basty

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In questo caso particolare non saprei: quando sono coinvolti gli originari "pagatori" si può stabilire la quota percentuale di ognuno, secondo quanto contribuito.
Ma in caso di eredità mi sa che occorre rispettare le quote ereditarie. Ma è solo una supposizione.
 

Biz Consulting

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La questione, in realtà, potrebbe essere molto più complessa di quello che già sembra...
Innanzitutto @Nemesis (come sempre) ha fornito il riferimento legislativo chiave da cui partire: l'eredità della detrazione si trasmette solo ed esclusivamente all'erede che che "conservi la detenzione materiale e diretta del bene".
Secondo il mio modesto parere, il suddetto articolo di legge, è un po' fuorviante, in quanto sembra suggerire che possa esserci sempre e solo un'unica persona in diritto di ereditare tale privilegio.
In pratica, però, non è scontato che si verifichino delle condizioni (legalmente valide) nelle quali gli aventi titolo potrebbero anche essere molteplici. E il caso di @cec pare uno di questi.
Venendo al dunque, bisogna precisare che, mentre proprietà e possesso sono esplicitamente definite dal Codice Civile (rispettivamente dagli art. 832 e 1140), la detenzione viene solo citata in rapporto al possesso (art. 1140), ma non ha una regolamentazione propria.
Tuttavia esistono diverse sentenze che l'hanno presa in esame e ne hanno specificato meglio l'applicazione.
Per fare una sintesi, la detenzione si realizza quando si ha la piena disponibilità fisica del bene, senza per forza esserne proprietari o averne il possesso diretto.
Essa può essere qualificata (per esempio quando è riconosciuta attraverso un contratto vero e proprio) oppure non qualificata (quando si realizza per condizioni naturali ed effettive, per esempio l'abitazione).
Nel caso specifico di @cec, la detenzione odierna dell'appartamento in cui abitava il padre è in capo alla madre e al fratello, che ci abitano tuttora (piena disponibilità non qualificata), ma non a lei, che non ci abita (non lo ha quindi in piena disponibilità).
L'Agenzia delle Entrate ha emesso alcune circolari riguardo l'ereditarietà dei bonus casa (qui ne è stato fatto un ottimo riassunto), nelle quali specifica meglio come ci si deve comportare in questi casi.
Suggerisco anche di leggere questo post, che fornisce degli ottimi esempi pratici e non è scritto in "legalese".

MA ATTENZIONE: tenete presente che tutto ciò che ho scritto vale se le opere sono state realizzate su un edificio composto da più appartamenti catastalmente indipendenti (identificati, quindi, da due subalterni distinti).
Se, invece, c'è solo una suddivisione di fatto, ma non a livello catastale (unico subalterno che comprende l'intero fabbricato o, addiritttura, nessun subalterno), le cose cambiano parecchio.
In ogni caso, secondo me, quello che è stato indicato nella CILA è scorretto in entrambe le situazioni. Di fatto, in nessuno dei due casi, si realizza la condizione di "condominio", dato che il proprietario di tutto lo stabile è uno solo (se volete approfondire la definizione di condominio, in questo post sul nostro blog ho parlato dell'argomento).
Non esistono, quindi, "parti comuni" fra proprietari (condominio), ma solo fra appartamenti. Insomma, sono parti comuni fittizie.

Morale della favola:
1- se il subalterno è uno solo, l'eredità della detrazione va suddivisa equamente fra tutti e tre i familiari (chi non ha capienza non può trasferire la sua quota agli altri e questa andrà persa).
2- se i subalterni sono due, le spese per la ristrutturazione andavano contabilizzate già in partenza suddividendole fra i due subalterni proporzionalmente alle reali quote di competenza gravanti su entrambi. Se ciò non è stato fatto, il problema va ben oltre l'ereditarietà della detrazione.
Ma, senza avere a disposizione documentazione fiscale e tecnica degli interventi e dell'edificio, diventa davvero difficile dare una risposta certa e, soprattutto, capire se sono stati commessi errori tecnici e fiscali alla radice.
In tal caso converrebbe innanzitutto sanare quelli, perché potrebbero compromettere l'intera agevolazione ed esporre anche a sanzioni.
 

