Antonio Azzaretto

Membro dello Staff
INTRODUZIONE

Prima di tutto definiamo il Condomìnio con una nuova nozione la quale, a mio giudizio, è necessaria per poter immaginare nuove idee: “Il Condomìnio è un insieme di famiglie che condividono in proprietà dei beni comuni e usufruiscono di un insieme di servizi”.

Si definisce “famiglia” la persona o l’ associazione di persone che condivide un appartamento. Questi soggetti, che dal punto di vista economico definisco ”unità economiche” spesso hanno dei legami affettivi che li porta a condividere tra loro le risorse finanziarie.

Prima di continuare è necessario definire in modo completo ciò che intendo per unità economica: “Si intende UNITA’ ECONOMICA la persona o l’ insieme di persone che, in autonomia e libertà di giudizio, ha il potere di destinare risorse finanziarie. Per completezza elenco le tipologie di unità economiche più importanti: La persona, la famiglia, il condomìnio, l’ impresa, l’ associazione, la chiesa, lo stato”.

Parte delle risorse finanziarie dei condòmini sono destinate ad una associazione più grande mediante le cosiddette “spese condominiali”.

L’ impiego di queste risorse è deciso normalmente dall’ assemblea di condomìnio mediante un atto formale denominato “delibera di assemblea di condomìnio”.

Questa “associazione di fatto” (Il condomìnio) di solito non si riconosce di più di quanto è strettamente necessario per il fine di condividere i beni e i servizi comuni.
Infatti la teoria attuale definisce il condomìnio niente di più che un “Ente di gestione”.

E’ una scelta condivisibile, ma non è l’ unica possibile.

Il condomìnio, considerato come insieme di famiglie residenti, può scegliere infatti di condividere i beni comuni e i servizi organizzati secondo regole che si ritengono opportune e condivise, delegando a una struttura amministrativa tutte le risorse finanziarie che si ritengono necessarie; si puo’ ipotizzare di destinare agli scopi comuni perfino tutte le risorse finanziarie disponibili.

Questa possibilità attualmente è verificata soltanto in un caso (che io sappia) in un luogo che si trova vicino Grosseto chiamato Nomadelfia.

L’ unità economica (La persona) che aderisce a questa associazione condivide i beni e i servizi erogati nel modo stabilito da regole certe e condivise, le quali sono disciplinate dalla Costituzione (Regolamento del supercondomìnio di Nomadelfia) che è unica e accettata in tutte le sue parti da tutti gli aderenti.

Riporto di seguito l’ ultimo comma dell’ art. 2 del regolamento chiamato “Costituzione” che disciplina le regole di questa associazione, il quale recita:

“Possono essere Nomadelfi coloro che….omissis….rinunciano a possedere beni a qualsiasi titolo e di qualsiasi natura, e accettano di essere poveri nel senso di avere solo il necessario per una vita dignitosa”.

Il principio di questo regolamento che riesco a percepire è che tutto è di tutti e niente è di qualcuno, e l’ oggetto di questa disciplina è un insieme di beni e di servizi che si trovano su un territorio definito (Il supercondomìnio appunto).
E’ chiaro infatti che il concetto “essere poveri”, e il concetto “necessario per una vita dignitosa”, sono di per se opinabili e soggettivi.
Il fatto che un insieme di persone deleghi questo genere di valutazioni a un ente preposto, il quale eroga servizi e gestisce i beni comuni per conto della comunità, per tutta la vita, è una scelta che è molto rara; anzi, che io sappia, è unica al mondo.

Questo è, a mio giudizio, il concetto di condomìnio portato alle sue estreme conseguenze.

L’ effettività di queste regole è garantita dalla adesione ai valori che uniscono quest’ associazione che sono essenzialmente religiosi e sociali.

E’ ovvio che questa uniformità di aspirazioni personali e comunitarie si verifica molto raramente, per cui non è possibile ipotizzare questa possibilità come alternativa da adattare alla realtà normale del condomìnio.

