paoletto75

Nuovo Iscritto
Buongiorno a tutti.

Vi scrivo in merito a un tema per il quale ho dei dubbi : l'enfiteusi per i terreni agricoli.

Mio padre ha dei terreni agricoli e risulta al catasto come livellario (ormai enfiteuta). Sono ormai da molti anni (più di 20 anni) che non paga più nessun canone (non paga perchè non dovuto e non richiesto da nessuno) per questi terreni.
Da un pò di tempo "gira" la voce, nel suo paese, che il Comune (concedente i terreni) chiederebbe il pagamento di una certa somma all' anno.
Le mie domande sono:

1)In basa a quale legge il Comune può chiedere questa somma da pagare all'anno, visto che fino ad oggi nessuno ha pagato nulla su questi terreni? A voi risulta questa cosa?
Io personalmente ho fatto delle ricerche su internet, ma non risulterebbe questa cosa.

2)Trascorso un periodo di tempo (mi sembra 20 anni) è vero che questi terreni diventerebbero di proprietà dell'enfiteuta, anche senza esercitare il diritto di affrancazione?

3)In merito alla riforma dell'onorevole Calderoli (che avrebbe eliminato alcune leggi), ho letto su un quotidiano che anche la legge che regola l'enfiteusi dei terreni rientrerebbe in questa riforma Calderoli.
Cosa c'è di vero in questa cosa?

Mi scuso se mi sono dilungato troppo, Vi ringrazio per il Vostro aiuto,

Cordialmente,

Paolo.
 

Salvatore Schiavone

Membro dello Staff
L'enfiteusi è regolata dal codice civile e non mi risulta che Calderoli l'abbia abrogata o modificata.
Quanto alla sua domenda, mi sembra di poter dire a naso che se suo padre si è comportato come proprietario del fondo, nel senso che lo ha coltivato e recintato, escludendo chiuque altro dal suo godimento e senza pagare alcun canone, potrebbe darsi che abbia acquistato la proprietà a titolo originario per usucapione, essendo ormai decorsi 20 anni (a tal le risultanze catastali non fanno testo, nel senso che non sono decisive, perché costituiscono solo un indizio e non una prova diretta dell'enfiteusi). Quindi, nel caso in cui il Comune avanzasse delle pretese di pagamento del (presunto) canone, occorrerà fare opposizione e chiedere al Tribunale di accertare in via riconvenzionale l'acquisto della proprietà mediante usucapione.
 

Birillo

Nuovo Iscritto
Sicuramente l'atto di provenienza riporta l'esistenza di enfiteusi chiamandolo "utile dominio". Tante volte nelle visure catastali si perde tale dicitura, ma si sa che il catatsto non è probatorio. L'usucapione poi non credo sia applicabile proprio perchè il contratto di enfiteusi sicuramente parlerà di un canone enfiteutico da pagarsi, in questo caso al Comune. Tieni comunque conto che per usucapire un terreno occorre fare istanza al Giudice il quale chiederà dei testimoni etc: ci vorrà almeno un anno per venirne a capo con ttte le spese legate alle lungaggini giudiziarie.
Dal mio punto di vista è un bene che il concedente sia un ente (il Comune) e non un privato (tante vlte le visure catastali riportano un nome ed un cognome di una persona passata a miglior vita da un paio di generazioni!) in quanto si puo' sempre chiedere l'affrancazione del terreno pagando 15 canoni enfiteutici rivalutati. Il Comune non si puo' opporre, anzi posso garantirti che in alcuni Comuni - ove l'enfiteusi è molto presente - il Consiglio ha stabilito delle tariffe fisse per chiunque voglia affrancare dei terreni. Tienici informati!
 

