pinomaga

Membro Attivo
Proprietario Casa
Un saluto a tutti i soci del forum.
Nel mese di Ottobre scorso mia figlia, lavoratrice dipendente in cassa integrazione fino al 31, accusando alcuni sintomi tipici del Covid 19, per evitare le lungaggini dovute agli interventi della ASL, ha effettuato privatamente a pagamento un tampone che, effettuato in data 26/10/2020, ha dato esito positivo.
Il laboratorio di analisi ha comunicato alla ASL di appartenenza la positività e, solo oggi 12/11/2020 (dopo 18 giorni), ha convocato mia figlia per effettuare il secondo tampone di controllo.
Il datore di lavoro non ha pagato la mensilità di ottobre perchè, a detta del suo consulente, non ha ricevuto il certificato di malattia per il periodo 26-31/10/2020.
Il medico di base si è rifiutato di redigere il certificato perchè, al di là dell'esito del laboratorio, non ha ricevuto alcuna comunicazione dalla ASL di appartenenza relativo al periodo, nè tantomeno della certificazione; inoltre asserisce che, anche se dovesse ricevere in questi giorni tale certificazione (siamo a novembre), non può emettere certificati retroattivi e ritiene che durante il periodo di cassa integrazione Covid non rientra la malattia.
Chiedo agli esperti del forum:
1) Durante il periodo di cassa integrazione Covid è ammessa la malattia?
2) Se è ammessa la malattia, il medico di base può certificarla retroattivamente?
3) Per poter riscuotere la mensilità di ottobre quali sono le disposizioni di legge da rispettare?
Grazie a chi mi darà una risposta esaustiva.
 
U

User_29045

Ospite
Risposta alla domanda 1:

FONTE: La malattia durante LA CASSA INTEGRAZIONE – Ordine Consulenti del Lavoro di Milano
“Se durante la sospensione dal lavoro (cassa integrazione a 0 ore) insorge lo stato di malattia, il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali: l’attività lavorativa è infatti totalmente sospesa, non c’è obbligo di prestazione da parte del lavoratore, che non dovrà quindi nemmeno comunicare lo stato di malattia e continuerà a percepire le integrazioni salariali. Qualora lo stato di malattia sia precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa si avranno due casi: – se la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in CIG dalla data di inizio della stessa; – qualora, invece, non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene, il lavoratore in malattia continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla vigente legislazione. Se l’intervento di cassa integrazione è relativo ad una contrazione dell’attività lavorativa, quindi riguarda dipendenti lavoranti ad orario ridotto, prevale l’indennità economica di malattia.”

Risposta alla domanda 2:

Il medico di base non può mai fare certificazioni retroattive di malattia.

Risposta alla domanda 3:

Le varie casistiche stanno indicate nella domanda 1. Non hai precisato se la CIG riguarda solo tua figlia e un ristretto numero di persone, e non hai precisato da quale giorno di ottobre parte per queste persone la CIG (immagino dal 1° Ottobre al 31 Ottobre, ma non posso darlo per scontato). Se non tutti sono stati sospesi, il lavoratore avrebbe dovuto produrre in tempo utile il certificato di malattia per poter beneficiare dell'indennità di malattia, cosa che non è avvenuta.
L'idea di base è che se tutti stanno in cassa integrazione, è inutile presentare certificati di malattia, perché prevale la cassa integrazione per tutti.
Se solo alcuni stanno in cassa integrazione, quelli che si ammalano devono produrre il certificato di malattia, ma non retroattivamente.
 

Allegati

  • 1-LA-MALATTIA durante la cassa integrazione.pdf
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pinomaga

Membro Attivo
Proprietario Casa
Grazie per la tempestiva risposta. La cassa integrazione è a 0 ore e l'attività di mia figlia è in un hotel. Durante il mese di ottobre mia figlia ha lavorato saltuariamente e, nei giorni di assenza veniva messa in cassa integrazione. L'ultimo giorno che ha lavorato è stato il 20 Ottobre ma sapeva di essere in cassa integrazione fino al 31. Il 21 Ottobre ha avuto la febbre ma non si è preoccupata di certificare la malattia in quanto in cassa integrazione.
La cassa integrazione non è per la totalità dei dipendenti ma solo per alcuni, tra cui mia figlia. Cosa mi consigli per sbrogliare questa matassa? Se ti servono altre informazioni fammi sapere.
 
U

User_29045

Ospite
Per farsi pagare, l'unica è chiedere all'azienda se in luogo della malattia tua figlia può segnare FERIE o PERMESSI RETRIBUITI.