Tuttavia, l’ esistenza di questa possibilità estrema di condivisione di beni e servizi permette di immaginare una serie di possibilità realistiche, le quali, a mio giudizio, accrescerebbero il valore dei beni e dei servizi potenziali che l’ ente condomìnio sarebbe in grado di erogare a vantaggio di tutti i residenti.

La famiglia (Nel senso di insieme di persone che condividono uno spazio abitativo privato) credo che sia l’ azienda più diffusa nel mondo. Ho letto che il modo con cui è concepita la famiglia e i rapporti tra i familiari condiziona pesantemente perfino la storia economica degli stati nazionali.

Per cui vorrei esporre le convinzioni che mi spingono a tentare di provare una logica nuova.

E’ necessario considerare i fondamenti dei rapporti tra le persone, che causano gli incontri e creano i presupposti per formare associazioni tra persone che possono durare molti anni.

Sono questi fondamenti che possono evolvere ed è da questi fondamenti che le realtà sociali possono creare delle reti di solidarietà e di redistribuzione del valore.

Per immaginare queste nuove strutture, a mio giudizio, è necessario anzitutto provare a fare ordine e rendere efficienti le reti economiche che di fatto esistono e funzionano.

Pertanto, se si riesce a rendere efficiente l’ azienda condomìnio, la quale è costituita di fatto da un insieme di aziende famiglie, poi sarà possibile accrescere il valore di questa azienda quanto si è capaci.

Le potenzialità di sviluppo sono imponenti una volta che il condòmino (rappresentante dell’ azienda famiglia) potrà rendersi conto della realtà e dell’ organizzazione della propria azienda condomìnio.

Per ora cominciamo a considerare il nucleo più piccolo della azienda famiglia: La persona.

Questo soggetto o unità economica (la persona), si raffronta con l’ ambiente che lo circonda, e cerca di soddisfare i propri bisogni nella maniera più economica, efficace ed efficiente.

L’ ambiente è strutturato in reti economiche e di solidarietà che dipendono da tantissimi fattori storici, sociologici, culturali e politici.

Ho letto diverse teorie economiche che partono nella loro analisi a descrivere il “bisogno economico” e a considerarlo come oggetto esclusivo di attenzione.

La persona, con questo approccio, si identificherebbe come una specie di pianta che ha bisogno di materie e servizi che possono essere scambiati per crescere e svilupparsi.

Questo approccio, a mio giudizio, è fuorviante e non evidenzia il problema economico nella sua interezza, perché tralascia di considerare l’ aspetto a mio giudizio più essenziale e determinante di conseguenze sia nello sviluppo economico del soggetto, sia nello sviluppo di tutto l’ ambiente economico circostante.

Credo infatti che ogni persona abbia bisogno, soprattutto, di amare e di essere amata!!

Credo che tutto l’ambiente economico che circonda ogni persona, pertanto, dovrebbe essere organizzato in vista di questo ultimo e più importante bisogno, e che questa esigenza faccia parte dei desideri più intimi e non espressi di ogni uomo di buon senso.

L’amore è un sentimento emotivo, il quale condiziona i rapporti personali, sociali e, conseguentemente, anche economici.

Questi condizionamenti riguardano tutti gli aspetti della vita personale e sociale.

E’ evidente, quindi, che è interessante studiare questo sentimento in modo concreto, e immaginare delle sinergie sociali ed economiche basate sull’amore.

Chi scrive ritiene che i sentimenti colorano la nostra vita, e determinano il comportamento degli individui e delle società.

Credo che le scelte di un insieme di famiglie (Il condomìnio), pertanto, possano migliorare la vita delle persone, secondo ciò che l’ assemblea consideri importante e/o desiderabile.

Questa realtà, di fatto, è una forza sociale ed economica imponente, la quale può condizionare pesantemente la società, creando delle reti di solidarietà tra condòmini (Famiglie) e anche tra condomìni (associazioni di famiglie).

