Luigi Criscuolo

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Lavoro subordinato
Il contratto di lavoro subordinato è caratterizzato da una "subordinazione" del lavoratore, il quale in cambio della retribuzione si impegna a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto.
Sono: Lavoro dipendente; Contratto di lavoro a tempo determinato; Part-time;
Apprendistato; Contratto di lavoro intermittente; Contratto di somministrazione.


Lavoro parasubordinato

Il lavoro parasubordinato indica un tipo di lavoro con caratteristiche intermedie tra quelle del lavoro subordinato e quelle del lavoro autonomo. Si tratta di forme di collaborazione svolte continuativamente nel tempo, coordinate con la struttura organizzativa del datore di lavoro, ma senza vincolo di subordinazione.
Sono due: Lavoro a Progetto; LAvoro accessorio

A) LAVORO A PROGETTO
Questa tipologia di contratto è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge 30/2003 e disciplinata nel relativo D.lgs. 276/2003, nel tentativo di disciplinare e regolarizzare i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, collegandoli ad uno specifico progetto.
Il cosiddetto co.co.pro. costituisce quindi una forma di lavoro non subordinato per la cui instaurazione è tassativamente necessaria la forma scritta, secondo quanto chiarito a seguito dell'entrata in vigore della L.99/2013, di conversione del D.L. 76/2013; in assenza di un progetto specifico, il rapporto sarà considerato un rapporto di lavoro subordinato, salvo la prova contraria fornita dal committente. Tale legge ha altresì previsto che, se l'oggetto del contratto è un'attività scientifica, che necessita di ampliamento di contenuti o di tempo, il progetto è prorogato automaticamente.
Sono sottratti alla disciplina delle co.co.pro. le prestazioni intellettuali professionali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione ad albi o ordini professionali, nonché le collaborazioni coordinate e continuative utilizzate a fini istituzionali a favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni sportive nazionali, quelle rese da soggetti che percepiscono la pensione di vecchiaia e per i componenti di organi di governance delle società.
Sono escluse dal campo di applicazione della disciplina del co.co.pro. quelle prestazioni lavorative occasionali di durata non superiori alle 30 giornate nel corso dell'anno solare (ovvero 240 ore nell'anno solare nell'ambito dei servizi di cura ed assistenza alla persona), definendosi così il concetto di collaborazione occasionale.
La L. 92/2012 ha introdotto sostanziali novità relative a questo contratto, con l’intento di contrastare l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità che sono stati progressivamente introdotti nell’ordinamento. Così ha previsto disincentivi normativi e contributivi, nonché una definizione più stringente del progetto o dei progetti che costituiscono l'oggetto della collaborazione coordinata e continuativa:
  • è stato abolito dal concetto di progetto il riferimento al programma di lavoro o alla fase di esso;
  • il progetto deve essere funzionalmente connesso al conseguimento di un risultato finale e non può più consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa committente, né in compiti meramente esecutivi e ripetitivi, secondo quanto chiarito a seguito dell'entrata in vigore della L.99/2013, di conversione del D.L. 76/2013;
  • quando l’attività del collaboratore a progetto sia analoga a quella svolta da lavoratori subordinati, salvo prova contraria del committente, la collaborazione viene considerata un rapporto di lavoro subordinato fin dall'inizio;
A questo proposito, si precisa che il contratto a progetto non prevede un orario rigido o un monte ore predeterminato ma l’assolvimento del progetto nei tempi e modi indicati al momento della stipula del contratto.
Le parti possono risolvere per giusta causa la collaborazione prima della scadenza del termine, mentre il committente potrà recedere anche quando il collaboratore non risulti professionalmente idoneo per realizzare il progetto, così come il collaboratore potrà recedere con preavviso nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto. La L. 99/2013, di conversione del D.L. 76/2013, ha esteso anche alle collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto, la disciplina della convalida delle risoluzioni consensuali e delle dimissioni.
Il compenso del collaboratore, proporzionato alla qualità e quantità di lavoro prestato, non potrà essere inferiore ai minimi contrattuali previsti per mansioni equiparabili a quelle svolte dal collaboratore e calcolate sulla media dei contratti collettivi di riferimento.
A partire dal 2013 l'indennità “una tantum" introdotta dal decreto anticrisi (L. 2/2009) viene ora riconosciuta, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, ai collaboratori che in regime di monocommittenza abbiano avuto nell'anno precedente un reddito non superiore a 20 mila euro; l'indennità sarà riconosciuta agli iscritti alla Gestione separata Inps, che abbiano versato nell'anno precedente almeno 4 mensilità e, in quello di riferimento, almeno una mensilità; l'importo dell'indennità è pari all'importo del 5% del minimale annuo di reddito previsto dalla L. 233/90 moltiplicato per il minor numero tra le mensilità versate nell'anno in corso e in quello precedente.
Le aliquote contributive sui contratti a progetto aumentano progressivamente di un punto percentuale a partire dal 2013 e fino al 2018. Per gli iscritti alla Gestione separata Inps nel 2013, la contribuzione rimane al 27% e raggiungerà il 33% nel 2018. Per gli iscritti ad altra gestione, la contribuzione già dal 2013 aumenta al 20% e raggiungerà il 24% a partire dal 2016.
La L. 99/2013, di conversione del D.L. 76/2013, interviene anche sul Decreto sviluppo (convertito nella L. 134/2012) che aveva specificato che il ricorso al contratto a progetto è ammissibile anche per le “attività di vendita diretta di beni e di servizi, realizzate attraverso call center outbound, purché sia definito un corrispettivo congruo dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento", chiarendo che il ricorso al lavoro a progetto è ammesso sia per le attività di vendita diretta di beni e servizi sia per le attività di servizi.