Vito Vincenzo Di Turi

Nuovo Iscritto
Per dare risposta al quesito è necessario, innanzitutto, accertare la natura del canone.
Se trattasi di canone dovuto al Comune certamente è stato a suo tempo costituito di terre civiche quotizzate (canone di quotizzazione) o su terre civiche abusivamente occupate e poi legittimate (canone di legittimazione impropriamente chiamato canone enfiteutico).
Va rimarcato il fatto che sia le terre civiche sia il canone sono inalienabili, inusucapibili, imprescrittibili ed incommerciabili fino all'affrancazione del canone da chiedersi alla Regione oppure al Comune, quale Ente esponenziale, a seconda delle leggi in vigore nella Regione di appartenenza.
L'enfiteusi, il canone enfiteutico e l'affrancazione del canone enfiteutico ricadono nella disciplina del Codice Civile. Accertato la natura del canone per l'affrancazione si farà riferimento alla legge 16 giugno 1927, n. 1766 ed alle Leggi Regionali se il canone riguarda terre civiche, si farà ricorso alle norme del C.C. se trattasi di enfiteusi fra privati.
 

mlabriola

Membro Attivo
Livello

Il livello (etimologicamente livello deriva da libellus, vale a dire il documento che incartava il contratto, nel quale erano previsti e specificati gli obblighi gravanti sul livellario), o precario, figura appartenente al diritto intermedio, traeva vita da una stipulazione in forza della quale un bene immobile, per lo più un fondo, veniva alienato per un certo termine verso il corrispettivo di un canone livellario (anche detto censo). Alla scadenza prevista il contratto era rinnovabile, in esito al versamento di un ulteriore canone livellario. Erano concessi a livello molti beni della Chiesa che in questo modo, da un lato, aderiva alla richiesta di concessione del temporaneo godimento (allo scopo di coltivazione, di abitazione) da parte dei singoli, dall'altro, evitava di perdere la proprietà del bene.

Il livellario era gravato non soltanto dell'obbligazione di pagare il canone, bensì anche di migliorare il bene. In questo senso il tenore del titolo poteva variamente atteggiarsi, prescrivendo l'obbligatorietà di prestazioni anche di natura personale. Il livello si può dire confluito nella figura dell'enfiteusi, la cui normativa venne dichiarata applicabile anche ai primi.

Sulle visure catastali è possibile trovare, nell'intestazione, la dicitura "Comune Concedente" e ditta "livellario" o "enfiteuta"; tale dicitura può nascondere almeno quattro casi:

- un terreno civico arbitrariamente occupato (usurpo) rientrante nel patrimonio indisponibile del Comune;

- un terreno allodiale ex civico e gravato da un canone (demaniale) di natura enfiteutica;

- un terreno civico oggetto di quotizzazione ai sensi della Legge 1766/1927, concesso a titolo di enfiteusi;

- un terreno non civico rientrante nel patrimonio disponibile dell'ente e dato in enfiteusi ai sensi del Codice Civile; in considerazione delle caratteristiche che ha assunto il diritto di “livello” nel corso della sua evoluzione storica, la giurisprudenza di legittimità in più occasioni ha peraltro avuto modo di equipararlo ad un diritto di enfiteusi (Cass. civ. sez. III n. 64/1997 e, meno recentemente, Cass. n. 1366/1961 e Cass. 1682/1963 – E1) e pertanto ad un diritto reale di godimento su fondo altrui.
 

mlabriola

Membro Attivo
2)Trascorso un periodo di tempo (mi sembra 20 anni) è vero che questi terreni diventerebbero di proprietà dell'enfiteuta, anche senza esercitare il diritto di affrancazione?

Il diritto del concedente a riscuotere il canone non si estingue per usucapione per il preciso disposto dell’art. 1164 del Codice Civile: si può usucapire solo il diritto dell'enfiteuta, mentre il dominio diretto è imprescrittibile; ai sensi dell'art. 1164 del Codice Civile (e prima ancora l'art. 2116 del vecchio Codice Civile abrogato), l'enfiteuta non può usucapire il diritto del concedente; secondo svariate pronunce della cassazione (4231/76 - 323/73 - 2904/62 - 2100/60 - 177/46), tutte concordi, "l’omesso pagamento del canone, per qualsiasi tempo protratto, non giova a mutarne il titolo del possesso, neppure nel singolare caso sia stata attribuita dalle parti efficacia ricognitiva".