cec

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Ringrazio innanzitutto @Biz Consulting per la dettagliata risposta.
Confermo che l'immobile è accatastato con 6 subalterni (4 dei quali oggetti di ristrutturazione: i due appartamenti ed i due box) ai quali, come indicato sono stati rifatti tetto, facciate, marciapiedi.
Il link che hai postato sugli esempi pratici, temo non sia applicabile al mio caso in quanto mio padre non era proprietario dell'abitazione.
Anche i chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate riguardano trasferimenti di immobili per successione; non è il mio caso, l'immobile era e resta alla mamma, e su questo anche la commercialista era ben preparata, è la detrazione fiscale del familiare convivente (poi deceduto) che deve essere trasferita!
La “detenzione materiale e diretta del bene “ io (qui ti correggo, anche io ci abito) e mio fratello l'abbiamo sempre avuta ma non per questo possiamo disporre di esso liberamente e a proprio piacimento ad esempio con una locazione o vendita, non essendone proprietari in alcun modo.
Per quanto riguarda la compilazione della CILA, affidata ad un professionista, è stata compilata, oltre le varie info accessorie, la parte b) opere su parti comuni o modifiche esterne (e qui è stata fleggata la b2) riguardano parti comuni di un fabbricato condominiale e la b3) riguardano parti comuni di un fabbricato con più proprietà, non costituito in condominio …. effettivamente nessuna della 4 opzioni sarebbe stata corretta a mio avviso, comunque questo è! E' stato specificato inoltre che l'intervento avrebbe riguardato i subalterni 1,2,3,4 che sono stati quelli oggetto di ristrutturazione.
2- se i subalterni sono due, le spese per la ristrutturazione andavano contabilizzate già in partenza suddividendole fra i due subalterni proporzionalmente alle reali quote di competenza gravanti su entrambi. Se ciò non è stato fatto, il problema va ben oltre l'ereditarietà della detrazione.
La contabilizzazione suddivisa nei 4 subalterni era materialmente impossibile ed inquantificabile, sono molte le parti in comune, ed il preventivo, e le successive fatture, sono state fatto a corpo. L'immobile è tutto di mia mamma e logicamente non ci sono millesimi dei diversi subalterni. Spero di aver chiarito quanto sopra e vi ringrazio per gli ulteriori apporti che vorrete darmi.
 
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basty

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La risposta di @Biz Consulting non mi pare dica cose nuove, salvo un aspetto che merita un approfondimento.

Secondo la sua esposizione trattandosi di un edificio di unico proprietario non sono individuabili parti comuni: è una interpretazione comprensibile ma non so se condivisibile.
Mi sembra una lettura piuttosto "talebana": qual'è la "ratio" della legge?
Non esistono, quindi, "parti comuni" fra proprietari (condominio), ma solo fra appartamenti. Insomma, sono parti comuni fittizie.
Bisogna intendersi su cosa si intenda per parti comuni. Intanto facciamo un esempio.

Lavori di rifacimento del tetto di un edificio condominiale o anche in comproprietà o proprietà completa, composto da più appartamenti.

Ammettiamo inoltre che tutti gli appartamenti siano locati e le proprietà siano cadute in successione.

L'eventuale erede non "erediterebbe" le detrazioni di lavori che riguardassero il singolo appartamento locato, (es. sostituzione di una caldaia singola, o rifacimento dei bagni) non detenuto da lui direttamente, ma darei per certo che possa "ereditare" le detrazioni residue legate all'intervento del tetto, che come parte non esclusiva di un appartamento, mai potrebbe configurarsi come parte di edificio di cui si sia persa la detenzione/possesso/proprietà. La locazione riguarderebbe solo l'appartamento: le parti cosiddette comuni, come le scale, il tetto, l'ascensore devono continuare ad essere mantenute funzionanti in modo da garantire all'appartamento la agibilità residenziale.

