annita45

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Salve,

sono proprietaria di un immobile costruito negli anni 90 nella provincia di roma, con regolare concessione edilizia ma senza documento di abitabilità in quanto abitato da noi stessi.

Mi trovo nella necessità di vendere tale immobile e nella raccolta dei documenti necessaria per richiedere l'agibilita ho scoperto una difformità dal progetto iniziale, in pratica il tetto è più alto di 50cm rispetto al progetto e quindi non ci rilasciano l'agibilità in quanto non è attulmente possibile condonare la parte eccedente.

Come posso effettuare la vendita senza tale documento? Andrò incontro a sanzioni? In fase di rogito il notaio può annulare la vendità?

grazie

Aggiunto dopo 23 minuti :

volevo aggiugere che la casa è regolarmente accatastata e tutti i relativi oneri pagati come pure sono in regola i vari allacci elettrici/idrici/fognari
 
Purtroppo il problema più grosso mi sembra che sia la NON conformità tra quanto concessionato e lo stato attuale.
Se fosse sanabile in qualche maniera, sarebbe opportuno provvedere immediatamente.

Il fatto che l'immobile sia regolarmente accatastato non ha rilevanza ai fini della conformità urbanistica del bene (il catasto non è probante).

Per quanto riguarda l'agibilità/abitabilità, una volta sanate le difformità, basta un dichiarazione asseverata di un tecnico qualificato, il quale per poterla fare dovrà verificare tutti i parametri richiesti (superficie, altezze, rapporto aero-illuminante salubrità degli ambienti ecc., ed essere in possesso delle certificazioni degli impianti.
 
Non credo si possa sanare - se non con un condono che, per ora, non c'è - un abuso del genere.

Non si può scoperchiare la casa e abbassarre il tetto e credo che nessun notaio rogiterebbe in queste condizioni.

la cosa più opportuna, comunque, è interpellare un bravo tecnico e vedere cosa consiglia...

Silvana
 
Magari fosse cosi...!!! ti ringrazio lo stesso... ironia della sorte se questa casa venisse costruita oggi sarebbe perfettamente in regola poichè ci è stata aumentata la cubatura...Grazie e Buon Natale
 
E' possibile venderlo, l'importante e che questa difformità, e la conseguente non ottenibilità del certificato di agibilità, emerga con estrema chiarezza nel rogito. D'altronde se l'acquirente accetta espressamente questa condizione, nulla ostacola il notaio dal redigere l'atto.
 
Grazie mille per quest'ultima risposta. L'agenzia incaricata per la vendita, era stata informata che l'immobile non era dotato del certificato di agibilità' ( ma non sapevavo che il tetto era più alto di 50 cm. ), ci aveva assicurato che non era un problema e noi ci siamo attivati per reperire i documenti necessari per metterci in regola, in questa occasione abbiamo fatto l 'amara scoperta di cui sopra. Un geometra dello stesso luogo dove abbiamo l'immobile, da noi contatato ci ha detto che non essendoci condoni, può il notaio dell'aquirente rifiutare il rogito, e andare incontro a spiacevoli conseguenze. Il 31-12 2010 scade il mandato con l'agenzia, per il timore di trovarci in brutte situazioni nostro malgrado abbiamo deciso di non rinnovare il mandato. Se tra di voi c'è un avvocato che ci può dare un ulteriore consiglio, vi saremo infinitamente grati...!!! Grazie Annita
 
Se la maggiore altezza del tetto di 50 cm ha determinato una maggiore cubatura rispetto a quella massima consentita ciò non è sanabile (salvo abbassamento del tetto) e conseguentemente mancando la conformità non si può procedere all'ottenimento dell'agibilità.
Ciò, comunque, non determina in via assoluta la non commerciabilità dell'immobile ove il compratore, posto a conoscenza del problema, accetti di acquistarlo, al limite con una riduzione del prezzo rispetto a quello convenuto, giustificato dal fatto che in futuro, o per la presenza di un condono o per altre vie possa renderlo agibile. Fondamentale è che nel rogito vengano esplicitate le cause che ne impediscono l'agibilità, e che il compratore dichiari di volerlo comunque acquistare. Ove ciò non venga esplicitato si incorre nella vendita "alid pro alio" (ovvero di vendita di cosa diversa da quella promessa) con conseguente possibile risoluzione del contratto e risarcimento dei danni.
A maggior chiarezza di quanto esposto:
la mancata concessione dell'agibilità costituisce, di fatto, una limitazione alle libertà che si riconnettono al diritto di proprietà, impedendone in concreto il legittimo esercizio.
Tali considerazioni, però, non devono condurre al facile equivoco, in cui sovente si rischia di cadere, soprattutto attraverso una cattiva interpretazione di alcune conclusioni giurisprudenziali, secondo cui la mancanza dell'agibilità costituisce un insormontabile impedimento alla validità del trasferimento di diritti relativi all'immobile che ne sia sprovvisto. Una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. Sez. III Civ. 23 gennaio 2009 n. 1701) che, peraltro, ribadisce un concetto già ampiamente affermato nel passato da altre pronunce su analoghe problematiche, ha ricondotto la licenza di abitabilità a rango di “requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della commerciabilità del bene [...]”. Ma tale dato letterale, come ben spiegato altresì in diritto nel prosieguo della citata sentenza, non deve essere interpretato nel senso che la mancanza della agibilità determini una limitazione legale alla circolazione dell'immobile. Infatti, in ciò ricollegandoci al secondo principio sopra evidenziato, la licenza di agibilità non costituisce una condizione giuridica della validità del contratto ma, incidendo esclusivamente sull'attitudine del bene compravenduto a svolgere la sua naturale funzione economico-sociale, ne rappresenta un elemento che contribuisce ad integrare l'identità dell'immobile.
La mancanza dell'agibilità, rendendo il bene inidoneo alla sua naturale utilizzazione, rende di fatto impossibile il soddisfacimento delle esigenze che hanno condotto l'acquirente a contrarre, determinando, per questa via, una inutilità dell'acquisto effettuato ed il perfezionamento, quindi, di una operazione negoziale antieconomica. Non si tratta, perciò, come peraltro ribadito in altra ancor più recente sentenza della Suprema Corte (Cass. 27 novembre 2009 n. 25.040 in “Notariato” 2/2010 con commento di S. Miranda IPSOA – Milano, 129 ss) di una “incommerciabilità” in senso giuridico, come da alcuni paventato, ma di una “incommerciabilità” in senso economico le cui conseguenze, come chiarito anche da quest'ultima pronuncia giurisprudenziale di legittimità, attengono ai profili dell'adempimento contrattuale e non si pongono in termini di condizionamenti alla validità del contratto
 

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