L’esercizio del potere di ricognizione di cui all'art. 969 si applica solo per le enfiteusi a tempo (casi singolari), e non riguarda quindi le enfiteusi perpetue: ai sensi dell’art. 958 del Codice Civile le enfiteusi sono perpetue quando non viene stabilita la durata; le enfiteusi in cui non viene fissato un termine sono a tutti gli effetti perpetue; come tali, non va esercitato nessun potere di ricognizione in quanto, ai sensi dell’art. 1164 del Codice Civile, se non muta il titolo del possesso dell’enfiteuta, tale enfiteuta non può usucapire la proprietà e quindi il canone non è prescritto; la ricognizione è un diritto riconosciuto al concedente (e non un dovere) per impedire all'ex enfiteuta (ma solo per le enfiteusi a tempo, dopo la loro scadenza) di usucapire il terreno. "Trattasi, quindi, di una mera facoltà e non di un obbligo, nel senso che il concedente, se non vuole esercitarla, non perde, per ciò solo, il suo diritto sulla cosa" (Cassazione n. 2904 del 10/10/1962).

In pratica, la corretta applicazione dell'art. 1164 del C.C. (chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il Titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il Titolo del possesso è stato mutato) prevede che, chi volesse usucapire il diritto del concedente, dovrebbe innanzitutto fare opposizione contro il diritto del proprietario e solo dopo 20 anni può usucapire, dinanzi ad un giudice, la piena proprietà.

Aggiunto dopo 3 minuti ....

3)In merito alla riforma dell'onorevole Calderoli (che avrebbe eliminato alcune leggi), ho letto su un quotidiano che anche la legge che regola l'enfiteusi dei terreni rientrerebbe in questa riforma Calderoli.
Cosa c'è di vero in questa cosa?

c'è di vero che la LEGGE 29 gennaio 1974, n. 16 (Rinuncia ai diritti di credito inferiori a lire mille) è stata abrogata:

Art. 1.
Sono estinti i rapporti perpetui reali e personali, costituiti anteriormente alla data del 28 ottobre 1941,in forza dei quali le amministrazioni e le aziende autonome dello stato, comprese l'amministrazione del fondo per il culto, l'amministrazione del fondo di beneficienza e di religione nella città di roma e l'amministrazione dei patrimoni riuniti ex economali hanno il diritto di riscuotere canoni enfiteutici, censi, livelli e altre prestazioni in denaro o in derrate,in misura inferiore a lire 1.000 annue.
L'equivalente in denaro delle prestazioni in derrate corrisposte annualmente in quantità fissa o variabile sarà determinato con gli stessi criteri stabiliti dall' articolo 1 della legge 22 luglio 1966,n.607.
(PROVVEDIMENTO ABROGATO DAL D.L. 25 GIUGNO 2008, N. 112, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 6 AGOSTO 2008, N. 133).

Art. 2.
Gli uffici che provvedono alla riscossione delle prestazioni di cui all' articolo 1, procederanno, senza alcun onere per i debitori,alla chiusura delle relative partite di credito, dandone comunicazione agli obbligati iscritti nei libri debitori nonché agli altri uffici interessati.
(PROVVEDIMENTO ABROGATO DAL D.L. 25 GIUGNO 2008, N. 112, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 6 AGOSTO 2008, N. 133).

Aggiunto dopo 1 ....

1)In basa a quale legge il Comune può chiedere questa somma da pagare all'anno, visto che fino ad oggi nessuno ha pagato nulla su questi terreni? A voi risulta questa cosa?
Io personalmente ho fatto delle ricerche su internet, ma non risulterebbe questa cosa.

