Nemesis

Membro Storico
Proprietario Casa
Non sono in contrasto perché la prima frase che hai citato si riferisce (è applicabile solamente) alle locazioni abitative. Mentre la seconda si riferisce a quelle a uso diverso dall'abitativo.
 

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
Grazie: avevo letto in fretta. Non avevo letto lo stacco
Conoscevo la motivazione finale per altro riportata in una circolare: il vero problema è che l'attuale situazione delle locazioni commerciali è spesso in notevole sofferenza; e non si sa se sia bene preferire l'immobile sfitto o pazientare con l'inquilino in difficoltà, in attesa di tempi migliori.
 

Bruno Salerno

Membro Junior
Proprietario Casa
Per le sole locazioni di immobili a uso abitativo, l'art. 8, comma 5, della legge n. 431/1998, introducendo due nuovi periodi all'attuale art. 26 del TUIR, ha stabilito che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Conseguentemente, detti canoni non devono essere riportati nella relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa, si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità e, nel caso in cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d'imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti.
La disposizione di cui sopra, limitata ai soli immobili concessi in locazione a uso abitativo, deroga al principio generale di imputazione dei redditi fondiari in quanto esclude dal reddito i canoni che non sono stati percepiti, a condizione che lo stato di morosità del conduttore risulti da un accertamento giudiziale il cui procedimento abbia avuto termine.

Per le locazioni di immobili non abitativi il legislatore non ha previsto una disposizione analoga. Ne consegue che:
- il relativo canone, ancorché non percepito, va comunque dichiarato, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione, fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto medesimo;
- le imposte assolte sui canoni dichiarati e non riscossi non potranno essere recuperate.

Il sistema di tassazione che presiede alle locazioni non abitative non risulta gravoso e irragionevole, dal momento che il locatore può utilizzare tutti gli strumenti previsti per provocare la risoluzione del contratto di locazione (dalla clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., alla risoluzione a seguito di diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., alla azione di convalida di sfratto ex artt. 657 e ss del c.p.c….) e far "riespandere" la regola generale di attribuzione del reddito fondiario basata sulla rendita catastale.
Per le sole locazioni di immobili a uso abitativo, l'art. 8, comma 5, della legge n. 431/1998, introducendo due nuovi periodi all'attuale art. 26 del TUIR, ha stabilito che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Conseguentemente, detti canoni non devono essere riportati nella relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa, si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità e, nel caso in cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d'imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti.
La disposizione di cui sopra, limitata ai soli immobili concessi in locazione a uso abitativo, deroga al principio generale di imputazione dei redditi fondiari in quanto esclude dal reddito i canoni che non sono stati percepiti, a condizione che lo stato di morosità del conduttore risulti da un accertamento giudiziale il cui procedimento abbia avuto termine.

Per le locazioni di immobili non abitativi il legislatore non ha previsto una disposizione analoga. Ne consegue che:
- il relativo canone, ancorché non percepito, va comunque dichiarato, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione, fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto medesimo;
- le imposte assolte sui canoni dichiarati e non riscossi non potranno essere recuperate.

Il sistema di tassazione che presiede alle locazioni non abitative non risulta gravoso e irragionevole, dal momento che il locatore può utilizzare tutti gli strumenti previsti per provocare la risoluzione del contratto di locazione (dalla clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., alla risoluzione a seguito di diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., alla azione di convalida di sfratto ex artt. 657 e ss del c.p.c….) e far "riespandere" la regola generale di attribuzione del reddito fondiario basata sulla rendita catastale.
 

Bruno Salerno

Membro Junior
Proprietario Casa
Mi viene un dubbio.La normativa alla quale con estrema chiarezza fa riferimento Nemesis esclude l'obbligo di far registrare all'Agenzia delle Entrate la convalida dello sfratto per poter non considerare nella denunzia dei redditi i canoni di locazione non percepiti? Grazie per i chiaarimenti che vorrete fornirmi
 

moralista

Membro Senior
Professionista
Semplice se il locatario è titolare di due contratti uno residenziale e uno ad uso diverso, quello residenziale con lo sfratto esecutivo non fa reddito sui canoni non percepiti, mentre quello ad uso diverso secondo l'Agenzia delle Entrate produce reddito e paghi le imposte:rabbia::rabbia::rabbia:
 

uva

Membro Storico
Proprietario Casa
esclude l'obbligo di far registrare all'Agenzia delle Entrate la convalida dello sfratto per poter non considerare nella denunzia dei redditi i canoni di locazione non percepiti?
Rispondo in base alla mia esperienza.

Alcuni uffici dell'Agenzia delle Entrate esigono che il locatore consegni copia dell'ordinanza con la quale il giudice ha convalidato lo sfratto per morosità e conseguentemente risolto il contratto.

Altri uffici non chiedono quel documento.

All'Ag. Entrate di Torino dove svolgo le pratiche mi è stato detto che essendo la convalida un "atto pubblico" non occorre presentarla allo sportello. Andrà presentata solo se, a seguito controllo della dichiarazione dei redditi del contribuente, l'Agenzia la chiederà espressamente.
(Però non so se questa spiegazione ha qualche validità dal punto di vista legale oppure è solo un'interpretazione dell'impiegata di turno).
 

Bruno Salerno

Membro Junior
Proprietario Casa
In caso di procedura di sfratto per morosità, il proprietario, dalla data della convalida dello sfratto pagherà le imposte sulla base della rendita catastale. Qualora, però, nel contratto sia inserita la clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) il proprietario, eseguita infruttosamente la diffida al pagamento, può risolvere subito il contratto dandone comunicazione all'Agenzia delle Entrate. Poichè mi pare che tale metodo sia molto più veloce in quanto, per la convalida dello sfratto da parte del giudice occorrono in genere alcuni mesi dalla richiesta, non è il caso di inserire la detta clausola anche nei contratti di locazione ad uso abitativo? Ciò ferma restando la procedura legale per la liberazione dell'appartamento dall'occupante che, in tal caso non sarà più un inquilino moroso bensì un abusivo occupante.
 

moralista

Membro Senior
Professionista
Dato che le imposte si pagano in anticipo, e che lo sfratto si ottiene sempre in ritardo, tutte quelle pagate fino allo sfratto esecutivo su contratti ad uso diverso, non si possono portare a credito.
IN ARGOMENTO
Se nel contratto è stato scritto e accettato quanto segue: il mancato versamento mensile degli acconti spese condominiali produrrà su richiesta della proprietà la risoluzione del contratto per colpa grave del conduttore. Questa clausola potrebbe rientrare nel (1456 c.c.) nella sospensione delle imposte anche se lo sfratto non è ancora in essere, ringrazio anticipatamente
 

uva

Membro Storico
Proprietario Casa
non è il caso di inserire la detta clausola anche nei contratti di locazione ad uso abitativo?
Sì, è opportuno inserire la clausola risolutiva espressa anche nei contratti di locazione ad uso abitativo.
Però considera che il conduttore ha comunque diritto di sanare la morosità in udienza davanti al giudice, e conseguentemente ripristinare il rapporto locativo.

Ne abbiamo parlato in questa interessante discussione (in particolare post n. #11 e n.#13):
Inquilino che non paga... si può "chiudere" il contratto unilateralmente?
 

moralista

Membro Senior
Professionista
Ma la clausola inserita fa riferimento alle spese condominiale, e non al canone di locazione anche se il canone e spese sono ben distinte nelle rate mensili
 

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