L’economia, in termini non formali, è la materia che studia come i beni materiali e i servizi acquistano valore, e le varie forme in cui i beni e i servizi vengono scambiati attraverso il loro valore.

E’ logico che il valore che attribuiamo alle cose e alle persone dipende fortemente dai sentimenti.

Quindi rivolgo a chi legge delle domande che anch’ io mi pongo ogni giorno:

Come è possibile creare delle istituzioni che generino fiducia e comprensione tra le persone che vi partecipano?

E’ possibile creare dei meccanismi adatti a creare fiducia?

E’ possibile inventare un modo di gestire il condomìnio che possa far crescere la possibilità di condividere parte delle risorse di ogni famiglia per progetti di interesse comune?

Accenniamo a risposte teoriche possibili:

E’ necessario creare dei collegamenti sicuri, i quali permettano a chi può e vuole di essere informato riguardo le iniziative sociali, culturali ed economiche, che meritano di essere finanziate, in quanto, attraverso il loro lavoro, rendono il mondo migliore e più abitabile per tutti.

Chi scrive è fermamente convinto che bisogna iniziare a considerare il dono come economicamente conveniente: E’ un investimento per un futuro più solidale, e anche con meno rischi di guerre e sommosse sociali, con esiti imprevedibili.

Questa convinzione vale a tutti i livelli, una volta che si raggiunga la consapevolezza della realtà sociale ed economica.

I cambiamenti che stanno portando verso la globalizzazione, dovrebbero far riflettere su quanto sia conveniente creare delle reti di solidarietà da sostituire a quelle che si stanno velocemente estinguendo.

Per tutti questi motivi desidero evidenziare l’esigenza individuale, sociale ed economica di redistribuire parte della ricchezza prodotta a chi, sfortunatamente, si trova in situazioni disagiate; inoltre desidero evidenziare anche l’ importanza dell’ organizzazione e della gestione degli insiemi di famiglie che esistono (i condomìni), poiché credo che sia possibile e necessario aumentare il valore economico di queste aziende in modo da rendere più sicura è più vivibile la vita.


LA CREAZIONE DEL VALORE SOCIALE

Ci sono concetti che si imparano solo per esperienza; non è sufficiente sentirli raccontare, oppure studiarli su appositi libri.

Per creare legami affettivi solidi tra persone, è necessario dedicarsi ad un impegno comune; un valore condivisibile e sufficientemente forte da richiedere impegno e costanza.

Attorno a questo impegno ci si ritrova e si inventano i rapporti di affetto; ci si aiuta e la vita si riempie di gioia e di soddisfazione.

Questa è l’esperienza di tantissime persone; potrei scrivere tantissime storie vere, ma non è conveniente all’economia di questo scritto.

Ciò che invece tendo a precisare è che è conveniente partecipare e darsi in attività che hanno per oggetto aiutare altre persone, perchè in questo modo si ha la possibilità di amare, e ogni persona ha bisogno di amare.

Il dato di fatto di aiutare un’altra persona ha, di per se, un valore economico oggettivo, anche se difficile da valutare.

Le istituzioni organizzate di solidarietà, pertanto, possiedono un valore economico oggettivo, il quale si aggiunge al valore umano e sociale che è fonte e sviluppo di queste organizzazioni.

Ecco allora il problema: Come fare a valutare economicamente il lavoro delle organizzazioni di solidarietà e aiuto?

Come fare a redistribuire la ricchezza attraverso queste strutture?

Ipotizziamo un’ esigenza:

E’ necessario creare delle strutture autonome di finanziamento che si preoccupino di raccogliere fondi e devolverli per i fini che queste strutture ritengano opportuni.

Immagino delle strutture private, le quali, attraverso la partecipazione delle persone e la condivisione di valori importanti creino apposite casse di risparmio, le quali permettano ad altre persone di perseguire i loro interessi, che sono anche i nostri:

Migliorare il mondo attraverso l’amore.