Non ho cioè mai letto di "parti comuni fittizie": e mi sembrerebbe un controsenso se la legge che prevede le detrazioni distinguesse i benefici su tali parti definite dall'art. 1117, a seconda che siano di proprietà condominiale, o comunione, o proprietà esclusiva
 

Biz Consulting

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Entrambi i link che ho postato, anche se parlano nello specifico di proprietari venuti a mancare e di trasferimento di immobile per successione, sono comunque applicabili in tutti i casi in cui venga a configurarsi l'ereditarietà delle detrazioni.
Questo, proprio in virtù del fatto di quanto enunciato nell'ultima parte dell'art. 16-bis del TUIR citata da @Nemesis.
Il trasferimento del beneficio, infatti, non è legato al proprietario dell'immobile, ma a chi ha sostenuto le spese per la sua ristrutturazione.

Avere la detenzione, non significa poter disporre anche legalmente dell'immobile, ossia avere gli stessi diritti e doveri di un proprietario o di chi su di esso vanta i cosiddetti "diritti reali" (usufrutto, locazione, ecc.). Vuol dire semplicemente poterne disporre fisicamente (andarci e venirci o abitarci senza ledere diritti altrui).
Se tu (mi permetto di darti del tu..) non abiti dentro l'unità immobiliare in cui abitano tua mamma e tuo fratello e hai la residenza in un'altra unità immobiliare (quella di cui sei comodataria) non puoi avere la disponibilità diretta e materiale della prima unità.
Il fatto che vivete nello stesso edificio e allo stesso civico non conta nulla. Ogni unità immobiliare fa storia a sè.
Ecco perché i 96.000 euro di monte spesa massimo detraibile si applicano alla singola unità immobiliare e non allo stabile. I due box deduco siano pertinenze ognuno di ciascuna unità abitativa e le spese sostenute per la loro ristrutturazione fanno cumulo con l'appartamento che servono.
Lo scorporo dei costi per unità immobiliare è, dunque, sempre obbligatorio.
Nel caso di condomini è la suddivisione delle spese va fatta per legge col criterio dei millesimi.
Nel tuo caso, invece, essendoci un unico proprietario, egli può decidere anche arbitrariamente di caricare le spese nelle quote che ritiene più eque. Ma, in ogni caso, non può fare un monte unico, perché ai fini della detrazione 50% non è consentito.

A questo punto mi domando: ma nella/e dichiarazione/i dei redditi di tuo padre già presentata/e, che subalterni avete indicato nei quadri (sezione IIIB - righi E51 e E52) riferiti alle detrazioni per ristrutturazione?
1- se non ne avete indicato nessuno la dichiarazione è scorretta
2- se avete imputato tutto su uno, bisogna identificare quale sia e la detrazione andrà in capo agli attuali suoi detentori
3- se li avete indicati entrambi, bisogna vedere quale importo avete imputato su ciascuno e l'ereditarietà di ciascuna quota andrà in capo a chi di voi ha la detenzione su quell'unità specifica
 

cec

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Ok per i link ed il concetto di detenzione, scusami @Biz Consulting ma non sono cose semplici per chi non è del settore!
A questo punto mi domando: ma nella/e dichiarazione/i dei redditi di tuo padre già presentata/e, che subalterni avete indicato nei quadri (sezione IIIB - righi E51 e E52) riferiti alle detrazioni per ristrutturazione?
1- se non ne avete indicato nessuno la dichiarazione è scorretta
2- se avete imputato tutto su uno, bisogna identificare quale sia e la detrazione andrà in capo agli attuali suoi detentori
3- se li avete indicati entrambi, bisogna vedere quale importo avete imputato su ciascuno e l'ereditarietà di ciascuna quota andrà in capo a chi di voi ha la detenzione su quell'unità specifica
Hai centrato il problema, è' stato imputato tutto su un edificio, sia nella detrazione di mio padre defunto (per l'importo più elevato), sia nella parte che aveva preso in carico/pagato mio fratello. Il fatto è che il subalterno indicato coincide con l'appartamento dove abito io in comodato gratuito. PS il totale era inferiore, di poco, ai 96000. La vedo dura uscirne, ecco perchè la commercialista era molto dubbiosa!
 
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cec

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Nel tuo caso, invece, essendoci un unico proprietario, egli può decidere anche arbitrariamente di caricare le spese nelle quote che ritiene più eque. Ma, in ogni caso, non può fare un monte unico, perché ai fini della detrazione 50% non è consentito.
ho paura che sia stato fatto proprio questo e per di più sull'appartamento "sbagliato", quello dove abito io!
 