Naturalmente l'azienda può negare le ferie e negare i permessi, di solito le ferie e i permessi si chiedono a priori e non a posteriori.

Non mi viene in mente altro, io se sto male e non riesco a contattare la dottoressa prendo ferie, altrimenti sarebbe assenza ingiustificata.

Sentiamo naturalmente anche altri pareri.
 
U

User_29045

Ospite
Non mi pare sia molto conveniente fare il tampone facendo certificare alla ASL la propria positività al virus. Perdonatemi ma io vivo da solo e per me avere pure l'incombenza di fare il tampone dovendo uscire di casa e non potendo uscire di casa se rilevassero una eventuale positività, sarebbe davvero troppo.
Questo caso parla chiaro:
e dovrebbe farvi capire che a volte essere troppo onesti con se stessi e con la società, è un'arma che vi si ritorce contro.
Tua figlia, perdonami se te lo dico, avrebbe dovuto tenersi il mal di gola cercando di curarsi a casa, anziché fare l'ipocondriaca e correre a fare il tampone. Lo sanno anche i sassi che poi l'istituto privato, OLTRE CHE LO PAGHI, fa "la spia" alla ASL che ti inguaia obbligandoti a fare altri successivi tamponi per legge finché non torni negativo.
Vuoi sapere cosa dico io a mia madre che vive lontana da me? "Mamma, io voglio morire a casa mia. Se sto male provo a curarmi da solo, quando vedete che non rispondo più al telefono iniziate a preoccuparvi. Ma io a farmi tracciare e a farmi rinchiudere in ospedale non ci vado. Già la vita da single è complicata, ora ancora di più perché le uscite sono limitate, figuriamoci se vado a complicarmi la vita così". Pensa che anche io 3 mesi fa stavo per andare a fare il test sierologico per curiosità, ma ho letto un po' su internet e ho disdetto appena in tempo.
Non lo voglio sapere, né se ho il virus, né se l'ho avuto, né se lo avrò. Se lo avrò me lo dirà il termoscanner portatile che ho comprato su Amazon in promozione.
 

pinomaga

Membro Attivo
Proprietario Casa
Non l'ho scritto perché ritenevo superfluo ma il tampone è stato fatto a casa di mia figlia da una dottoressa del laboratorio e quindi non è mai uscita di casa dal 20 ottobre scorso. Stamattina l'Asl l'ha convocata per il secondo tampone e questo, a mio parere, potrebbe essere rischioso per tutti nel caso di esito positivo. Purtroppo l'ASL non va a domicilio.
 

pinomaga

Membro Attivo
Proprietario Casa
Per farsi pagare, l'unica è chiedere all'azienda se in luogo della malattia tua figlia può segnare FERIE o PERMESSI RETRIBUITI.

Naturalmente l'azienda può negare le ferie e negare i permessi, di solito le ferie e i permessi si chiedono a priori e non a posteriori.

Non mi viene in mente altro, io se sto male e non riesco a contattare la dottoressa prendo ferie, altrimenti sarebbe assenza ingiustificata.

Sentiamo naturalmente anche altri pareri.
Dalla tua risposta mi è sembrato di capire che mia figlia rientra nel caso in cui non deve neanche comunicare all'azienda la malattia perché era già in cassa integrazione e non nei giorni precedenti la stessa.
 
U

User_29045

Ospite
La cassa integrazione è a 0 ore e l'attività di mia figlia è in un hotel. Durante il mese di ottobre mia figlia ha lavorato saltuariamente e, nei giorni di assenza veniva messa in cassa integrazione. L'ultimo giorno che ha lavorato è stato il 20 Ottobre ma sapeva di essere in cassa integrazione fino al 31. Il 21 Ottobre ha avuto la febbre ma non si è preoccupata di certificare la malattia in quanto in cassa integrazione.
La cassa integrazione non è per la totalità dei dipendenti ma solo per alcuni, tra cui mia figlia

L'errore è stato farsi censire facendo il tampone, che ha fatto scattare la segnalazione alla ASL e al datore di lavoro, che per qualche ragione dal 21 al 31 ha deciso di non pagare tua figlia. La malattia dal 21 al 31 è ufficiale (la ASL ne è a conoscenza), tua figlia avrebbe comunque dovuto giustificare l'assenza o con ferie / permessi (che era la cosa migliore) o con un certificato di malattia. Non stiamo parlando di un'unghia scheggiata, stiamo parlando di Covid che fa scattare tutta una serie di controlli e di monitoraggi, nonché, nel caso di tua figlia, l'impossibilità a rientrare in comunità (l'hotel) finché non torna negativa.
 

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