MOTIVAZIONI E CONCETTI GENERALI

A questo punto è arrivato il momento di spiegare perchè mai nasce l’esigenza di redistribuire la ricchezza, e, soprattutto, perchè è necessario inventare metodi formalizzati per “regalare” ricchezza attraverso strutture autonome e private di autofinanziamento.

Cominciamo da una affermazione di principio:

La ricchezza, all’inizio della vita è un dato di fatto!

Quando nasciamo, tutti noi veniamo gettati a caso in un angolo del mondo e ci ritroviamo in una situazione economica particolare.

Possiamo essere poverissimi o ricchissimi, e ognuno di noi può confrontarsi più ricco di qualcuno e più povero di qualche altro.

Ecco allora che spesso, anche nostro malgrado, ci ritroviamo ad avere molti più beni di quanti ne vorremmo, o di cui avremmo bisogno.

Più in particolare, a volte ci accorgiamo che la ricchezza è in contrasto con evidenti e manifeste povertà.

Che cosa notiamo? Una certa insofferenza e incomprensione nei confronti di situazioni che non ci toccano direttamente, ma ci riguardano.

La povertà si scontra con il benessere e ci si sente disarmati.

L’eventuale contributo o elemosina che, a volte, concediamo a sconto di questo disagio non risolve il problema; a volte serve soltanto a metterci a posto la coscienza.

Formalizziamo meglio questo discorso:

Esiste un limite in cui il confronto tra ricchezza e povertà evidenzia un’ ingiustizia.

Più in particolare, l’ingiustizia nasce dalla contrapposizione tra la troppa ricchezza e la troppa povertà.

Non c’è un limite assoluto a questa contraddizione.

Non esiste la possibilità di misurare questa ingiustizia, perchè la ricchezza è soltanto uno e neanche il più importante parametro per giudicare la vita di una persona.

Ditemi, per esempio, chi è una persona più ricca di un frate francescano; eppure egli non ha ricchezza!

Se non è possibile valutare obiettivamente il limite della ricchezza rispetto alla povertà, non è possibile neanche definire il concetto di ricchezza assoluta e il concetto di povertà assoluta.

O meglio: Si può definire partendo da una situazione economica di partenza.

Per esempio, una persona che possiede un paio di sandali è più ricca di una persona che è costretta a camminare scalza.

Siccome non esiste la possibilità di definire obiettivamente la ricchezza e la povertà, ogni scienza sociale si trova in difficoltà ad affrontare questi problemi, al fine di cercare soluzioni adeguate.

Le ideologie trattano di giustizia sociale, e non arrivano a considerare i problemi della persona; possono cercare degli orientamenti, non delle soluzioni globali. Anche la fede religiosa, pur invitando a considerare ciascuno come fratello, non ci da una ricetta preconfezionata di quanta ricchezza sia giustificata dall’innegabile bisogno materiale di ciascuno.

Come se ciò non bastasse, tutti noi viviamo in una società complessa che ha leggi rigide che tutti rispettano senza discussione; addirittura senza che queste norme siano formulate.

Per esempio: Ogni persona lavora perchè viene pagato!

Non esiste, o almeno chi scrive non ha mai letto nulla su quanto sia la giusta retribuzione al lavoro.

Esistono persone le quali, capitando in situazioni favorevoli, si ritrovano a guadagnare tantissimi soldi.

Esistono uomini ammirevoli, i quali lavorano gratis, o che trovano motivazioni sufficienti per lavorare a poco prezzo.

Esistono categorie di persone che svolgono lavori importantissimi e insostituibili, ma sono pagati poco perchè, sfortunatamente per loro, sono lontani dai luoghi in cui si crea il valore economico, e quindi è difficile, finanziariamente parlando, trovare i soldi per pagarli.

