Castro: non per spirito di contraddizione ma quello che stai dicendo è inesatto.
Il diritto alla provvigione matura alla conclusione dell'affare, se esso è si è concluso per effetto del suo intervento (art. 1755 c.c.). L'affare, nel caso di compravendita immobiliare, può dirsi concluso alla stipula del rogito notarile o al contratto preliminare, perchè se quest'ultimo viene fatto nelle modalità previste dalla legge (cioè nella stessa forma del contratto che precede), è di per sé una vendita e il rogito diventa una mera esecuzione differita nel tempo del contratto. Il mediatore può non essere presente al momento del preliminare, tanto è vero che il diritto alla provvigione si prescrive dopo 12 mesi dalla effettiva conclusione dell'affare, ma matura a partire dalla effettiva conclusione dello stesso. L'accettazione della proposta di acquisto non può essere legalmente equiparata alla conclusione dell'affare, tanto è vero che si può recedere perdendo la cifra pari all'acconto versato. Nel preliminare, nel caso di versamento di caparra confirmatoria, chi acquista può chiedere l'esecuzione forzata del contratto anche se chi vende decidesse di rinunciare, quindi come vedi è equiparato ad una vendita.
Chiaro che se io agente riesco a far accordare le parti su cifre e condizioni (con la proposta di acquisto) e poi una delle due parti decide di recedere, posso chiedere un rimborso spese (non la provvigione) perchè verrebbe vanificato il mio lavoro pur avendo adempiuto all'incarico, ma di certo non lo potrei chiedere alla parte che invece voleva mantenere gli impegni presi e andare al preliminare. Se fosse vero quello che dici, maturerei il diritto alla provvigione anche nei confronti di chi non si voleva tirare indietro: secondo te avrebbe senso? Io faccio una proposta di acquisto, il venditore accetta, poi rinuncia e dovrei pagare la provvigione all'agenzia? Se l'affare fosse da considerarsi concluso alla accettazione della mia proposta, il diritto alla provvigione sarebbe nei confronti di entrambe le parti...
La registrazione è un onere dell'acquirente e ha finalità meramente fiscali (è un modo come un altro che ha lo Stato per prendersi soldi

), mentre la trascrizione serve per opporre l'atto a terzi (se un venditore stipula tre preliminari con tre acquirenti diversi ignari di tutto, chi lo trascrive per primo è colui che può rogitare, gli altri si devono rivalere sul venditore per riavere indietro i soldi).
La questione che io e Jrogin cercavamo di chiarire era circa l'obbligatorietà della trascrizione nel contratto preliminare di acquisto (appurato che sia un atto pubblico perchè in presenza di notaio e quindi con obbligo di registrazione): io avevo trovato un riferimento alla legge 28-2-1997 n° 30 introducendo nel corpo del codice civile l'art. 2645bis che così recita:" I contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri... dell'art. 2643 (nb tra questi c'è appunto il contratto di compravendita immobiliare), anche se sottoposti a condizione o relativi ad edifici da costruire o in corso di costruzione, DEVONO ESSERE TRASCRITTI se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente". Ovviamente, trattandosi nello specifico di compravendita immobiliare, essendo per questo prevista la sola forma di atto pubblico, va da sé che il preliminare deve anch'esso essere un atto pubblico.
Giuseppe, riguardando questi articoli del codice mi sono rinfrescato la memoria: secondo l'art. 2699 del Codice civile "L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato". Quindi questa è l'unica forma prevista per il preliminare di acquisto affinché esso possa essere equiparato ad una vendita e quindi sia in grado di far nascere il diritto alla provvigione.