B) LAVORO ACCESSORIO
Con lavoro accessorio si è inteso regolamentare quelle attività lavorative che si collocano al di fuori della legalità, nell'ottica di una maggiore tutela del lavoratore. Si tratta infatti di prestazioni non riconducibili alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma aventi la finalità di assicurare le tutele minime previdenziali e assicurative.
Con l'entrata in vigore della L. 99/2013, di conversione del D. L. 76/2013, si è modificata la natura del contratto di lavoro accessorio, che va inteso come l’insieme di prestazioni lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a € 5.060 netti nel corso di un anno solare. Viene meno così il riferimento alle prestazioni meramente occasionali che caratterizzava il lavoro accessorio.
Il lavoro accessorio si utilizza in diversi ambiti: agricolo, commerciale, turistico, dei servizi, della Pubblica Amministrazione, con alcune limitazioni.
Per il 2014, i percettori di cassa integrazione salariale o di misure di sostegno del reddito, in qualsiasi settore produttivo, compresi gli Enti locali, potranno lavorare con contratto di lavoro accessorio per un compenso massimo di € 3.000 netti nell’anno solare. L’INPS è incaricato a detrarre la contribuzione figurativa dalle misure di sostegno, conguagliando con gli accrediti contributivi derivanti dal lavoro accessorio.
La L. 92/2012 ha ridefinito i limiti di applicazione di tale istituto, eliminando l’elenco di attività definite nella Legge Biagi e stabilendo che si ha lavoro accessorio quando un soggetto, nel corso di un anno solare, non percepisca più di € 5.060 netti dalla totalità dei committenti. Se i committenti sono imprenditori commerciali o professionisti, per ciascuno di questi opera il limite di € 2.020 netti nell'anno solare, fermo restando il limite massimo di € 5.060.
Anche la Pubblica Amministrazione può ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio.
Per specifiche categorie di soggetti in stato di disabilità, detenzione, tossicodipendenza e beneficiari di ammortizzatori sociali, la L. 99/2013, di conversione del D.L. 76/2013, prevede la possibilità di ricorrere al lavoro accessorio secondo una regolamentazione speciale che sarà individuata da un apposito decreto ministeriale.
Per il lavoratore, il compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sul suo stato di disoccupato o inoccupato.
E’ previsto che i compensi percepiti con il lavoro accessorio concorrano nella determinazione del reddito utile per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno.
Il pagamento della prestazione occasionale di tipo accessorio avviene attraverso i cosiddetti voucher (o buoni lavoro) che garantiscono, oltre alla retribuzione, anche la copertura previdenziale presso l'INPS e quella assicurativa presso l'INAIL.
Si sottolinea che per i buoni già richiesti al momento dell’entrata in vigore della Legge 92/2012 (18 luglio 2012) e fino al 31 maggio 2013 continuerà a trovare applicazione la precedente disciplina.
Con la Circolare n. 4 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 18 gennaio 2013, sono state fornite alcune indicazioni operative per il personale ispettivo sul lavoro accessorio.
L'attività lavorativa meramente occasionale è delineata con riferimento al compenso annuale massimo complessivo di 5.060 euro netti nell'anno solare, in capo al lavoratore e non più al committente, che anzi potranno essere molteplici.
Nei confronti del singolo committente, imprenditore commerciale o professionista (intendendosi per imprenditore commerciale qualsiasi persona fisica o giuridica che opera in un determinato mercato), si applica anche il limite massimo di 2.020 euro netti.
Le aziende agricole che superano 7.000 € di fatturato l'anno possono ricorrere al lavoro accessorio soltanto per le attività di carattere stagionale e utilizzare soltanto tre tipologie di prestatori: i pensionati, gli studenti tra i 16 e i 25 anni nei periodi di vacanza, iscritti ad un ciclo scolastico o universitario e, anche per il 2014, i percettori di prestazioni a sostegno del reddito.
Nel settore agricolo, fermo restando il limite dei 5.060 euro netti, le nuove norme si applicano:
  1. alle attività agricole stagionali svolte a favore di aziende con un fatturato annuo superiore a 7.000 euro da studenti tra i 16 e i 25 anni - nei periodi di vacanza - regolarmente iscritti ad un ciclo scolastico o universitario, da pensionati e da percettori di prestazioni a sostegno del reddito;
  2. a qualsiasi tipologia di attività agricola, anche a carattere non stagionale, svolta a favore di piccoli produttori agricoli (l'indice è il volume di affari non superiore ai 7.000 euro),da qualsiasi soggetto, purché non iscritto l'anno precedente nell'elenco dei lavoratori agricoli.
In questo settore non trova applicazione l'ulteriore limite dei 2.020 euro netti previsto per i committenti imprenditori commerciali e professionisti.
In generale, non è possibile ricorrere al lavoro accessorio tramite intermediari o contratti di appalto e di somministrazione, ad eccezione del servizio di steward della società calcistiche, come disciplinato dal Decreto del Ministro dell'Interno dell'8 agosto 2007, modificato dal Decreto del Ministro dell'Interno del 24 febbraio 2010.

