Sperando di far cosa gradita colgo l'occasione per riprodurre un articolo che ho trovato molto interessante il cui Autore è Ezio Guerinoni - Studio Legale Guerinoni (Milano) - Università di Milano
Fonte: Pmi - Ipsoa Editore, n. 1, Gennaio 2007
Mediazione e obbligo di corretta informazione
L'obbligo di comunicazione del mediatore di cui all'art. 1759 c.c.
L'art. 1759 c.c., rubricato «Responsabilità del mediatore», recita, al primo comma, che «Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso».
Si tratta, in sostanza, di un obbligo analogo a quello che grava sul mandatario (il quale, a norma dell'art. 1710, comma 2, Codice civile è tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modifica del mandato) e sull'agente (che - ai sensi dell'art. 1746, comma 1 - deve fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni di mercato nella zona assegnatagli e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari).
La disposizione è volta ad evitare che il mediatore «presti la propria attività per lucrare la provvigione, pur sapendo che le parti concluderanno affari che risulteranno di nessuna convenienza per loro o che verranno successivamente annullati per i loro vizi di origine» (Stolfi).
Si tratta, quindi, di salvaguardare l'interesse delle parti a una vera rappresentazione della realtà.
Le circostanze che devono essere comunicate alle parti devono essere: a) note al mediatore; b) relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare; c) idonee ad influire sulla conclusione del contratto.
Non molto si deve dire sui requisiti indicati sub b) e c).
Al riguardo, è sufficiente rilevare che i caratteri suddetti richiedono, in sostanza, che si tratti di circostanze in base alle quali le parti decidono di concludere il contratto o di concluderlo a determinate condizioni ovvero di non concluderlo.
Maggiore attenzione deve, invece, essere dedicata al requisito indicato sub a).
In merito al carattere della notorietà della circostanza, si è precisato, innanzitutto, che la legge non impone al mediatore l'obbligo di svolgere specifiche indagini per l'accertamento di particolari circostanze (in questo senso anche la sentenza in commento), lasciando alle parti l'accertamento di quanto possa interessare alla conclusione dell'affare.
Si ritengono, tuttavia, ricomprese nel contenuto dell'obbligo informativo, tutte quelle circostanze di cui il mediatore abbia avuto anche solo una semplice notizia; non, invece, le valutazioni e le considerazioni soggettive, fra cui, in particolare, sarebbe ricompresa la mancanza di un serio intento di contrattare di una parte.
Dall'obbligo di fornire le informazioni note discende, d'altra parte, quello di non fornire informazioni non veritiere (consapevolmente false) e di non essere reticente con riguardo a circostanze determinanti per la conclusione del contratto.
Si discute, peraltro, se il dovere di informazione possa estendersi anche a quelle circostanze che, seppure non note, il mediatore avrebbe dovuto conoscere usando l'ordinaria diligenza (argomento questo fondato sul terzo comma dell'art. 1764 codice civile, il quale prevede l'applicazione delle sanzioni dai precedenti commi del citato articolo per il caso in cui il mediatore presti la propria attività nell'interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato d'incapacità).
Dibattute sono, ancora, le questioni relative al limite dell'obbligo di comunicazione del mediatore ex art. 1759, soprattutto con riguardo a quelle circostanze che gli sono state rivelate da una parte in via confidenziale e a quelle concernenti la solvibilità delle parti.
Secondo alcuni autori, peraltro, ogni indagine relativa alla veridicità e alla fondatezza dei fatti dell'informazione sarebbe riservata alla prudenza dei futuri contraenti, destinatari dell'informazione stessa; l'unico limite sarebbe dato dal terzo comma dell'art. 1764 codice civile in riferimento a persone notoriamente insolventi; in tal caso il mediatore sarebbe responsabile anche in caso di negligenza.
E così, qualora il mediatore avrà notizia di una circostanza di cui non è personalmente certo, dovrà comunque dare informazione della circostanza incerta.
In questo senso, si intende che l'obbligo di informazione deve ritenersi soddisfatto allorquando il mediatore abbia fornito l'informazione così come l'ha ricevuta, in quanto «oggetto del dovere di comunicazione è l'informazione come tale e non già il fatto» (Marini).
La violazione dell'obbligo di informazione di cui all'art. 1759, comma 1, obbliga il mediatore a risarcire i danni conseguenti a detta violazione.
Il danno si può configurare sia quando le parti concludono un contratto che altrimenti non avrebbero concluso o avrebbero concluso a condizioni diverse sia quando non lo concludono a causa della violazione dell'obbligo informativo.
Anche in tale ultima ipotesi, infatti, è possibile che le parti subiscano un pregiudizio: si pensi, da un lato, al fatto che l'affare sperato non è andato in porto; dall'altro, dalla circostanza che la prosecuzione delle trattative ha comportato per le parti un aumento delle spese inerenti alle trattative stesse.