Non voglio entrare nel merito di questi problemi, perchè non è conveniente all’economia del discorso intrapreso; ho soltanto accennato alla complessità dell’argomento per poter introdurmi nell’analisi di una questione particolare:

Il problema della redistribuzione della ricchezza:

La ricchezza, quando viene accumulata e impiegata al fine di creare altra ricchezza prende un nome più specifico: Viene detta tecnicamente capitale.

Il capitale, ha delle caratteristiche che possono essere enormemente dannose per la società.

Si da il caso che il capitale, se investito, tende a riprodursi e rigenerarsi, e che questa qualità può essere incrementata dall’opera del titolare di questa ricchezza.

Questo dato inconfutabile, crea un vantaggio incolmabile da parte di chi possiede la titolarità di questo capitale, e, se non si creano dei meccanismi sociali appositi, i ricchi tendono a diventare sempre più ricchi, e i poveri, di conseguenza, si impoveriscono ulteriormente.

Oggi la ricchezza mondiale è, statisticamente parlando, nelle mani di pochissime persone.

Cosa si può fare? Come reagiscono le varie società a questi problemi?

Queste considerazioni, sono già implicitamente ammesse dall’esistenza di molte istituzioni e organizzazioni, le quali agiscono al fine di rimediare alla dilagante povertà di chi non ha i mezzi e le capacità di adeguarsi ai ritmi e alle esigenze della nostra società.

Questi enti si chiamano INPS, associazioni di volontariato, fondazioni di beneficenza, case di accoglienza per emarginati; ce ne sono molte e con diverse caratteristiche.

Tutte queste organizzazioni, possono contare unicamente su elargizioni gratuite, poichè nella gran parte dei casi non sono economicamente produttive.

O meglio: La produzione di queste “aziende sociali” non è direttamente collegata al tessuto economico, e quindi non ha nessuna possibilità di movimentare ricchezza.

Pertanto nasce l’esigenza di creare delle movimentazioni di ricchezza organizzate in alternativa a quelle normali, al fine di finanziare queste aziende sociali in modo costante.

Preciso che questo fatto non è per nulla diverso da ciò che già avviene normalmente per tutte le aziende esistenti.

Le cosiddette “movimentazioni finanziarie”, infatti, sono comunemente concesse dalle banche, le quali prestano fondi in cambio di interessi.

La transazione commerciale è motivata dall’incremento di ricchezza delle banche, e dal bisogno di fondi finanziari da parte delle aziende.

Analogamente, si possono immaginare istituzioni che concedano “movimentazioni finanziarie”, regalando soldi in cambio di funzioni sociali importanti.

Una obiezione comune a questa impostazione dell’argomento è la seguente: “Non dovrebbe pensarci lo stato a queste elargizioni?”.

A giudizio di chi scrive lo stato ha altri compiti!

E’ la società che deve sviluppare con i propri mezzi dei meccanismi di correzione ai problemi che ho esposto brevemente.

Lo stato, tramite la politica, ha la funzione di organizzare il territorio e di regolare i rapporti tra i cittadini.

Certamente può anche occuparsi di aiutare i meno abbienti, sia economicamente sia tramite i servizi sociali, ma questa attività è una forzatura della politica.

La dimostrazione di questa asserzione si evidenzia quando i fondi dello stato tendono ad esaurirsi, in quanto, proporzionalmente, diminuiscono anche i fondi finanziari destinati ai meno abbienti.

In questo periodo tutti noi possiamo assistere ai dibattiti politici i quali, per necessità contingenti, tendono a giustificare la diminuzione sempre maggiore dei fondi attualmente destinati alle classi sociali meno abbienti.

In un clima di liberalismo economico, questo settore deve essere privatizzato.

Le istituzioni e le organizzazioni si devono creare dal basso per essere solide.

Le strutture create dalla legge tendono ad essere fragili e poco produttive, perchè non sono motivate.

Ogni persona è responsabile dell’ambiente economico che lo circonda e può fare potenzialmente qualcosa.

