base alla ripartizione successoria) delle detrazioni riferibili a pagamenti fatti dal padre.
-il coniuge e @ CEC potranno detrarre le rimanenti quote parti (con inevitabile perdita per la parte non capiente).





 

basty

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Riporto anche qui la conclusione, spero definitiva e convincente, su come debba essere interpretata la citazione della guida ed il famoso a prescindere

Per parti comuni si intendono quelle riferibili a più unità immobiliari funzionalmente autonome, a prescindere dall’esistenza di più proprietari

Il significato da me ipotizzato, è confermato dalla Circolare 11.05.1998 n. 121 risposta 2.6, ricordata da @Dimaraz , che ha come oggetto :
Articoli 1 (commi 1, 2, 3, 6 e 7) e 13 (comma 3) della legge 27 dicembre 1997, n. 449. - Interventi di recupero del patrimonio edilizio e di ripristino delle unita' immobiliari dichiarate o considerate inagibili in seguito agli eventi sismici verificatisi nelle regioni Emilia Romagna e Calabria. Ulteriori chiarimenti.

2.6. Unico proprietario di un intero edificio. Qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o piu' unita' immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni anche se in questo caso, dal punto di vista giuridico, non si configura la comunione prevista dal codice civile. Infatti, tenuto conto che la detrazione, per espressa previsione legislativa, compete sia al possessore che al detentore dell'immobile, si ritiene che la locuzione utilizzata dal legislatore, "parti comuni di edificio residenziale di cui all'articolo 1117" del codice civile, vada considerata in senso oggettivo e non soggettivo, riferibile, pertanto, alle parti comuni a piu' unita' immobiliari e non alle parti comuni a piu' possessori.

La conclusione, è esattamente ciò che ho cercato di ribadire come punto di partenza: e se il codice civile non ha pensato di dover esplicitamente trattare le "parti comuni" in assenza di condominio, ciò non toglie che esse siano analogicamente assimilabili alle medesime dove si configura la comunione condominiale.

La lingua italiana può a volte essere equivocabile: ma anche se lo fosse stata, a maggior ragione un consulente di un contribuente dovrebbe trarne vantaggio, e non assumere un atteggiamento da fiscalista talebano, o se si preferisce una più consueta espressione delle mie parti, "essere più realista del Re".

Superato questo scoglio, ritengo altrettanto lecito desumere che tutti i soggetti coinvolti possano ritenersi detentori diretti delle parti dell'immobile oggetto dell'intervento straordinario, e conseguentemente sia il fratello (e madre) sia la sorella potranno continuare a detrarre le spese pro quota realmente sostenuta+ quota del padre ripartita nelle medesime proporzioni successorie (presumo 1/3 ciascuno a madre e i due figli) fino a relativa capienza dei rispettivi redditi.

Nulla è stato ribadito se esista la possibilità di cedere parte di tali importi agli eredi con più capienza: immagino sia tecnicamente da escludere

Opportuno comunque preparare una risposta o correzione, in merito alla impropria attribuzione al singolo sub , oltre che alla infelice attribuzione al sub sbagliato.
 

Biz Consulting

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Buongiorno a tutti, risponde il "fiscalista talebano".
Visto che la discussione sembra sempre più tesa a giudicare le mie considerazioni, piuttosto che a trovare delle soluzioni concrete per @cec, vorrei mettere qualche punto fermo.