Il livello (etimologicamente livello deriva da libellus, vale a dire il documento che incartava il contratto, nel quale erano previsti e specificati gli obblighi gravanti sul livellario), o precario, figura appartenente al diritto intermedio, traeva vita da una stipulazione in forza della quale un bene immobile, per lo più un fondo, veniva alienato per un certo termine verso il corrispettivo di un canone livellario (anche detto censo). Alla scadenza prevista il contratto era rinnovabile, in esito al versamento di un ulteriore canone livellario. Erano concessi a livello molti beni della Chiesa che in questo modo, da un lato, aderiva alla richiesta di concessione del temporaneo godimento (allo scopo di coltivazione, di abitazione) da parte dei singoli, dall'altro, evitava di perdere la proprietà del bene.

Il livellario era gravato non soltanto dell'obbligazione di pagare il canone, bensì anche di migliorare il bene. In questo senso il tenore del titolo poteva variamente atteggiarsi, prescrivendo l'obbligatorietà di prestazioni anche di natura personale. Il livello si può dire confluito nella figura dell'enfiteusi, la cui normativa venne dichiarata applicabile anche ai primi.

Sulle visure catastali è possibile trovare, nell'intestazione, la dicitura "Comune Concedente" e ditta "livellario" o "enfiteuta"; tale dicitura può nascondere almeno quattro casi:

1) un terreno civico arbitrariamente occupato (usurpo) rientrante nel patrimonio indisponibile del Comune;

2) un terreno allodiale ex civico e gravato da un canone (demaniale) di natura enfiteutica;

3) un terreno civico oggetto di quotizzazione ai sensi della Legge 1766/1927, concesso a titolo di enfiteusi;

4) un terreno non civico rientrante nel patrimonio disponibile dell'ente e dato in enfiteusi ai sensi del Codice Civile; in considerazione delle caratteristiche che ha assunto il diritto di “livello” nel corso della sua evoluzione storica, la giurisprudenza di legittimità in più occasioni ha peraltro avuto modo di equipararlo ad un diritto di enfiteusi (Cass. civ. sez. III n. 64/1997 e, meno recentemente, Cass. n. 1366/1961 e Cass. 1682/1963 – E1) e pertanto ad un diritto reale di godimento su fondo altrui.

Aggiunto dopo 1 ....

nel primo caso: ai sensi dell'art. 9 della Legge n.1766 del 1927, arbitrario occupatore è colui che, trovandosi in possesso di terre in origine comune (ossia demaniali), non sia in grado di produrre a giustificazione del suo possesso un titolo, oppure questo non sia riconosciuto valido a norma delle leggi vigenti nel territorio all'epoca.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11993 del 08/08/2003, conferma due principi fondamentali:
1) i terreni di uso civico rientrano nel patrimonio indisponibile del Comune in quanto destinati ad un pubblico servizio;
2) è legittima l'imposizione della Tosap (tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs 15/11/1993, n. 507) sui terreni civici arbitrariamente occupati.

Ai sensi del comma 1 dell'art. 63 del DL 446/1997 "I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone", chiamato Cosap (canone di occupazione spazi ed aree pubbliche).

Ai sensi del comma 5 dell'art. 52 del DL 446/1997, i Comuni possono provvedere all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate patrimoniali, tra cui appunto il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche.

Il punto g) del comma 2 dell'art. 63 del DL 446/97 prevede, per le occupazioni abusive senza titolo (e quindi il caso dei terreni demaniali civici arbitrariamente occupati), l'applicazione, oltre al canone regolare, di un'indennità di occupazione pari al 50% del canone; anche ai sensi dell'art. 2043 del Codice Civile è sempre dovuta un'indennità di occupazione a favore del Comune finché il terreno non viene rilasciato o sdemanializzato.

