basty

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Dipende.
Se quando si è convenuto il distacco (2013/2014) non si è "contrattualizzata" una quota ...ora diventa difficile (salvo distaccato "munifico") pretendere una %.
Questo certamente.

Per questo richiamavo la possibilità di rivedere quello strampalato accordo in occasione della diagnosi energetica propedeutica alla applicazione della contabilizzazione : dovranno appunto stabilire la cosiddetta quota fissa, in cui il distaccato dovrà rientrare.
 

Luigi Criscuolo

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p.s.: non sei obbligato a capire ciò che intendo
in effetti è quello che è successo quando scrivi
parrebbe una contraddizione, se non facessimo il minimo sforzo di capire che intendi dire che a rimaner invariati sono stati i costi assoluti, e non quelli relativi alle sole unità rimaste col centralizzato.
scendi ad un livello meno filosofico ed approda ad un livello più materialista: i costi relativi alle singole unità rimaste allacciate sono aumentati, altrimenti i condòmini avrebbero approvato il bilancio consuntivo; ti pare?
Tutti quando siamo toccati nel portafoglio incominciamo a far funzionare più intensamente la materia grigia.
L'unico sistema corretto che previene errori è quello di considerare i consumi in mec e non i costi sopportati.
non è semplice calcolare quanto è costato il metano a mc perché ho notato che ogni 3 anni c'è un costo del riscaldamento più elevato rispetto al biennio precedente e questo secondo me è dovuto ai conguagli retroattivi del biennio precedente. Quindi bisogna andare a vedere quanto effettivamente è costato il metano a mc.
Tradotto se ante distacco ad un condòmino veniva adebitato l'equivalente di 1000 mc dopo il distacco del proprietario attico il corrispettivo dovra essere sempre di 1000 mc.
in questo caso non c'è un "aggravio di spesa" perché le eventuali differenze sono dovute alle oscillazioni del prezzo del metano. Seguendo questo ragionamento tutti, allora, si possono staccare, perché, calcoli alla mano, per scaldare un ambiente ci vuole una certa energia e sapendo quanta energia ha il riscaldamento a metano si arriva ad un valore che a parità di temperatura esterna è fisso.
 
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Luigi Criscuolo

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Per la cronaca i gradi-giorno sono definiti come la sommatoria delle differenze di temperatura esterna reali rispetto ai 20° considerati "normali", nel corso della stagione invernale: matematicamente vorrebbero rappresentare l'integrale della curva di temperatura del semestre invernale, riferita ai 20°C.
secondo me entriamo in un conteggio sofisticato da cui non usciamo più: l'arco delle 24 ore è caratterizzato da una Tmin e una Tmax: la prima si realizza tra le 2 e la 4 del mattino quando il riscaldamento è spento; la seconda si realizza tra le 13 e le 14 quando il riscaldamento è altrettanto spento. allora quale T prendiamo?
Nel prospetto che ho inoltrato, visto che il pagamento del gas si riferisce a stagione di riscaldamento, e non a consumo mensile, avevo ragionato per T medie durante il periodo di accensione utilizzando i dati già calcolati dall'ente che effettua questo servizio.
Altrimenti il rischio è che ragioniamo come i politici che per tirare la coperta dalla loro parte analizzano i dati e li paragonano rispetto ad altri dati che più gli fanno comodo: si potrebbe verificare il caso che nel mese di novembre e dicembre del 2014 nonostante i gradi giorno siano stati più sfavorevoli rispetto agli stessi mesi degli anni precedenti si è consumato meno.
Mi sembra che la legge non dica di spingersi ad un esame così dettagliato dice soltanto che dal distacco non devono esserci "aggravi di spesa" per chi rimane: e gli aggravi di spesa sono soldi che devono tirare fuori coloro che devono coprire il costo del riscaldamento.
 