IL NOSTRO MODO DI AIUTARE
Innanzitutto, spiego meglio quale sia, secondo me e tutti i colleghi del mio studio, la missione di un consulente davvero utile.
Il nostro obiettivo è fare in modo che il cliente che ci chiede aiuto abbia tutte le carte in regola e rispetti ogni condizione prevista dalla normativa tecnica e fiscale (e giuridica) per richiedere i bonus casa. Ma, soprattutto, che sia pronto ad affrontare un'eventuale ispezione.
Noi siamo l'avvocato del diavolo, coloro che devono trovare ogni minimo cavillo che potrebbe causare un danno al cliente e preparare le giuste contromisure. Ci facciamo pagare per mettere al sicuro il beneficio fiscale richiesto e non solo per farlo ottenere.
Di fatto, il consulente "efficace" offre la sua professionalità e le sue competenze per evitare al cliente qualsiasi problema con le leggi (non esclusivamente con il Fisco) e non unicamente per procurargli un vantaggio a tutti i costi che, magari, è solo apparente.
Questo non vuol dire attenersi minuziosamente ai pareri del Fisco. Anzi, in alcuni casi abbiamo fatto l'esatto contrario rispetto alle sue interpretazioni e più avanti farò un esempio.
Insomma, noi ci assumiamo una responsabilità. Se diamo dei consigli, anche a titolo gratuito, lo facciamo mettendoci la faccia, sempre.
Nei forum ciò accade assai di rado: quasi tutti i partecipanti usano pseudonimi e non sono identificabili (professionisti compresi): chiunque può dire quello vuole, tanto nessuno sa chi è.
Ma quando c'è di mezzo la legge e il patrimonio di chi cerca consigli, bisogna usare coscienza.
Noi, come credo abbiate potuto notare tutti, siamo molto ben riconoscibili: c'è il nome del nostro studio, il nostro logo e, spesso, mettiamo riferimenti al nostro sito. Quindi è impossibile nasconderci.
Non crediate che la cosa sia stata studiata per farci pubblicità gratuita (fortunatamente, al momento, non ne abbiamo bisogno).
Al contrario: è più facile che questa scelta ci esponga a critiche anziché portarci clienti.
Ma chi fa il consulente perché ci crede davvero ha dentro di sé lo spirito solidale, che lo porta ad aiutare.
Non voglio passare per benefattore o per uomo pio ed è ovvio che, quando si supera il confine del veloce consiglio, la professionalità vada pagata.
Ma un primo aiuto "a babbo morto", io e i colleghi, non lo neghiamo mai a nessuno.

PERCHÉ RITENIAMO CORRETTO QUESTO MODO DI AIUTARE
I bonus casa esistono da decenni e di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Sono cambiate le normative, sono cambiati i governi e sono cambiati i controlli.
In tutto questo tempo il Fisco ha emanato centinaia di circolari e risoluzioni che, come giustamente dice @Dimaraz ogni volta che ne cita una, non fanno legge.
Infatti, l'Agenzia delle Entrate è un organo di controllo: non può legiferare né le sue interpretazioni hanno consistenza giuridica, senza avvallamento di un tribunale amministrativo o dei ministeri di competenza.
E, purtroppo (o per fortuna), non è raro che essa venga smentita.
Vi faccio solo qualche esempio, ma ne potrei citare diversi altri:
1- nella guida al bonus mobili c'è una FAQ in cui sostiene che il cambio della caldaia sia, di norma, una manutenzione straordinaria. Dunque, se effettuata, dà diritto ad accedere sia al bonus ristrutturazioni che al bonus mobili. Peccato che la normativa tecnica e diversi tribunali sostengano esattamente il contrario: quasi mai la sostituzione di un generatore di calore è manutenzione straordinaria. Ne ho parlato in modo approfondito in questo post (dove, se vi va, potete trovare tutti i riferimenti normativi del caso)
2- nella guida all'Ecobonus sono anni che essa sostiene che "I titolari di reddito d’impresa possono fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali da essi utilizzati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 340/2008)." Molti colleghi, noi compresi, abbiamo sempre pensato che fosse una considerazione arbitraria e priva di ogni fondamento normativo e, guarda caso, è già da qualche anno che le varie coorti amministrative ci danno ragione (qui l'esempio più recente).
Non parliamo poi del caso dei portoncini blindati (2007-2008), che l'Agenzia sosteneva non essere detraibili con l'Ecobonus perché non considerabili "infissi", in quanto privi di superficie vetrata...
Ovviamente è stata smentita da tutti i Ministeri di competenza l'anno successivo. Ma, intanto, per un anno intero, la maggior parte dei contribuenti non ha voluto rischiare di portarli in detrazione, per evitare sanzioni.
Ai nostri clienti noi abbiamo consigliato di richiedere la detrazione comunque (come vedi @basty noi non siamo sempre talebani), dato che i portoncini rispettavano del tutto i parametri tecnici definiti da decreto.
Tutte le suddette magagne burocratiche abbiamo cercato di rilevarle, di studiarle e di trovarne vie d'uscita fondate e sostenibili in caso di verifiche.
Questo modo di operare può risultare pignolo, lungo e, non lo nego, antipatico, addirittura ai clienti.
Fatto sta che nessuno degli oltre 2000 clienti seguiti in 12 anni di consulenze ha ricevuto sanzioni, anche a seguito di cause amministrative (talvolta durate anni).
Alcuni di quelli che hanno subito un controllo ci hanno perfino detto di aver ricevuto i complimenti degli ispettori per l'ordine e la chiarezza della documentazione prodotta.
Morale della favola: i risultati ottenuti e i ringraziamenti post-consulenza ci stanno dando ragione.