Lavoro autonomo

Il lavoro autonomo è svolto da chi si obbliga a compiere nei confronti di un committente, a fronte di un corrispettivo, un'attività in proprio e senza vincolo di subordinazione .
Partite IVA

(dal sito Disciplina del rapporto di lavoro
 

Luigi Criscuolo

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Proprietario Casa
Il contratto di lavoro subordinato è caratterizzato da una "subordinazione" del lavoratore, il quale in cambio della retribuzione si impegna a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto.
@Nemesis tu pensi che la maggior parte dei giovani che, senza arte né parte in quanto alla prima esperienza di lavoro, quando sono ingaggiati dalle aziende come Co.Co.Pro. lavorando all'interno di un progetto non siano soggetti alla subordinazione nei confronti del datore di lavoro? Sotto la forma di contratto Co.Co. Pro. si nasconde un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato come è descritto dalla definizione sopra riportata. Tanto è vero che c'é stata una levata di scudi da parte dei sindacati.
 

Luigi Criscuolo

Membro Storico
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Come volevasi dimostrare.
parasubordinato: il prefisso para secondo te cosa indica? che non è subordinato? oppure che è simile al subordinato? oppure che la subordinazione c'é ma non è vincolante?
Accettare la subordinazione è una facoltà del Co.Co.Pro. . Ma se non l'accetta viene risolto anticipatamente.
Infatti il contratto a progetto non prevede un orario rigido o un monte ore predeterminato ma l’assolvimento del progetto nei tempi e modi indicati al momento della stipula del contratto.
Le parti possono risolvere per giusta causa la collaborazione prima della scadenza del termine, mentre il committente potrà recedere anche quando il collaboratore non risulti professionalmente idoneo per realizzare il progetto, così come il collaboratore potrà recedere con preavviso nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto.
 

