giorgio arena

Membro Attivo
Sono proprietario di un immobile commerciale (negozio a livello strada) locato, dal giugno 1993, insieme ad altri immobili adiacenti di proprietà di altri soggetti, sulla base di un unico contratto, regolarmente registrato. Il canone è rimasto fermo, a parte le rivalutazioni al 75% istat, per 6+6+6 anni e lo sarà fino al prossimo maggio 2011. La mia quota è pari al 26,5% dell'intera locazione.
Desidero dare disdetta (entro maggio 2010) e proporre al conduttore la stipula di un nuovo contratto di importo maggiorato del 100%, dal momento che il canone rimarrà fermo almeno fino al 2023.

Quali implicazioni comporta il fatto che non tutti i proprietari intendono dare la disdetta?
Il conduttore (un istituto di credito) può chiedere un indennizzo?
In caso di accordo sul nuovo contratto/importo è preferibile stipulare un contratto separato o ricercare un intesa con gli altri proprietari, che potrebbero così beneficiare dello stesso incremento %?
Ogni altro suggerimento e/o chiarimento è gradito
grazie
 

Adriano Giacomelli

Membro dello Staff
Proprietario Casa
Il caso è difficile e complesso. Ha molta rilevanza ciò che l'Istituto ha inserito nel contratto per tutelarsi. Immagino che l'Istituto di credito, che normalmente hanno un ufficio legale, abbia introdotto una qualche specificazione con cui l'insieme dei locatori si rendano attori in maniera solidale. Questo per dirti che senza l'intera volontà dei locatori sarà difficile recedere. Provo ad immaginare al caso in cui, come da te raccontato, tu voglia dare disdetta. Se tu dai disdetta, dato che immagino si tratti di una filiale di Banca, devi riconoscere l'indennizzo di 18 mesi, essendo un locale aperto al pubblico. (locazione commerciale). Naturalmente se l'Istituto riceve da te il recesso che sei il 26,5% della superficie, deve chiudere la filiale e naturalmente potrebbe chiedere il valore totale delle 18 mensilità a tutti i locatori i quali potrebbero rivalersi su te che sei stato l'attore iniziatore di questa causa-effetto o direttamente a te che sei colui che mette in crisi l'intera locazione. Sarà uno scenario apocalittico ma temo realistico.
Quindi, se posso consigliarti, cerca di catalizzare la volontà di tutti verso una richiesta concordata di aggiornamento canone nell'interesse tuo e degli altri locatori.
Adriano Giacomelli
 

Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
Se il locatore disdice il contratto è dovuta l'indennità per la perdita di avviamento che puo’ raddoppiarsi se chi subentra esercita un’attività assimilabile a quella del soggetto sfrattato.
Per quanto riguarda gli altri problemi a parere di chi scrive la risposta và trovata nell' adozione di quanto disciplinato in materia di comunione dagli articoli 1100 e segg del codice civile che per comodità ed a beneficio di tutti i lettori si riportano (gli articoli citati sono aggiornati ad oggi 8 marzo 2010)-Nel suo caso valuterei in particolare art. 1105.