Indennità risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 del Codice Civile: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”; con Sentenza del 05/12/2009 la Corte d'Appello di Roma - Iª sezione civile, ha respinto l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Latina – sezione di Terracina con cui un arbitrario occupatore di terreni demaniali di uso civico del Comune di Fonti (Lt) era stato condannato al risarcimento dei danni, affermando il principio secondo cui è legittimo il risarcimento, a favore del Comune, dei danni subiti dalla collettività ad opera di un arbitrario occupatore di terre civiche.

Ai sensi dell'art. 72 del D.Lgs 77/1995, poi sostituito dall'art. 230 del T.U.E.L. D.Lgs 267/2000, “Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale” (comma 1); “Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente” (comma 2); “Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile” (comma 3); “Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio […] come segue: a) i beni demaniali […] f) i censi, livelli ed enfiteusi” (comma 4); “Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari” (comma 7).
 

mlabriola

Membro Attivo
nel secondo caso:
ALLODIO: Termine che indica la piena proprietà privata del bene.

Gli allodi provenienti dalla sdemanializzazione (sistemazione) di terre civiche (proprietà collettive) sono gravate da un canone (demaniale) di natura enfiteutica imposto con vari istituti:

- le ordinanze di legittimazione (art. 10 Legge 1766/1927);
- le conciliazioni (art. 51 del RD 03/07/1861, art. 29 della Legge 1766/1927);
- le trasformazioni in enfiteusi perpetue (art. 26 RD 332/1928);
- le quotizzazioni precedenti alla Legge 1766/1927 (Legge 01/09/1806, art. 32 RD 03/12/1808);
- le trasformazioni in colonie perpetue inamovibili (art. 28 del RD 10/03/1810).

Per tutte le cinque tipologie elencate non trova applicazione la disciplina codicistica sull'enfiteusi; parlare di canone (demaniale) di natura enfiteutica non significa "canone enfiteutico", ad esempio non si applica l'art. 972 (il mancato pagamento del canone non da luogo a devoluzione), non si applica l'art. 960 (non sussiste l'obbligo di migliorare il fondo proprio dell'enfiteuta), non si applica l'art. 970 (non sussiste la prescrizione per non uso ventennale prevista per il driritto dell'enfiteuta).

Il canone è perenne e resta in vita fino a quando non viene affrancato.
 

mlabriola

Membro Attivo
nel terzo caso:
Quotizzazione ai sensi della L. 1766/1927
Ripartizione delle terre civiche indicate alla lettera b) dell'art. 11 della Legge 1766/1927 (terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria) e assegnazione ai residenti del Comune (art. 13), a titolo di enfiteusi, con l’obbligo delle migliorie e della osservanza delle altre condizioni determinate nel piano di ripartizione, sotto pena di devoluzione a favore del Comune (art. 19).

Viene imposto un canone fissato in base al prezzo dell’unità fondiaria (art. 20).

Non sarà ammessa l’affrancazione se non quando le migliorie saranno state eseguite ed accertate; la proprietà non viene trasferita al momento dell’ordinanza di quotizzazione bensì solo con l’affrancazione; prima dell’affrancazione le unità suddette non perdono la loro natura demaniale e non potranno essere divise, alienate o cedute per qualsiasi titolo (art. 21).

L’affrancazione in questo caso è di competenza regionale in quanto viene trasferita la proprietà del bene.

Fino al tempo dell'affrancazione il bene conserva la propria natura sostanzialmente assimilabile a quella demaniale: ne segue che la stipulazione di qualsiasi atto avente portata traslativa sarebbe irrimediabilmente nulla (Cass. Civ. Sez.II, 2400/1960; Cass .Civ. Sez.Unite, 3728/1957; Cass.Civ. Sez. II, 1404/1968).
 

mlabriola

Membro Attivo
quarto caso: ENFITEUSI

L'enfiteusi è un diritto reale di godimento su una proprietà altrui.

Retaggio dell'epoca del feudalesimo, ha trovato regolamentazione nel Codice Civile del 1942 agli articoli 957-977 del libro terzo della proprietà, al fine di incentivare la produttività delle terre grazie all'attività degli agricoltori.