basty

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Dimaraz ha scritto:
L'unico sistema corretto che previene errori è quello di considerare i consumi in mec e non i costi sopportati.
Luigi ha scritto:
non è semplice calcolare quanto è costato il metano a mc perché ho notato che ogni 3 anni c'è un costo del riscaldamento più elevato rispetto al biennio precedente e questo secondo me è dovuto ai conguagli retroattivi del biennio precedente.
incominciamo a far funzionare più intensamente la materia grigia.
Non credo che l'arroganza faccia aumentare l'autorevolezza: non mi pare il caso di entrare in competizione con il noto primatista....
Ti ripeto terra-terra: l'unico modo di equiparare i costi, come ti hanno suggerito Dimaraz ed il sottoscritto, è quello di equiparare i consumi (sperando che il potere calorifico del combustibile sia rimasto costante): la spesa è condizionata dai prezzi, che sono un fattore indipendente. Quando la legge dice "senza aggravio di spesa" è ovvio che intenda senza aggravio di consumi: la spesa non rimane costante se i prezzi cambiano.

Nel prospetto da te indicato , l'unico dato utile non è riportato: ed è quello dei mc consumati: per ottenerlo devi consultare le bollette presso l'amministratore. Derivarlo dalle fatturazioni è velleitario.
p.s.: e bisogna pure verificare le date di lettura del contatore, per equiparare periodi omogenei
 
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Luigi Criscuolo

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Non credo che l'arroganza faccia aumentare l'autorevolezza
scusa mi sono accorto di aver scritto "incominciamo" ma volevo dire "incominciano" se leggi la frase con il secondo verbo il significato cambia ed è quello che pensavo di scrivere.
Lungi da me l'intenzione di essere arrogante.
Quando la legge dice "senza aggravio di spesa" è ovvio che intenda senza aggravio di consumi
su questa affermazione non sono d'accordo: perché mi sembra ovvio che riducendo i volumi da riscaldare, e riducendo di conseguenza il volume di fluido termovettore da scaldare, si devono ridurre i consumi; pensare di consumare di più è quanto meno bizzarro.
Io interpreto "senza aggravio di spesa" che il legislatore intendesse dire che la ripartizione del costo della gestione complessiva del riscaldamento non solo deve essere inferiore alle gestioni precedenti, ma il minor costo si deve trascinare percentualmente la ripartizione millesimale del distaccato.
"Infatti con la sentenza n. 9526 del 30 aprile 2014, la Suprema Corte pone
l’accento sulle novità in materia introdotte con la L. 220/2012 evidenziando che “[…], un orientamento giurisprudenziale che ha assunto, adesso, veste di diritto positivo in ragione del quarto comma del nuovo art. 1118 c.c. […] il quale, ha, espressamente, ammesso la possibilità del singolo condomino di distaccarsi dall’ impianto centralizzato di riscaldamento o di raffreddamento qualora dimostri che dal
distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento od aggravi di spesa per gli altri condòmini”.
In altri termini, e in sintesi, […], continuano ad essere obbligati a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio […] perché se il costo di esercizio dell’impianto (rappresentato anche dall’ acquisto di carburante necessario per l’esercizio dell’impianto) dopo il distacco non è diminuito e se la quota non sarebbe posta a carico del condomino distaccante, gli altri condòmini sarebbero aggravati nella loro posizione dovendo farsi carico anche della quota spettante al condomino
distaccato”.

Un richiamo alla suddivisione delle spese di riscaldamento in una “quota fissa” da deliberarsi in assemblea in una “quota a consumo”, si rinviene anche nel Decreto della Giunta Provinciale di Bolzano n. 573 del
15 aprile 2013 che al n. 5 dell’Allegato “A”, in vigore da gennaio 2015, impone da quella data la
contabilizzazione dei costi per il riscaldamento e il raffrescamento secondo “una quota fissa per coprire
le spese fisse per la gestione dell’impianto, determinata in sede di assemblea condominiale, ripartita tra
le utenze in funzione dei millesimi” e “una quota variabile, ripartita tra le utenze in base al consumo

individuale determinato dagli strumenti”. Definizioni di “quota fissa” e “quota variabile” mutuate dalla norma UNI 10200:2005 che oggi, nella versione più recente sono meglio definite in “consumo involontario” e “consumo volontario”.
Da ciò appare evidente come qualsiasi distacco dall’impianto centralizzato comporta un aggravio di spesa per gli altri condòmini.
da http://www.altalex.com/documents/news/2014/10/03/riscaldamento-cen...
 

