basty

Membro Storico
Proprietario Casa
@basty ti sei dimenticato di una cosa:
Mi bastava già argomentare sui punti controversi.

Del resto l'art. 1023 comprende nella definizione di famiglia una casistica alquanto estesa: nelle note Brocardi indica appunto anche le convivenze more uxorio. Oggi poi con la nuova legge sulle unioni....

Diverso invece estendere anche al convivente il diritto ad acquisire il diritto d'abitazione in caso di decesso del compagno: presumo che questo oggi faccia parte della nuova legge che estende molti diritti civili alle varie forme di convivenza ed unione.

Direi però che è improprio parlare di usucapione.
 

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
Non conosco la sentenza.
Sarei propenso a pensare che si riferisca ad un'altra situazione, confrontabile ma diversa: tipo la seguente.
lo stesso comproprietario, o anche un terzo, come il convivente, se detenga pacificamente un immobile per oltre 20 anni, senza che esista un contratto di locazione o comodato per la quota di altri, potrebbe vantare l'usucapione nei confronti dei comproprietari.

Addirittura qui ho letto che ciò potrebbe avvenire anche tra padre e figlio.

La cosa mi sembra una di quelle assurdità giuridiche proprie della nostra patria del diritto: che porta alle estreme conseguenze formali un dettato di legge, senza entrare nella sostanza.

Se io genitore concedo gratuitamente la disponibilità di un immobile ad un figlio, non è che questo ne goda non sapendo chi sia il reale proprietario.
Quindi la rivendicazione dell'usucapione mi sembrerebbe tutt'altro che pacifica, e molto vicina ad un atteggiamento truffaldino ed opportunista.

Ben diverso il caso di usucapione operata da un contadino che ha coltivato per un 20-nnio una terra che credeva sua.
 

Luigi Criscuolo

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Proprietario Casa
Non conosco la sentenza.
la senteza la trovi qui.
Usufrutto e diritto di abitazione in una sentenza della Cassazione - professionegiustizia

scusa mi sono sbagliato la sentenza è questa:

Diritto di abitazione: l’erede non può mandar via di casa il convivente
Diritti sulla casa e convivenza “more uxorio”: legittima l’azione di spoglio per riprendere possesso dell’appartamento; con la lunga relazione si crea un interesse che merita tutela.
Il figlio/nipote che eredita la casa non può cacciare la convivente del genitore/nonno. Lo ha detto ieri la Cassazione [1], con una sentenza che rafforza la tutela del convivente non proprietario,mettendolo al riparo anche dalle azioni illegittime di chi è entrato in possesso della casa, consentendogli di esercitare un’azione di spoglio nel caso venga messo alla porta dall’oggi al domani.
Perché chi, per effetto della successione, acquisisce l’immobile nel suo patrimonio non può considerarsi al riparo dagli obblighi che incombevano sul proprietario prima della morte. Se il convivente non può mandare via la sua compagna con la quale ha instaurato un rapporto stabile e duraturo non può farlo neppure il suo erede.
Un limite che non era chiaro al ricorrente che si era sentito autorizzato ad introdursi clandestinamente nell’appartamento impedendo l’accesso alla donna. La Cassazione chiarisce che il convivente non può essere considerato un ospite da allontanare senza complimenti quando diventa indesiderato.
I giudici della seconda sezione civile ricordano che la convivenza more uxorio, come formazione sociale, fa scattare sulla casa in cui la coppia abita e dove mette in atto il progetto di vita comune “un potere di fatto basato su un interesse proprio del convivente diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità e tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare”.
In questo contesto è chiaro che non può essere tollerato il blitz dell’erede, come non sarebbe accettabile l’estromissione violenta da parte del compagno proprietario nei confronti del non proprietario, che acquista, come avvenuto nel caso esaminato, il diritto a tutelare il possesso del l’immobile attraverso l’azione di spoglio.
La Suprema corte, pur rimarcando le differenze tra il matrimonio e la convivenza, specifica che non si tratta di distinzioni tali da rendere giuridicamente irrilevanti i diritti sulla casa destinata ad abitazione comune. Quando un’unione, anche se libera e soggetta a sciogliersi in qualunque momento, ha assunto per durata ed esclusività un carattere familiare, non è consentito al convivente proprietario, né agli eredi, passare alle vie di fatto per mandare via l’ex dall’abitazione, dopo la dissoluzione del rapporto. Il canone della buona fede e della correttezza, “dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento”, impone al legittimo titolare che intenda recuperare l’esclusiva disponibilità dell’immobile, il dovere di avvisare e di concedere un termine congruo per reperire un’altra sistemazione.
Non passa neppure il tentativo del ricorrente di appigliarsi a una diversa residenza della signora. Per la Cassazione la presenza nell’appartamento degli abiti della donna e degli oggetti di sua proprietà, ad iniziare da alcuni mobili, sono la prova della relazione di fatto di quest’ultima con la casa.