Autore: Ezio Guerinoni - Studio Legale Guerinoni (Milano) - Università di Milano
Fonte: Pmi - Ipsoa Editore, n. 1, Gennaio 2007
Fonte: Pmi - Ipsoa Editore, n. 1, Gennaio 2007
Mediazione e obbligo di corretta informazione
L'obbligo di comunicazione del mediatore di cui all'art. 1759 c.c.
L'art. 1759 c.c., rubricato «Responsabilità del mediatore», recita, al primo comma, che «Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso».
Si tratta, in sostanza, di un obbligo analogo a quello che grava sul mandatario (il quale, a norma dell'art. 1710, comma 2, Codice civile è tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modifica del mandato) e sull'agente (che - ai sensi dell'art. 1746, comma 1 - deve fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni di mercato nella zona assegnatagli e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari).
La disposizione è volta ad evitare che il mediatore «presti la propria attività per lucrare la provvigione, pur sapendo che le parti concluderanno affari che risulteranno di nessuna convenienza per loro o che verranno successivamente annullati per i loro vizi di origine» (Stolfi).
Si tratta, quindi, di salvaguardare l'interesse delle parti a una vera rappresentazione della realtà.
Le circostanze che devono essere comunicate alle parti devono essere: a) note al mediatore; b) relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare; c) idonee ad influire sulla conclusione del contratto.
Non molto si deve dire sui requisiti indicati sub b) e c).
Al riguardo, è sufficiente rilevare che i caratteri suddetti richiedono, in sostanza, che si tratti di circostanze in base alle quali le parti decidono di concludere il contratto o di concluderlo a determinate condizioni ovvero di non concluderlo.
Maggiore attenzione deve, invece, essere dedicata al requisito indicato sub a).
In merito al carattere della notorietà della circostanza, si è precisato, innanzitutto, che la legge non impone al mediatore l'obbligo di svolgere specifiche indagini per l'accertamento di particolari circostanze (in questo senso anche la sentenza in commento), lasciando alle parti l'accertamento di quanto possa interessare alla conclusione dell'affare.
Si ritengono, tuttavia, ricomprese nel contenuto dell'obbligo informativo, tutte quelle circostanze di cui il mediatore abbia avuto anche solo una semplice notizia; non, invece, le valutazioni e le considerazioni soggettive, fra cui, in particolare, sarebbe ricompresa la mancanza di un serio intento di contrattare di una parte.
Dall'obbligo di fornire le informazioni note discende, d'altra parte, quello di non fornire informazioni non veritiere (consapevolmente false) e di non essere reticente con riguardo a circostanze determinanti per la conclusione del contratto.
Si discute, peraltro, se il dovere di informazione possa estendersi anche a quelle circostanze che, seppure non note, il mediatore avrebbe dovuto conoscere usando l'ordinaria diligenza (argomento questo fondato sul terzo comma dell'art. 1764 codice civile, il quale prevede l'applicazione delle sanzioni dai precedenti commi del citato articolo per il caso in cui il mediatore presti la propria attività nell'interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato d'incapacità).
Dibattute sono, ancora, le questioni relative al limite dell'obbligo di comunicazione del mediatore ex art. 1759, soprattutto con riguardo a quelle circostanze che gli sono state rivelate da una parte in via confidenziale e a quelle concernenti la solvibilità delle parti.
Secondo alcuni autori, peraltro, ogni indagine relativa alla veridicità e alla fondatezza dei fatti dell'informazione sarebbe riservata alla prudenza dei futuri contraenti, destinatari dell'informazione stessa; l'unico limite sarebbe dato dal terzo comma dell'art. 1764 codice civile in riferimento a persone notoriamente insolventi; in tal caso il mediatore sarebbe responsabile anche in caso di negligenza.
E così, qualora il mediatore avrà notizia di una circostanza di cui non è personalmente certo, dovrà comunque dare informazione della circostanza incerta.
In questo senso, si intende che l'obbligo di informazione deve ritenersi soddisfatto allorquando il mediatore abbia fornito l'informazione così come l'ha ricevuta, in quanto «oggetto del dovere di comunicazione è l'informazione come tale e non già il fatto» (Marini).
La violazione dell'obbligo di informazione di cui all'art. 1759, comma 1, obbliga il mediatore a risarcire i danni conseguenti a detta violazione.
Il danno si può configurare sia quando le parti concludono un contratto che altrimenti non avrebbero concluso o avrebbero concluso a condizioni diverse sia quando non lo concludono a causa della violazione dell'obbligo informativo.
Anche in tale ultima ipotesi, infatti, è possibile che le parti subiscano un pregiudizio: si pensi, da un lato, al fatto che l'affare sperato non è andato in porto; dall'altro, dalla circostanza che la prosecuzione delle trattative ha comportato per le parti un aumento delle spese inerenti alle trattative stesse.
Autore: Ezio Guerinoni - Studio Legale Guerinoni (Milano) - Università di Milano
Fonte: Pmi - Ipsoa Editore, n. 1, Gennaio 2007