Per essere concretamente d’aiuto, la persona in questione deve poter essere informata dei problemi; deve anche avere dei legami forti nello stesso ambiente, e deve anche avere la possibilità di agire responsabilmente in prima persona.

Altrimenti, solo, diviso e sfiduciato, la persona singola ha soltanto la possibilità di adeguarsi al lassismo generale; ciò comporta non avere fiducia di nessuno, difendersi continuamente, e considerare la società, anche in un ambiente piccolo come il condomìnio, come se fosse una giungla minacciosa e impenetrabile.

A conclusione di tutto il discorso, si può porre con cognizione la domanda:

Come è possibile creare delle strutture sociali autonome, capaci di informare sui problemi contingenti, ed anche riguardo le istituzioni che esistono per alleviare questi problemi?

Come inventare le istituzioni preposte a reperire e destinare aiuti finanziari concreti e stabili per queste organizzazioni?


L’AMBIENTE

Circoscriviamo il problema:

Siamo in Italia; sto parlando delle città. Molta gente vive in città.

Vogliamo uscire da casa e farci un giro?

Vediamo case, negozi, strade, e poi prati, alberi; in mezzo a tutto questo ambiente ci sono persone.

Miriadi di persone chiamate all’inglese “gente” ci passano vicino, e noi le conosciamo solo in minima parte.

L’ambiente si può considerare dal punto di vista sociale, ma non mi voglio impegnare in questo discorso.

Esistono infatti decine e decine di libri che parlano della società e dei rapporti tra le persone.

Voglio invece considerare l’ambiente dal punto di vista economico, in relazione al progetto complessivo di questo lavoro.

Visto da questa prospettiva, l’ambiente è formato da un numero limitato di unità economiche che si procurano ricchezza e che impiegano ricchezza.

Ritengo utile ripetere la definizione di unità economica scritta precedentemente:

“Si intende UNITA’ ECONOMICA la persona o l’ insieme di persone che, in autonomia e libertà di giudizio, ha il potere di destinare risorse finanziarie. Per completezza elenco le tipologie di unità economiche più importanti: La persona, la famiglia, il condomìnio, l’ impresa, l’ associazione, la chiesa, lo stato”.

Tutte le unità economiche esistenti creano il movimento finanziario che redistribuisce la ricchezza in modo capillare.
Questo movimento è causato in particolare dall’insieme di tutte le decisioni economiche che motivano le destinazioni finanziarie (comunemente chiamate spese) erogate dalle unità economiche.

Le decisioni economiche, con un linguaggio per nulla tecnico, si possono definire come le ragioni che spingono le unità economiche a distribuire ricchezza.

Per esempio, la ragione che spinge una persona ad acquistare un vestito, è, in primo luogo, l’esigenza di coprirsi; in secondo luogo la necessità di adeguarsi alle persone che stanno più vicino al suo ambiente (Così un frate si comprerà un saio, un metallaro si comprerà un chiodo, un imprenditore un vestito, e così via......); in terzo luogo la scelta dipenderà dai mezzi finanziari a disposizione.

Questo piccolo esempio serve per far intuire la complessità dei problemi di cui abbiamo la presunzione di studiare.

Ma serve anche per fare un’altra considerazione: A prescindere da ogni opinione politica, sociale o religiosa, un ambiente economico prospera solo ed in proporzione a quanto ripartisce la ricchezza in modo omogeneo; inoltre vive in pace solo se tutti i gruppi sociali si rispettano, e pongono a fondamento della loro esistenza la tolleranza e il dialogo.

Per ciò che concerne il secondo punto, la pace, il rispetto e la tolleranza si costruiscono affidandosi alla religione (per chi ha fede), alla politica (in quanto risolve i contrasti in modo non traumatico), e alla sociologia (in quanto studia la convivenza sociale e aiuta a capire come si evolve).

Per ciò che attiene la ripartizione della ricchezza, il problema è legato alla religione, alla politica e alla sociologia, ma ha delle caratteristiche diverse.