[1] Cass. sent. n. 19423/14.
 
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Ollj

Ospite

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
la sentenza è questa:
Appunto, come prevedevo è una sentenza che estende in linea di principio le norme relative al coniuge, anche ai casi di convivenza more uxorio.

La sentenza fa salva la differenza tra matrimonio e convivenza, quando aggiunge che
impone al legittimo titolare che intenda recuperare l’esclusiva disponibilità dell’immobile, il dovere di avvisare e di concedere un termine congruo per reperire un’altra sistemazione.

Cosa questa non ammissibile, se si trattasse del coniuge legalmente riconosciuto.
 
O

Ollj

Ospite
ma rimane assolutamente libero di farlo coi figli che desidera avere con se.
Oltre a non capire le sentenze cita anche a spoposito il Cc, dimenticando che il diritto di abitazione e uso del mobilio è personalissimo; trae origine dal 540 Cc che disciplina diritti ed oneri. imposti ai coeredi
P.s. ci risparmi dal postare tutta la Treccani...
 

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
P.s. ci risparmi dal postare tutta la Treccani...
Lei ci risparmi la sua arroganza.

Se le sentenze non si capiscono, sarà anche dovuto alla incapacità dei giuristi di essere chiari ed usare un linguaggio comprensibile ai più, e soprattutto di univoca lettura.

Ci dica piuttosto dove la sentenza è stata fraintesa: così avremo modo di imparare , o magari capire i suoi limiti di comprensione.

Restiamo in curiosa attesa.
 
O

Ollj

Ospite
Se le sentenze non si capiscono, sarà anche dovuto alla incapacità dei giuristi di essere chiari ed usare un linguaggio comprensibile ai più, e soprattutto di univoca lettura.
.
Peccato che le sentenze non siano adottate dai giuristi!
A volte i Giudici non son chiarissimi, altre volte invece non li si vuol proprio comprendere; infatti
Il tribunale non ha espresso altro
dimenticando (o non riuscendo a comprendere) tal chiaro principio:
il diritto alla conservazione dell’abitazione familiare è riferito in via esclusiva al coniuge e solo di riflesso si estende anche ai figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti.
Del resto che al caso di specie non si potesse applicare l'art.540 Cc era chiaro sin da subito perchè il fratello non fa più parte della famiglia del coniuge superstite:
mio padre vive in casa con l'altro fratello, e lui ha le chiavi ma non è residente in quell'appartamento...in quanto a sua volta è proprietario di una sua casa e non ci abita
 

Luigi Criscuolo

Membro Storico
Proprietario Casa
ovvero assimilare quel caso all'attuale (del tutto diverso).
che i due casi, allo stato di fatto fossero diversi c'ero arrivato anche io da solo.
Io avevo solo ipotizzato che il fratello del postante si comportasse come la signora che aveva posto tempo fa il suo quesito: e cioè che il fratello insediatosi in casa del padre facesse dei lavori di manutenzione alla casa medesima (come li fece la signora) che godesse dei benefici dovuti alle migliorie (come fece la signora) e che alla morte del genitore superstite chiedesse ai fratelli comproprietari la loro parte per le spese sostenute per la manutenzione di cui lui ha goduto (come fece la signora).
Infatti nel mio intervento avevo scritto:
sappi che ho una buona memoria.... mi ricordo di un'altra discussione dove la figlia di una coppia, che aveva avuto altri due figli maschi, era rimasta nella casa famigliare, sposandosi aveva messo a posto la casa con i propri soldi, secondo le proprie esigenze, non ha mai pagato affitto. Con la morte di entrambe i genitori ha chiesto ai fratelli, secondo le loro parti di comproprietà, i soldi da lei spesi per mettere a posto la casa, di cui lei ha goduto senza esserne proprietaria; e tu hai sostenuto le sue ragioni. e se il fratello di @67principe facesse lo stesso?
 

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