Paolik65

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Sono un amministratore-condomino unico, cioè sono un condomino che fa l'amministratore solo ed esclusivamente del proprio condominio, il rapporto di lavoro è un Co.Co.Pro, con Gestione separata INPS. A seguito dell'introduzione della Jobs Act, questo tipo di rapporto di lavoro sparirà, mi chiedo cosa potrò fare per regolarizzare la mia posizione. Qualcuno mi sa dare un suggerimento? Grazie dei vostri consigli, :)

Anch'io sono nella medesima situazione.
In merito a chi ha fatto obiezioni confermo che dal 2001 io faccio l'amministratore di condominio di un solo condominio, nel quale sono proprietario di alcuni immobili, in co.co.co., come previsto peraltro non solo da tutti i commercilisti e consulenti del lavoro che ho sentito, ma anche da una specifica circolare della Agenzia delle Entrate che ammette questa tipologia di contratto purchè si amministri un solo Condominio. Oltre si deve aprire comunque partita IVA.
Ora come ci si comporterà per avere comunque diritto al nostro compenso e non finire nella illegalità?
Pare che vi siano alcune eccezioni che comunque consentano di fare ancora il co.co.co., ma non so se questo caso particolare è previsto dal Job Act. In ogni caso si tratta per me di un bel problema che devo assolutamente risolvere prima del 2016.
 

Luigi Criscuolo

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In ogni caso si tratta per me di un bel problema che devo assolutamente risolvere prima del 2016.
passare da Co.Co.Pro./Co. a lavoratore autonomo che problema c'é?
Io faccio parte della parte di quelli che come hai detto tu "ha fatto obiezioni" e sai perché? Leggiti le caratteristiche del Co.Co.Pro.: quale è il progetto di un condominio? essere amministrato finché è in vita. Può un progetto non avere una scadenza? ed essere aggirato rinnovando tutti gli anni, o ogni 3 anni, l'incarico? Tra l'altro la prima Co. significa contratto, la seconda Co. significa collaboratore, cioè una persona che lavora assieme ad altri lavoratori per conto di un committente nell'ambito di un Progetto ben definito. Tra l'altro scrivendo questo intervento mi è venuto in mente che la differenza tra un Co.Co.Pro. ed un lavoratore Autonomo potrebbe essere nel fatto che il Co.Co.Pro. durante il contratto non può fare contemporaneamente alcuna altra attività in quanto lavoratore parasubordinato mentre il lavoratore Autonomo può assumere incarichi anche contemporanei che non siano in conflitto tra loro.
Con chi collabora un amministratore di condominio?
Diciamocela tutta, è perché l'amministratore di condominio, pur essendo una professione, non ha ancora ottenuto l'ufficialità di un ordine professionale: sulla spinta di diverse associazioni sono stati creati dei registri a livello comunale e basta. La recente riforma del condominio del 20 settembre 2012 ha stabilito per legge quali siano i requisiti per esercitare la professione ma non ha ancora pianificato la creazione di ordini professionali.
 
O

Ollj

Ospite
Concordo con @Luigi Criscuolo: la subordinazione nel Co.co.pro. è evidente; che poi formalmente si possa "ovviare" è altra cosa.
Agenzia delle Entrate ha favorito l'inquadramento dell'amministratore "unico" nel Co.Co.Pro. ma non ha mai escluso la possibilità di ricondurlo anella Partita IVA (cosa tralaltro fiscalmente e contabilmente vantaggiosa per chi iniziasse ex novo con il sistema dei nuovi minimi). Se l'interessato lo desidera, nulla gli vieta di aprire Partita I.v.a. ed amministrare il proprio condominio: motivo? sono alla ricerca di nuovi clienti.
Saluti
 

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