basty

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Buffo come il linguaggio si presti ad equivoci e non sia affatto scontato essere comprensibili.
su questa affermazione non sono d'accordo: perché mi sembra ovvio che riducendo i volumi da riscaldare, e riducendo di conseguenza il volume di fluido termovettore da scaldare, si devono ridurre i consumi; pensare di consumare di più è quanto meno bizzarro.
Guarda che siamo d'accordo (e non può essere diversamente): mi sembrava ovvio che si intendeva parità di consumi riferiti alle unità che rimangono allacciate.
ma il minor costo si deve trascinare percentualmente la ripartizione millesimale del distaccato.
Qui non riesco ad afferrare cosa intendi. Vorresti dire che ti saresti aspettata una diminuzine pari alla quota che in precedenza veniva assorbita dal distaccato? Se è così in prima approssimazione è vero: non completamente: la differenza è proprio la quota comunque consumata (spesa) anche per la assenza del distaccato.

Quanto al resto, al di la della forma rileggo in altri termini esattamente quanto sostenevo. Poi "filosoficamente parlando" (ti piace questa?) come sostenevo preferisco invece parlare di quota fissa e quota variabile: perchè la dizione della UNI a mio parere in troppi casi è troppo talebana: ciò che spendete comunque (relativamente) in più causa il distacco non è certo un consumo volontario , ma necessitato.


Compreso che la formulazione dell'art. 1118 è alquanto infelice e generica, riscontrandosi a consuntivo solo una marginale riduzione dei consumi, mentre i relativi costi rimarrebbero a carico dei rimasti allacciati, finita la teoria, è bene che tu riformuli la domanda in altri termini.

Visto che le condizioni di legge non si sono realizzate, ( e credo che mai si realizzerebbero) vorresti ottenere il riallacciamento del separatista, o l'addebito delle spese come se lui non si fosse sconnesso?
Entrambe le vie a posteriori, in assenza di pattuizioni a priori, le vedo impervie.

Rimango dell'idea che l'unica via praticabile in modo quasi indolore per rientrare nella ragionevolezza sia quella di approfittare dell'obbligo di contabilizzazione, facendo ben presente al termotecnico la situazione , nell'elaborazione della quota a millesimi e quota a consumo: è una via per far rientrare dalla finestra ciò che vi è sfuggito dalla porta.
 
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Dimaraz

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su questa affermazione non sono d'accordo: perché mi sembra ovvio che riducendo i volumi da riscaldare, e riducendo di conseguenza il volume di fluido termovettore da scaldare, si devono ridurre i consumi; pensare di consumare di più è quanto meno bizzarro

Questo passaggio mi apre dubbi sul fatto che tu abbia compreso quello che ti stimo dicendo in 2.

Facciamo l'esempio semplice:
A-Condominio di 3 unità (3 proprietari) con caldaia centralizzata, nessuna area comune riscaldata e abitazioni identiche in pianta (3piani) Spesa anno 2010 Euro 3mila consumo mc 900.

B-Il proprietario piano attico, lamentando (a torto o ragione) un livello di temperatura inferiore rispetto agli altri si distacca e nel 2011 si ha che il Condominio (i 2 allacciati in "comune") spende 900 Euro con fatturati 600 mc...il distaccato 450 Euro per 300 mc. di consumo.

Nessun "aggravio di spesa" (nel senso giuridico utilizzato in norma e sentenze) perché ognuno ha consumato parimenti alla situazione ante-distacco.

Nell'ipotesi si considera che le 2 stagioni siano state similari come temperature medie.

Il maggior costo (monetario effettivo) è dovuto (per logica conseguenza) al maggior prezzo-costo di approvvigionamento.

Se invece si fosse rilevato (per i 2 centralizzati) un consumo 2011 di mc. 700 è palese che possono contestare il maggior aggravio...anche se avessero speso complessivamente 600 Euro (costo al mc diminuito anziché aumentato).
 

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