In considerazione delle caratteristiche che ha assunto il diritto di “livello” nel corso della sua evoluzione storica, la giurisprudenza di legittimità in più occasioni ha peraltro avuto modo di equipararlo ad un diritto di enfiteusi (Cass. civ. sez. III n. 64/1997 e, meno recentemente, Cass. n. 1366/1961 e Cass. 1682/1963 – E1) e pertanto ad un diritto reale di godimento su fondo altrui.

Il diritto del concedente a riscuotere il canone non si estingue per usucapione per il preciso disposto dell’art. 1164 del Codice Civile: si può usucapire solo il diritto dell'enfiteuta, mentre il dominio diretto è imprescrittibile; ai sensi dell'art. 1164 del Codice Civile (e prima ancora l'art. 2116 del vecchio Codice Civile abrogato), l'enfiteuta non può usucapire il diritto del concedente; secondo svariate pronunce della cassazione (4231/76 - 323/73 - 2904/62 - 2100/60 - 177/46), tutte concordi, "l’omesso pagamento del canone, per qualsiasi tempo protratto, non giova a mutarne il titolo del possesso, neppure nel singolare caso sia stata attribuita dalle parti efficacia ricognitiva".

L’esercizio del potere di ricognizione di cui all'art. 969 si applica solo per le enfiteusi a tempo (casi singolari), e non riguarda quindi le enfiteusi perpetue: ai sensi dell’art. 958 del Codice Civile le enfiteusi sono perpetue quando non viene stabilita la durata; le enfiteusi in cui non viene fissato un termine sono a tutti gli effetti perpetue; come tali, non va esercitato nessun potere di ricognizione in quanto, ai sensi dell’art. 1164 del Codice Civile, se non muta il titolo del possesso dell’enfiteuta, tale enfiteuta non può usucapire la proprietà e quindi il canone non è prescritto; la ricognizione è un diritto riconosciuto al concedente (e non un dovere) per impedire all'ex enfiteuta (ma solo per le enfiteusi a tempo, dopo la loro scadenza) di usucapire il terreno. "Trattasi, quindi, di una mera facoltà e non di un obbligo, nel senso che il concedente, se non vuole esercitarla, non perde, per ciò solo, il suo diritto sulla cosa" (Cassazione n. 2904 del 10/10/1962).

In pratica, la corretta applicazione dell'art. 1164 del C.C. (chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il Titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il Titolo del possesso è stato mutato) prevede che, chi volesse usucapire il diritto del concedente, dovrebbe innanzitutto fare opposizione contro il diritto del proprietario e solo dopo 20 anni può usucapire, dinanzi ad un giudice, la piena proprietà.

L'enfiteusi è, fra i diritti reali su cosa altrui, quello di più esteso contenuto, al punto di essere stato considerato nei secoli precedenti come una forma di "piccola proprietà" e secondo la dottrina dominante è il proprietario ad avere un diritto subordinato a quello dell'enfiteuta, (tant'è che tuttora si ritiene che il cosiddetto "dominio utile" spetti all'enfiteuta, a differenza del caso di usufrutto, in cui il dominio utile spetta al nudo proprietario).

Il livellario o enfiteuta è colui al quale spetta il godimento di un bene che però non gli appartiene, infatti la concessione di un qualunque bene non scaturisce in un'acquisizione automatica della proprietà. La proprietà resta sempre in capo al concedente, detto anche direttario fino a quando il livellario non chiede l'affrancazione e diventa in questo caso, proprietario del bene (art. 971 C.C.).

L'enfiteusi è un diritto perpetuo o, se è previsto un termine, ha durata non inferiore a venti anni (art. 958 C.C.). Non è però suscettibile di subenfiteusi (art. 968 C.C.). Ha per oggetto tradizionalmente fondi rustici, ma dalla legislazione speciale è stata estesa anche ai fondi urbani.