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Biz Consulting

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In effetti la vedo dura venirne fuori...
Il famigliare convivente può detrarre solo i costi sostenuti per gli interventi effettuati su una qualsiasi delle abitazioni in cui si esplica la convivenza, purché tale immobile risulti a disposizione.
In un Telefisco di qualche anno fa, la stessa Agenzia aveva sottolineato che la detrazione non spetta per le spese riferite ad immobili a disposizione di altri familiari (o di terzi), facendo proprio l'esempio del tuo caso: il marito non potrà fruire della detrazione per le spese di ristrutturazione di un immobile di proprietà della moglie dato in comodato alla figlia. Sono concetti ripresi nelle circolari 50/E del 2002 e 24 /E del 2004.
A questo aggiungi il fatto che avete imputato i costi tutti su un unico subalterno (pure quello meno indicato): potrebbe essere una cosa verosimile ma, in caso di verifiche, non sostenibile da parte vostra, visto che sulla CILA c'è scritto esplicitamente quali sono stati i subalterni interessati.

Insomma, se tuo padre e tuo fratello avevano già cominciato a detrarre, spera che il Fisco non decida di controllare proprio le loro posizione. Se poi volete vivere giorni sereni, fate un mea culpa e bloccate tutto e vedete se sia possibile evitare eventuali sanzioni peggiori. A voi decidere.
Spero solo che il suggerimento di compilare in quel modo il 730 non vi sia arrivato dalla commercialista.
Quando si tratta di detrazioni sulla casa, essendoci di mezzo normative tecniche, fiscali e anche parecchie sentenze (che fanno legge), sempre meglio confrontare i pareri di più professionisti specializzati nei diversi ambiti o di studi che abbiano tutti i consulenti del caso. Altrimenti ecco i risultati.
Mi spiace davvero, ma meglio sapere da un forum che da una verifica fiscale.
 

basty

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Io continuo ad essere perplesso sulle modalità suggerite: perchè sarebbe obbligatorio riferire ad un sub o a ripartire tra i sub una spesa riferibile alla intera particella?

Nel caso l'intervento riguardasse il tetto, o anche le strutture portanti (es. un consolidamento) io farei riferimento solo al nr di particella.

@cec ha affermato che l'intervento (prevalente) ha riguardato il tetto.

Cosa ne pensa @Nemesis?
 

Biz Consulting

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Rispondo anche a @basty.
Ho parlato di parti comuni "fittizie" per far capire l'errore sulla CILA a @cec . Ovviamente non esistono né sono normate.

Il Codice Civile definisce e regola le "parti comuni" solo ed esclusivamente in riferimento ai condomini, semplicemente perché, senza condominio (compresi quelli minimi), non esiste in nessun caso "parte comune".
Se c'è un solo proprietario non c'è comunione, fermo restando che, qualora ci siano appartamenti locati, l'accesso e la manutenzione delle infrastrutture, dei vani e degli impianti "messi a disposizione" (non "comuni") degli affittuari, devono essere garantiti.
Ma sono ambienti e servizi identificati da contratto fra i contraenti e non ricadono nella normativa afferente le"parti comuni", come invece accade per i condomini.
D'altronde, tu stesso hai usato più volte il termine "condominio" parlando delle parti comuni e hai citato l'art. 1117 C.C., che è esclusivamente rivolto ai condomini.

Ciò premesso, se non c'è condominio, non ha senso parlare di ereditarietà della detrazione sui lavori effettuati su queste parti dell'edificio in caso di successione. Questo perché :
1- o sono conglobate nei subalterni, secondo quote arbitrariamente decise dal proprietario stesso o secondo potenziali suddivisioni pertinenziali stabilite da catasto
2- o sono subalterni a sé stanti (es. vani scale), ma sono sempre di pertinenza (esclusiva o suddivisa) delle unità abitative
Insomma, non sono mai comuni.

Solo in caso di eventuale suddivisione della proprietà ci sarà l'obbligo di stabilire quali siano le parti comuni perché, in tale condizione, si formerà il condominio.
 

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