IL NOSTRO MODO DI OPERARE APPLICATO AL CASO DI @cec
Se rileggete dall'inizio ogni intervento fatto in questa discussione, noterete che nessuno, prima che subentrassi io, si è preoccupato di chiedere a @cec cosa fosse stato indicato nei vari documenti ufficiali inerenti gli interventi, primi su tutti i 730 di padre e fratello.
Partire dalla verifica di conformità delle scartoffie depositate presso qualunque ente di competenza è in assoluto l'inizio più corretto.
Infatti il contenuto di quei documenti ha un'importante valenza in sede di controllo: puoi sbagliare anche in buona fede, ma sempre di errore si tratta e questo sposta di molto l'ago della bilancia e l'approfondimento della verifica.
Non so se a qualcuno di voi è mai capitato di seguire un Telefisco. In tali occasioni, gli incaricati dell'Agenzia non mancano mai di sottolineare che l'ordine e la precisione nelle incombenze formali e burocratiche è un'ottima presentazione quando vengono effettuati in controlli.
Il messaggio subliminale è: più ci rendi agevole la vita se veniamo a bussare alla tua porta, più è probabile che ne uscirai indenne.
Chi ha subito controlli sa cosa vuol dire avere qualche difformità in tal senso: ore, pazienza e (spesso) denaro che se ne vanno.
Stabilito che i 730 dei familiari di @cec vanno assolutamente corretti (sempre che ce ne sia ancora modo), passiamo alla CILA.
Vi allego l'estratto del quadro incriminato. Prima di tutto leggete bene il suo titolo: "Opere su parti comuni o modifiche esterne". Già solo quella"o" fa capire che una modifica esterna potrebbe riguardare parti non comuni.
Proseguite e leggete con attenzione le 4 opzioni, raffrontatele al caso di @cec e pensate quale di esse sia quella idonea a rappresentarne la situazione reale.
Non so se abbiate competenze tecniche e abbiate mai compilato una CILA, ma mi interesserebbe avere il vostro parere.
Volete sapere cosa hanno risposto i due architetti, il geometra e l'ingegnere con cui collaboro (ovviamente interpellati in separata sede per non influenzarli) che redigono CILA quotidianamente? Opzione b1.
Questo significa che esiste un'incongruenza nella documentazione tecnica presentata al Comune. Per dovere di cronaca, ricordo che il Comune non ha facoltà di controllare preliminarmente la veridicità di quanto indicato nella CILA, ma la responsabilità di ogni difformità va in capo al tecnico redattore e al titolare della CILA stessa (in questo caso la mamma di @cec).
Di fatto nella CILA ci sono queste due esplicite diciture:
1- "Il progettista, in qualità di tecnico asseverante, preso atto di assumere la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 del Codice Penale, consapevole che le dichiarazioni false, la falsità negli atti e l'uso di atti falsi comportano l'applicazione delle sanzioni penali previste dagli artt. 75 e 76 del d.P.R. n. 445/2000, sotto la propria responsabilità"
2- "Il titolare, consapevole delle pene stabilite per false attestazioni e mendaci dichiarazioni ai sensi dell’articolo 76 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e degli artt. 483,495 e 496 del Codice Penale e che inoltre, qualora dal controllo effettuato emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione resa, decadrà dai benefici conseguenti al provvedimento conseguito sulla base della dichiarazione non veritiera ai sensi dell’articolo 75 del d.P.R. n. 445/2000, sotto la propria responsabilità"

