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Un automobilista investe e provoca il ferimento di un cane e il proprietario chiede il risarcimento del danno "affettivo", oltre al rimborso delle spese sostenute per curare l'animale, alla compagnia di assicurazione obbligata che non accoglie la richiesta.
La controversia è approdata e decisa dalla Cassazione, VI civile, con l'ordinanza del 23 ottobre 2018 n. 26770 ha confermato la decisione del giudice di appello che aveva negato "la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dal ferimento dell'animale di affezione uniformandosi all'orientamento già fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale non è riconducibile ad alcuna categoria di danno non patrimoniale risarcibile la perdita, a seguito di un fatto illecito, di un animale di affezione, in quanto essa non è qualificabile come danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente tutelata, non potendo essere sufficiente, a tal fine, la deduzione di un danno in re ipsa, con il generico riferimento alla perdita della "qualità della vita".

Per un corretto inquadramento dello stato dell'arte giurisprudenziale va ricordato che i giudici del merito si dividono tra chi non riconosce la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla perdita dell’animale di affezione e l'altra tendenza possibilista, ad es. Tribunale di Pavia n. 1266/2016, che lo riconosce ritenendolo conseguente alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta.

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