Gianco

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In qualsiasi caso, se il Comune ha espropriato e occupato anche parzialmente, deve portare a termine la pratica dell'esproprio con la redazione del frazionamento e la voltura della parte acquisita.
@happysmileone docrà prendere o regolarizzare il possesso della parte risultante, visto che per la regolarizzazione catastale dovrebbe aver provveduto l'Ente espropriante.
 

happysmileone

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Riassumendo :
-negli atti di acquisto c'e' una porzione di terreno fronte strada "soggetta ad esproprio per ampliamento della strada"
-Il Comune non ha usufruito se non parzialmente della porzione di terreno ma come scritto nella relazione tecnica non ha provveduto ad:
"effettuare la redazione del decreto definitivo di esproprio per l'area oggetto di ampliamento e tanto meno ha provveduto alla variazione della mappa catastale "
- il fatto che il terreno non sia diviso tra i due proprietari non credo influenzi la problematica
come proseguire per avere la certezza che il vincolo di esproprio non esista piu' e che catastalmente risulti quanto fatto?
Una volta sistemata questa problematica i proprietari vorrebbero effettuare la divisione della proprieta' libera da vincoli ....
 

griz

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-negli atti di acquisto c'e' una porzione di terreno fronte strada "soggetta ad esproprio per ampliamento della strada"
a quanto scrivi questi atti risalgono al 1939, non credo che questo vincolo possa valere oggi, a maggior ragione se:
-Il Comune non ha usufruito se non parzialmente della porzione di terreno ma come scritto nella relazione tecnica non ha provveduto ad:
"effettuare la redazione del decreto definitivo di esproprio per l'area oggetto di ampliamento e tanto meno ha provveduto alla variazione della mappa catastale "
il comune ha fatto quello che aveva intenzione di fare in modo meno invasivo comunque senza perfezionare l'esproprio. Direi che se i proprietari sistemano il catasto e fanno le divisioni, nessuno avrà da dire
 

happysmileone

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happysmileone

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Speriamo visto che si riferisce alla legge regionale della Regione Lombardia che prevede la scadenza dopo 5 anni del vincolo che valga anche per la Regione Lazio ... continuero' a cercare ..
 

Nemesis

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Speriamo visto che si riferisce alla legge regionale della Regione Lombardia che prevede la scadenza dopo 5 anni del vincolo
No. La durata quinquennale del vincolo preordinato all'esproprio è previsto dall'art. 9 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità).
Che è quindi una norma nazionale, e le disposizioni sono entrate in vigore il 30 giugno 2003.
 

happysmileone

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La regione Lazio aderisce al T.U. DPR 08.06.2001 n. 327
che parla anche lui di cinque anni
" Art. 9. Vincoli derivanti da piani urbanistici (L)

1. Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità. (L)
2. Il vincolo preordinato all'esproprio ha la durata di cinque anni. Entro tale termine, può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. (L)
3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. (L)
(comma così modificato dal d.lgs. n. 302 del 2002)
ma poi si passa all'art 9 del T.U. edilizia:
"

Art. 9 (L) - Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica

1. Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora d.lgs. n. 42 del 2004 - n.d.r.), nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:

a) gli interventi previsti dalle lettere a), b), e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;
b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell’area di proprietà.

2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo.
e qui mi fermo perche' ho difficolta' a comprendere ....
 

happysmileone

Membro Assiduo
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... la storia continua con risvolti per me incredibili.
Come vi ho scritto su quel terreno indiviso sugli atti ma di fatto diviso al catasto fin dal 1940 !!!! sia i miei nonni che i genitori del confinante hanno realizzato un negozio . Per quanto la suddivisione del terreno ho solo trovato tra le carte una scrittura privata tra le parti non sottoscritta che riporta quanto risulta al catasto fabbricati ed al comune . Lo stato dei luoghi e' in linea con la suddivisione effettuata e l'estratto di mappa catastale della zona e' allineato con quella suddivisione. Ricordo che gli atti di acquisto risalgono al 1930 e l'accatastamento al 1939/40 (seconda guerra mondiale).
Ora il confinante vuol vendere il suo negozio ed il notaio incaricato dall'acquirente ci dice che essendo il terreno indiviso anche i due negozi sono indivisi anche se realizzati e pagati ed accatastati singolarmente e pertanto bisogna effettuare un atto di permuta delle quote per renderli separabili. In definitiva si cerca di dichiarare che il valore dei due negozi e' piu' o meno uguale e si pagano le tasse solo sul valore del maggiore. Dopo questa permuta il confinante puo' vendere il "suo" negozio . Peccato che i negozi non sono affatto di valore piu' o meno uguale ma il mio e' di valore notevolmente piu' basso e dichiarando un valore piu' alto credo che saro' penalizzato in futuro se volessi venderlo.
Avete qualche suggerimento su questa faccenda? Possibile che situazioni risalenti a periodi di guerra non possano essere sanati senza spese ? In effetti entrambi abbiamo pagato le tasse come se la divisione fosse stata effettuata e non abbiamo evaso nulla. Il controllo sugli atti di vendita ci ha fatto scoprire questa situazione solo ora ....
 

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