Che ne dite, sarebbe il caso di chiedere al Comune se e come sanare anche questa cosuccia?...
Vi faccio presente anche un altro particolare: come ha fatto giustamente notare @Dimaraz, le interpretazioni date dal Fisco vanno prese con le molle e, al massimo, applicate al contesto per le quali sono state espresse.
Mi riferisco a questa opinabile interpretazione:
Unico proprietario di un intero edificio
Qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni.
La locuzione “parti comuni di edificio residenziale” deve essere considerata in senso oggettivo e non soggettivo e va riferita, pertanto, alle parti comuni a più unità immobiliari e non alle parti comuni a più possessori (Circolare 11.05.1998 n. 121 risposta 2.6).
Il primo periodo dell'interpretazione è pleonastico. Infatti, è scontato che il proprietario di un edificio residenziale abbia sempre e comunque il diritto di disporre fiscalmente (e non solo) di esso "in modo pieno ed esclusivo" (cit. art. 832 del C.C.), poiché è un diritto che gli riserva il Codice Civile.
Tanto è vero che egli ha facoltà di detrarre le spese sostenute per la ristrutturazione di un suo immobile seppure in quel momento è ceduto in locazione a terzi, i quali ne hanno, dunque, la temporanea detenzione materiale e diretta.
Veniamo al secondo periodo: sapete cosa identifica inequivocabilmente in modo catastalmente certificato le componenti dell'edificio ad uso comune al di fuori dell'ambito condominiale? Sono i cosiddetti "Beni comuni non censibili".
In questo post trovate una spiegazione dettagliata di cosa siano, del fatto che abbiano valenza catastale (e non per interpretazione) e tutti i riferimenti di legge che li riguardano.
Non è raro che si faccia una variazione catastale (introducendoli) quando si presentano situazioni (vedi il caso di affitti o comodati dove comunque può anche solo esserci un unico proprietario) che potrebbero portare a problemi fra più utilizzatori delle componenti di uno stabile.
Le sezioni comuni di un edificio possono essere usate in modo equamente suddiviso fra gli abitanti dello stesso, ma nessuno ne può rivendicare per intero la disponibilità, salvo il proprietario.
Teniamo sempre comunque ben presente che:
- l'interpretazione è inserita in una Circolare vecchia di 20 anni e, nel frattempo, c'è stata nel 2012 una riforma della legge sul condomino, che ha modificato diversi articoli del Codice Civile, ma non ha assolutamente introdotto una definizione di "parte comune" che si basi solo sull'utilizzo di un bene e non anche sulla proprietà. Se fosse stata "intenzione del legislatore" introdurre questo concetto, pensate che non avrebbe colto occasione per farlo in questa situazione?
- nel caso di @cec non si tratta di ereditare la detrazione da un proprietario, ma da un suo familiare convivente, che non deteneva alcun titolo di proprietà né diritto reale sull'edificio. Semplicemente gli era consentito detrarre le spese sull'unità immobiliare (e relative pertinenze) in cui si esplicava la convivenza e di cui aveva la detenzione diretta e materiale.

Si fosse trattato di un alloggio all'interno di un condominio, ci sarebbero state le quote millesimali a determinare senza ombra di dubbio la quota parte di detrazione spettante sulle parti comuni, proprio perché esse esistono e si possono frazionare sulla base del diritto di proprietà.
Nel caso di @cec, in assenza di un documento ufficiale certificato che determini esattamente di quanta parte di tetto, facciata e marciapiedi dell'edificio sia consentito l'uso comune, al massimo si può presupporre una suddivisione al 50%. Ma anche questa sarebbe una supposizione arbitraria e opinabile.
Prendendola comunque per vera, il fratello e il padre avrebbero potuto farsi carico anche di tutta la spesa per la loro risistemazione ma, in quanto familiari conviventi e non proprietari, avrebbero potuto fruire della detrazione per ristrutturazione solo solo sulla metà di essa.
Esempio pratico:
- spesa totale risistemazione: 100.000 euro
- spesa su cui i familiari convivente hanno diritto a detrarre in quanto utilizzatori diretti solo della metà dei beni: 50.000 euro
- detrazione fruibile dai familiari conviventi: 25.000 euro (da dividere pro quota sulla base delle spese realmente sostenute)

CONCLUSIONI
Innanzitutto urge provvedere alla correzioni della documentazione tecnica e fiscale che presenta incongruenze ed errori. Mi sembra che su questo non ci siano dubbi.
In secondo luogo, non essendoci alcuna normativa, sentenza né risposta del Fisco ad interpello (almeno io non ne ho trovate) che prendano in esame un caso analogo, l'unico modo per avere la certezza di quanto e come possano detrarre gli eredi capienti del familiare convivente deceduto è quella di presentare un interpello formale all'Agenzia delle Entrate (fermo restando che, per quanto detto in precedenza, quest'ultimo potrebbe comunque essere un documento passibile di opposizione in sede giudiziaria).
Questa, ad avviso mio e dei miei colleghi, è la sola soluzione a prova di verifica che metterebbe al sicuro e i familiari di @cec.

Mi scuso per la prolissità che ho usato in questa risposta, ma la ritenevo indispensabile per:
1- far comprendere meglio la ratio di questi e di tutti gli altri miei interventi nel forum
2- dare a @cec una direzione cauta e concreta da intraprendere (seppur non risolutiva al 100%) per evitare problemi che potrebbero essere molto onerosi.

So che è più facile ascoltare i pareri a proprio favore ma, quando ci sono di mezzo leggi, soldi e tasse, è ancor più ragionevole muoversi con la massima cautela.
Ovviamente liberissimi tutti di avere pareri diversi dai miei e di continuare a dare i suggerimenti che si ritengono più opportuni.
Meno male che esiste il confronto!
 

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