Capo I--Della comunione in generale
Art. 1100--Norme regolatrici.-Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone se il titolo o la legge non dispone diversamente si applicano le norme seguenti.
Art. 1101. Quote dei partecipanti.Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali. Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote.
Art. 1102. --Uso della cosa comune.--Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.--Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Art. 1103. --Disposizione della quota.--Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota. Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le disposizioni contenute nel capo IV del titolo III del libro VI.
Art. 1104. --Obblighi dei partecipanti.--Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.--La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa.--Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati.
Art. 1105. -Amministrazione.-Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune.--Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente.--Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione.--Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.
Art. 1106. --Regolamento della comunione e nomina di amministratore.--Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente, può essere formato un regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune.--Nello stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore.
Art. 1107. --Impugnazione del regolamento.--Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all'autorità giudiziaria il regolamento della comunione entro trenta giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. L'autorità giudiziaria decide con unica sentenza sulle opposizioni proposte.--Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato, questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.
Art. 1108. --Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.--Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa.--Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti.--E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni.--L'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune.
Art. 1109.--Impugnazione delle deliberazioni.--Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all'autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:1) nel caso previsto dal secondo comma dell'articolo 1105, se la deliberazione è gravemente pregiudizievole alla cosa comune;--2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell'articolo 1105;--3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione è in contrasto con le norme del primo e del secondo comma dell'articolo 1108.--L'impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio, l'autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento deliberato.
Art. 1110.--Rimborso di spese.--Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso
Art. 1111. --Scioglimento della comunione.--Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l'autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l'immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri.--Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni.--Se gravi circostanze lo richiedono, l'autorità giudiziaria può ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto.
Art. 1112.--Cose non soggette a divisione.---Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso a cui sono destinate.
Art. 1113.--Intervento nella divisione e opposizioni.--I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione revocatoria o dell'azione surrogatoria.--Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione per l'effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda.--Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale.--Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi contro le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione.
Art. 1114--Divisione in natura--La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti.
Art. 1115--Obbligazioni solidali dei partecipanti.--Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o scadano entro l'anno dalla domanda di divisione.--La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita della cosa comune, e, se la divisione ha luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo diverso accordo tra i condividenti.---Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto il rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.
Art. 1116.--Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria--Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell'eredità, in quanto non siano in contrasto con quelle sopra stabilite.
 

giorgio arena

Membro Attivo
Ringrazio Ennio Giacomelli per il prezioso consiglio di leggere tra le pieghe del contratto e il dott Rossi per il rimando agli articoli che regolano la comunione.
Lasciando da parte gli aspetti legati a più proprietari che affittano più locali adiacenti, con un unico contratto, allo stesso istituto bancario che vi sistema una sua filiale, quello che entrambi hanno dato per scontato e che immagino possa interessare molti altri iscritti di propit per il suo carattere di generalità è la "certezza dell'indennità. Non è possibile, per un proprietario, adeguare il canone di un locale commerciale (aperto al pubblico) che è stato locato per 6 anni, più 6 anni in automatico, + 6 anni perchè in assenza di disdetta, quindi, nemmeno dopo 18 anni, senza dover pagare un indennizzo.
Quando un proprietario affitta un locale commerciale ad una società che (nel caso degli istituti bancari tra accorpamenti, acquisizioni e passaggi di mano) non "MUORE MAI" si impegna per la vita e per gli eredil? Le spese condominiali, le tasse, il costo della vita non variano in base al 75% dell'istat.
 

Adriano Giacomelli

Membro dello Staff
Proprietario Casa
Sig. Giorgio, se non ho capito male, Lei, come giusto, vorrebbe rideterminare il canone. Mi avventuro in consigli che le raccomando di verificare con un legale di sua fiducia. Lei ha posto i termini di una disdetta e io mi sono focalizzato su quella. Ora capisco che Lei vorrebbe un aumento di canone e sarebbe ben lieto di continuare il rapporto con l'adeguamento ad un canone di reciproco gradimento. Provo ad azzardare che richiedere un nuovo canone ragionevolmente maggiorato, possa incontrare qualche possibilità di essere accolto, magari ristipulando un contratto nuovo che in tal caso non avrà una scadenza a 6 anni, ma essendo un nuovo contratto avrà scadenza 6+6 per il conduttore, non essendo, di regola, concesso al locatore la disdetta alla I° scadenza. Una eventuale diniego ad una richiesta di adeguamento canone, non comporta pagare 18 mensilità. Insomma, o con il consenso di tutti o semplicemente andando a parlare con il conduttore, magari con maestria, porta a casa un adeguamento, ragionevole, anche per coloro che sembrano, al momento, disinteressati. Io ci proverei.
Adriano Giacomelli
 

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