Nemesis

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Allora neanche il mio avvocato e quello della controparte....
Sì, se sostengono che "con l' acquiescienza si riconosce la validità del testamento, ma nulla riguardo le quote che sono disposte in esso".
L'acquiescenza è alle disposizioni testamentarie. Quindi è una rinuncia espressa all'azione di riduzione.
 

ermi69

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Aggiornamento.

Ho richiesto un altro parere sulla questione.

Riporto la risposta.

"La questione che è stata posta impegna, da oltre mezzo secolo, la giurisprudenza, anche di legittimità e la migliore dottrina (Ferri, Azzariti, Santoro-Passarelli tra gli altri).
Si cercherà, quindi, di fornire una risposta esauriente ma sintetica, considerata la complessità della materia, partendo da una breve analisi del negozio testamentario.

Esso è disciplinato dall’art. 587 c.c., che afferma: “Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”. Si tratta di un negozio giuridico formale che si deve estrinsecare nelle forme previste dal legislatore agli artt. 601 e seguenti del c.c.: testamento olografo, per atto di notaio (segreto o pubblico) e testamenti speciali.

Nel caso che ci occupa, il testamento è olografo, quindi, è: scritto, datato e sottoscritto di mano del testatore (ex art. 602 c.c.). I requisiti di tale tipo di testamento sono la scritturazione per intero di mano del testatore, la data, la sottoscrizione. Alla morte del testatore, chiunque è in possesso di un testamento olografo deve presentarlo ad un notaio per la pubblicazione.
Quest’ultimo procede predisponendo il verbale di pubblicazione alla presenza di due testimoni. All’atto viene allegato: un estratto dell’atto di morte e la carta su cui è scritto il testamento, vidimata dal notaio e dai testimoni (art. 620 c.c.).
Nel verbale di pubblicazione del testamento olografo il notaio provvede alla mera trascrizione del contenuto del testamento.
La pubblicazione del testamento non è requisito di validità o efficacia dello stesso ma ne consente l’esecuzione (ex art. 620, comma V, c.c.). La pubblicazione, quindi, è l’atto prodromico per procedere all’esecuzione coattiva del testamento, alla trascrizione dei legati, alla denuncia di successione e alla volturazione delle intestazioni catastali.

Nel caso di specie è avvenuto che i chiamati all’eredità fossero presenti al momento della pubblicazione del testamento e avanti il notaio avrebbero dichiarato di prestare: “…omissis… piena acquiescenza al testamento suddetto e alle disposizioni testamentarie come sopra interpretate”.
Si può, quindi, presumere che successivamente alla pubblicazione, il notaio abbia anche provveduto alla trascrizione delle disposizioni testamentarie ai sensi dell’art. 2648 c.c..

È quindi, necessario, ora, analizzare l’istituto dell’acquiescenza.
L’acquiescenza conosciuta nell’ambito processualcivilistico (art. 329 cpc) è un fatto giuridico non un negozio. Essa consiste nella consapevole accettazione di effetti sfavorevoli, pur se non per mezzo di una dichiarazione di volontà espressa. Essa è un istituto giuridico che presupponendo un conflitto di interessi tra il titolare del diritto leso e la controparte, necessita di una pronuncia giudiziale per ottenere una valutazione di preminenza dell’uno rispetto all’altro.
L’acquiescenza, per poter riverberare i propri effetti in concreto, necessita di una pronuncia giudiziale. In altre parole, non può che essere il Tribunale chiamato a decidere, a valutare se tutti i fatti e gli atti compiuti dai chiamati siano idonei, o meno, a confermare la volontà di dar corso alle disposizioni testamentarie. Pertanto, l’istituto dell’acquiescenza, in sé e per sé considerato, è estraneo all’ambito dell’autonomia privata e, conseguentemente, anche all’attività notarile.

Pertanto, sembrerebbe potersi già concludere sostenendo che la mera dichiarazione di acquiescenza resa dai chiamati all’eredità al momento della pubblicazione del testamento, non sia idonea a precludere agli stessi la possibilità di agire, ad esempio, con un’azione di riduzione per lesione di legittima.
Parrebbe, quindi, di poter aderire alla conclusione a cui è giunto il collega precedentemente interpellato.

