Buonasera, chiedo un consiglio su di una vicenda che ha già rasentato l'assurdo e che è diventata drammatica.
Ero in procinto di vendere la casa di famiglia edificata nel 1968 dove abbiamo sempre abitato regolarmente accatastata di cui abbiamo tutta la documentazione (agibilità, concessione edilizia, atto acquisto terreno, scheda catastale, progetto e quant'altro necessario). In fase di sopralluogo e preparazione della documentazione necessaria salta fuori una difformità rispetto al progetto autorizzato di alcuni centimetri che va oltre il volume progettuale concesso allora e che esula dalla tolleranza di costruzione del 2% (si tratta forse di 3/4 mq). A questo punto entra in gioco la necessità di affidare la pratica ad un professionista per predisporre la pratica di sanatoria; detta pratica richiede la famosa doppia conformità, sia al piano regolatore del 1968 sia al pgt vigente oggi. Non incorriamo in particolari preoccupazioni in quanto, dacché ne abbiamo memoria, la volumetria residua del terreno sul quale è costruita la casa consente la costruzione di una seconda casa ma, andando a spulciare le regole in vigore nel 1968 scopriamo che la volumetria consentita allora (più bassa) è stata sforata seppur di poco; ne consegue quindi che al momento l'immobile, così com'è non è sanabile.
Una possibilità sarebbe quella di demolire la parte abusiva per diminuire il volume dell'immobile e rientrare nei parametri del 1968 ma ciò, oltre che essere economicamente improponibile andrebbe a compromettere la stabilità dell'edificio in quanto la parte in eccedenza realizzata e che andrebbe demolita consta di parete portante. Mi domando: ma possibile che si devono ancora tenere in considerazione delle regole di 50 anni fa che non rispecchiano più lo strumento urbanistico vigente e che a fronte di un abuso (perchè l'errore di cantiere o presunto tale supera la tolleranza del 2%) si debba demolire una parte di edificio che nessuno ha considerato per 50 anni e che oggi sarebbe ampiamente in regola?
Ogni consiglio su come procedere è ben accetto, grazie.
Ero in procinto di vendere la casa di famiglia edificata nel 1968 dove abbiamo sempre abitato regolarmente accatastata di cui abbiamo tutta la documentazione (agibilità, concessione edilizia, atto acquisto terreno, scheda catastale, progetto e quant'altro necessario). In fase di sopralluogo e preparazione della documentazione necessaria salta fuori una difformità rispetto al progetto autorizzato di alcuni centimetri che va oltre il volume progettuale concesso allora e che esula dalla tolleranza di costruzione del 2% (si tratta forse di 3/4 mq). A questo punto entra in gioco la necessità di affidare la pratica ad un professionista per predisporre la pratica di sanatoria; detta pratica richiede la famosa doppia conformità, sia al piano regolatore del 1968 sia al pgt vigente oggi. Non incorriamo in particolari preoccupazioni in quanto, dacché ne abbiamo memoria, la volumetria residua del terreno sul quale è costruita la casa consente la costruzione di una seconda casa ma, andando a spulciare le regole in vigore nel 1968 scopriamo che la volumetria consentita allora (più bassa) è stata sforata seppur di poco; ne consegue quindi che al momento l'immobile, così com'è non è sanabile.
Una possibilità sarebbe quella di demolire la parte abusiva per diminuire il volume dell'immobile e rientrare nei parametri del 1968 ma ciò, oltre che essere economicamente improponibile andrebbe a compromettere la stabilità dell'edificio in quanto la parte in eccedenza realizzata e che andrebbe demolita consta di parete portante. Mi domando: ma possibile che si devono ancora tenere in considerazione delle regole di 50 anni fa che non rispecchiano più lo strumento urbanistico vigente e che a fronte di un abuso (perchè l'errore di cantiere o presunto tale supera la tolleranza del 2%) si debba demolire una parte di edificio che nessuno ha considerato per 50 anni e che oggi sarebbe ampiamente in regola?
Ogni consiglio su come procedere è ben accetto, grazie.