In qualità di condomino e titolare, conduco un'attività di ristorazione posta a piano terra di un condominio dove non sono presenti altri immobili a destinazione commerciale. Un condomino, lamentando odori sgradevoli, ha chiamato gli ispettori dell'Ufficio di Igiene, i quali, accertata l'esistenza di un sistema di smaltimento fumi a carboni attivi, hanno provveduto a segnalare lo stato di fatto al Comune di Torino che ha emesso una ordinanza che mi concede 90 giorni per la sostituzione del sistema in uso con quello a canna aspirante filtrata collegta con un condotto fumario da apporre sulla facciata condominiale comune retrostante, pena la revoca dell'autorizzazione sanitaria e la sospensione dell'attività commerciale, e che sia versato in atto l'assenso condominiale reso ai sensi di legge. Presento, come richiesto, una SCIA presso l'ufficio tecnico, rispettosa di disanze legali da balconi e finestre private e condominali poste sulla facciata, ma l'assemblea del condominio nega l'autorizzazione all'apposizione del condotto fumario aderente facciata secondaria senza neppure motivare chiaramente il proprio diniego. Cosa mi suggerite di fare?
Il Comune di Torino richiede l’assenso condominiale degli altri condomini, reso ai sensi di legge (?), ma non se ne comprende la ragione, anzi, per dirla tutta, si reputa che ciò costituisca, in difetto di una specifica previsione normativa, indebita ed illegittima interferenza nei rapporti di diritto privato, anche atteso che le autorizzazioni amministrative in materia di edilizia sono sempre rese “fatti salvi i diritti dei terzi”.
Ad ogni buon conto, è di tutta evidenza che, ove si discuta di un intervento che un condomino abbia in animo di eseguire su un bene comune
ad esclusivo vantaggio ed utilità della propria unità immobiliare, non è necessaria alcuna autorizzazione assembleare, purchè tale intervento non abbia superato i limiti posti dall’articolo 1102 codice civile a tutela dei legittimi diritti dei concorrenti: qui non si tratta di un intervento modificativo in ambito condominiale della cosa comune destinato ad attribuire a tutti i condomini un miglior godimento o utilità del bene comune, che soggiace all’articolo 1120 codice civile (Innovazioni), da sottoporre a delibera assembleare che disponga sia dell’esecuzione dell’opera sia dei relativi costi a ciascun condomino, in proporzione alle relative quote di proprietà espresse in millesimi, ma l’intervento in esame concerne l’articolo 1102 codice civile (Uso della cosa comune) che non richiede affatto l’assenso degli altri condomini o l’autorizzazione assembleare e neppure vi è una legge che ne presupponga l’esistenza per il legittimo esercizio del diritto in questione.
In ordine ai diritti afferenti al bene comune, i limiti posti dall’articolo 1102 sono il rispetto della destinazione naturale del bene e il rispetto dell’uso concorrente (primo comma), inoltre il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso (secondo comma).
La destinazione naturale della facciata è quella di sorreggere l’edificio, consentire l’apertura di porte e finestre, proteggere dagli agenti atmosferici, ma anche quella di consentire di appoggiare targhe, insegne, cavi, fili, tubazioni, e perchè no, se necessario, canne fumarie, nel rispetto del regime delle distanze legali, del decoro e della sicurezza dello stabile.
Quanto alla pari considerazione dell’uso concorrente, nel caso di specie, pare ragionevolmente prevedibile che gli altri condomini non faranno “un pari uso” del medesimo bene, posto che le abitazioni private sovrastanti il locale commerciale posto a pian terreno non avranno mai la necessità di essere dotate di condotti fumari, ne deriva, quindi, che tale ipotesi sia del tutto remota, se non addirittura impossibile.
Infine, l’utilizzo del bene comune conformemente al diritto in questione, non implica l’esercizio di un possesso idoneo ai fini dell’usucapione della parte di muro comune interessata dall’apposizione del condotto fumario.
Non ti resta, a questo punto, altro da fare che procedere con l’impugnazione della relativa delibera, trattandosi di un caso di nullità perché nega l’esistenza del diritto del condomino che, invece, è sancito dall’articolo 1102 codice civile. La richiesta di sospensiva dell’efficacia della delibera può essere avanzata immediatamente, dopo la notifica dell’atto di citazione e l’iscrizione a ruolo della causa tramite idoneo ricorso al giudice nel frattempo nominato, che fisserà udienza anticipata, rispetto alla prima udienza, ai soli fini della discussione della sospensiva. L’ordinanza cautelare sospensiva della delibera ostativa potrà essere presentata all’Ufficio tecnico del Comune di Torino, in luogo dell’assenso dei condomini che l’Amministrazione comunale ha richiesto, dimostrando all’Ufficio tecnico che l’edificazione è realizzata nell’ambito delle facoltà consentite al singolo condomino dall’articolo 1102 codice civile. Nella successiva fase di merito, previsto dall’articolo 669-octies codice procedura civile, si potrà poi ottenere una sentenza definitiva che acclarerà la nullità della delibera condominiale negatoria dell’esistenza del diritto.