Si potrebbe, però, giungere ad una conclusione diametralmente opposta, qualora si potessero analizzare nello specifico, ulteriori elementi della fattispecie che ci occupa.
Se, infatti, successivamente alla pubblicazione del testamento, nella dinamica della regolazione dei reciproci rapporti tra chiamati all’eredità, questi ultimi hanno dato corso alle disposizioni testamentarie, ponendo in essere, ad esempio, gli atti successivi e prodromici alla trascrizione degli acquisti immobiliari in favore degli assegnatari in conformità a quanto riportato nel testamento, eventualmente, anche disponendo degli stessi immobili o beni mobili caduti in successione (mediante ad esempio, successivi atti inter vivos), ciò non potrebbe che far propendere per la perdita della possibilità di agire per la tutela di eventuali diritti lesi.
Vero è che la sola dichiarazione di acquiescenza e la mera pubblicazione del testamento non sono idonee alla conferma dello stesso (Cass. 2273/1969) ma è anche vero che qualora fosse stato dato corso alle successive trascrizioni ed intestazioni da parte dei chiamati all’eredità, tale dichiarazione, unita agli atti successivi, ben potrebbe far propendere per la conferma della volontà di dare attuazione all’atto mortis causa, con conseguente perdita del diritto ad agire per ottenere ragione di eventuali diritti lesi dalle disposizioni del de cuius.

In conclusione, la dichiarazione prestata dai chiamati, in sé e per sé considerata, non pregiudica la possibilità per gli stessi di agire.
Qualora, invece, alla dichiarazione fossero seguiti ulteriori atti a conferma ed in esecuzione delle disposizioni testamentarie, coloro che li avessero posti in essere o, comunque, assecondati e/o accettati, vedrebbero preclusa la possibilità di ottenere in sede giudiziale quanto preteso.
In quest’ultimo caso, solamente una pronuncia del Tribunale competente potrebbe statuire in ordine ai precisi effetti conseguenti alla dichiarazione resa ed atti scaturiti dalla volontà dei chiamati.
E tale la valutazione sarebbe rimessa al prudente apprezzamento del Giudice."

Aggiungo che nipote1 ha ricevuto gli assegni da parte delle banche in cui la de cuius aveva i conti correnti....questo può essere considerato come conferma delle volontà testamentarie e rinuncia alla tutela dei diritti lesi? (..come riportato nella risposta avuta)
 

ermi69

Membro Attivo
Proprietario Casa
Letto ora in una guida del notariato riguardo le successioni:

"...Si può ricorrere al legato anche per riconoscere a un congiunto la legittima (vedi capitolo “La successione ‘necessaria’: i diritti dei legittimari”). In questo caso si parla di legato in so-
stituzione di legittima. Al beneficiario è sempre riconosciuto il diritto di rinunciare al legato e chiedere la legittima, acquisendo la qualità di erede; se, invece, preferisce conseguire il legato, perde il diritto a chiedere un supplemento nel caso in cui il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, salva diversa disposizione del testatore, e non acquista la qualità di erede...."

Nipote1 è un erede legittimo, in quanto figlio di un figlio premorto.
Ma nel testamento vengono nominati eredi universali figlio1 e figlio2, mentre a nipote1 viene concesso un legato (i saldi di due conti correnti).
Accettando il legato, perde la possibilità di acquisire la qualità di erede pur essendo un erede legittimo?
Essere legatario esclude l' essere erede?
 

Gianco

Membro Storico
Professionista
Il testamento attinge dalla quota disponibile. Pertanto il legittimario ha diritto alla sua quota di eredità, a meno che il testatore volesse garantire al nipote, godendo della quota a lui spettante, quel bene specifico.
 

marcanto

Membro Senior
Professionista
L'intervento posto in essere nel #14 direi che per certi versi stravolge le convinzioni di molti (anche del sottoscritto) in merito alla dichiarazione di Acquiescenza ed alla sua effettiva efficacia.
Sarebbe interessante se fosse indicata/rivelata la fonte della stessa risposta.
Conoscendone la fonte si potrebbe dare anche una maggiore attendibilità all'intero postulato, non dico che non sia attendibile ma conoscerne la fonte sarebbe meglio.
 

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