Come ho già accennato, la ricchezza è un dato che esiste a prescindere dai rapporti tra le persone.

Una persona un giorno gioca un biglietto alla lotteria e vince € 2 milioni.

Tutto resta uguale nella sua vita, eppure questo fatto modifica all’istante tutti i suoi rapporti sociali.

In un momento, la persona presa ad esempio si ritrova tra le mani una potenza finanziaria inaspettata, e deve imparare a gestirla.

La potenza finanziaria si manifesta nella possibilità di fare (Di distribuire valore economico……di destinare risorse finanziarie……di spendere).

La volontà e il desiderio dell’unità economica è condizionata in modo determinante dalla potenza finanziaria disponibile.

Per questa ragione, il rapporto con la ricchezza è sempre stato visto in modo problematico.

Il potere di fare si esprime attraverso la disponibilità finanziaria.

E’ un potere assoluto e dispotico.

Per questo, storicamente, sono stati creati tantissimi sistemi per controllare e dirigere questo enorme potere.

Sono accadute guerre e dominazioni al fine di liberare il popolo da questo potere.

Ma invano!

I problemi legati alla potenza finanziaria non si possono risolvere, perchè sono relativi, non assoluti.

I capitali finanziari sono necessari per sviluppare la società, indipendentemente da chi li possiede.

Alla luce del discorso appena espresso, a mio giudizio, si può esprimere questa considerazione:

I meccanismi che regolano l’economia sono conseguenti a leggi matematiche, ma, dipendono fortemente dai valori etici e morali che fondano la società.

I valori etici e morali motivano le unità economiche, nell’ambito dell’utilizzo della loro potenza finanziaria.

Si può anche dire che ogni volta che si destìnano risorse finanziare (si spende) automaticamente si vota per l’ azienda che promuove, produce e/o vende un bene o un servizio.

L’economia pertanto non può modificare i processi sociali che determinano le movimentazioni finanziarie; essa può soltanto valutarne gli effetti.

Anche la politica può fare abbastanza poco, poiché è condizionata dai valori etici che guidano i comportamenti dei gruppi di persone i quali votano i vari partiti politici e scelgono le persone che poi scrivono le leggi.

Il limite della povertà è chiaramente il bisogno materiale.

Ogni uomo ha bisogno di mangiare, di bere e di coprirsi, e su questi dati non esistono discussioni.

Il limite della ricchezza, invece, è illimitato.

Ogni uomo, in teoria, può tendere a possedere il mondo.

La giustizia sta da qualche parte, in mezzo a questi limiti, e dipende dall’ottica e dalla situazione della persona che formula il giudizio.


CONCLUSIONE

Ci sono delle volte in cui è necessario tentare strade nuove.

Rischiare di diventare consapevoli è un modo per mettersi in relazione con la realtà, ed è il primo passo per poter migliorare l’ ambiente economico che ci circonda.

Ebbene il condomìnio è, a mio giudizio, l’ ambiente economico più vicino a molte persone che conosco, ed è anche la realtà che è in grado di migliorare con più facilità.

Il lavoro che svolgo è paragonabile, per analogia, al lavoro del cuoco.

Ho scritto le ricette, conosco gli ingredienti, sono in grado di cucinare e credo anche di disporre di una buona cucina.

Gli ingredienti però non li posso inventare; se un assemblea di residenti non trova le motivazioni sufficienti per provare a far evolvere la gestione aziendale del proprio condomìnio, tutto quello che io posso offrire è un’ ottima e trasparente amministrazione dello stabile.

Desidero concludere questo insieme di idee utili per esprimere la mia visione di una gestione solidale del condomìnio e della società con un proverbio che amo ricordare quando inizio una consulenza professionale particolarmente impegnativa, e che in genere mi serve per trovare il coraggio di iniziare un percorso nuovo e molto difficile:

“DA QUI’ ALLA LUNA C’ E’ SOLO DA TROVARE LE SCALE!”.
 

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