L'enfiteusi si estende anche ai fabbricati edificati su terreni gravati da canone enfiteutico, ossia tutto ciò che è costruito su terreno gravato da canone enfiteutico diviene gravato dal canone anch'esso per accessione.

Sul fondo l'enfiteuta ha la stessa facoltà di godimento che spetta ad un proprietario (art. 959 c.c.), ma con due obblighi specifici (art. 960 C.C.):
- di migliorare il fondo;
- di corrispondere al nudo proprietario ("concedente") un canone periodico (una somma di danaro ovvero una quantità fissa di prodotti naturali), per la cui determinazione l'autonomia delle parti è vincolata dai criteri previsti dalle leggi speciali in materia.

A questo proposito, distinguiamo la determinazione del canone in base alla tipologia di enfiteusi:
- enfiteusi su fondo agricolo: la normativa prevede che la misura del canone non può essere sproporzionata rispetto al valore di mercato del bene su cui grava l'enfiteusi, ma che il questo sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con una ragionevole approssimazione la corrispondenza all'effettiva realtà economica. (Corte Costituzionale sent. 406 del 7 aprile 1988 e sent. 143 del 23 maggio 1997). Proprio in relazione a queste sentenze è stato dichiarato illegittimo il metodo di calcolo che prendeva il reddito dominicale come valore di riferimento, proprio perché obsoleto e non più rispondente agli attuali parametri di mercato (es. Valore Agricolo Medio).
- enfiteusi su fondo edificabile: il valore del canone di dette aree non può essere determinato sulla base delle enfiteusi rustiche onde evitare operazioni speculative, ma ad esso si deve pervenire applicando al valore dell'area considerata edificabile un equo saggio di rendimento (Consiglio di Stato parere n° 661/98 del 09 giugno 1998, Ministero delle Finanze nota del 26 ottobre 2000 (es. valore I.C.I.).
- enfiteusi su fondo edificato: i fabbricati costruiti su terreni gravati da livello non possono essere considerati migliorie (Avvocatura dello Stato nota n.8475 del 19.12.1991), l'attività di miglioria che è richiesta all'enfiteuta, deve ritenersi intrinsecamente connessa alla natura del fondo stesso; mentre esula completamente da ciò ogni attività di trasformazione edilizia (Consiglio di Stato parere n. 661/1998). Il fabbricato pertanto risulta acquisito per accessione dal concedente in quanto proprietario dell'area.

L'affrancazione è l'acquisto della proprietà da parte dell'enfiteuta mediante il pagamento di una somma pari a quindici volte il canone annuo (art. 971 C.C.). Il diritto di affrancazione è un diritto potestativo dell'enfiteuta: il concedente non può rifiutarsi di prestare il proprio consenso. È infatti vero anche l'inverso, ossia che il concedente non può obbligare il livellario ad affrancare se quest'ultimo intende pagare il canone annuo.

Il diritto di enfiteusi è suscettibile di comunione ("coenfiteusi"), ma non può costituirsi su una quota del fondo indiviso, giacché l'obbligo di migliorare il fondo presuppone la piena materiale disponibilità di questo da parte dell'enfiteuta.

Al concedente spetta il diritto di domandare al giudice la devoluzione del fondo (art. 972 C.C.), ossia l'estinzione del diritto di enfiteusi:
- se l'enfiteuta non adempia l'obbligo di migliorare il fondo;
- se non paga due annualità di canone.

Fra domanda di devoluzione ed affrancazione prevale la seconda (art. 973 C.C.).

Una causa di estinzione dell'enfiteusi è il perimento totale del fondo (art. 963 del C.C.).

L'uso di concedere porzioni anche considerevoli di terreni in enfiteusi era molto diffusa nel medioevo da parte di abbazie e monasteri i quali spesso si trovavano nella difficoltà di riuscire a gestire la totalità dei terreni di loro proprietà sia per le dimensioni che, acquisizione dopo acquisizione, diventavano sempre più estese, sia per la distanza che taluni appezzamenti avevano dalla sede.
 

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