Premetto che sono un Socio di Cooperativa Edilizia a r.l., a totale contributo statale tra appartenenti Difesa/Interni, inizialmente a proprietà indivisa ma successivamente a proprietà individuale.
Recentemente, dopo aver saldato le quote mutuo di pertinenza con l'Ente (INPDAP), siamo giunti al definitivo atto della vendita/acquisizione dell’immobile assegnatomi da parte della Cooperativa.
Trovandomi in regime di "separazione dei beni", avevo preventivamente chiesto ufficialmente al Notaio (lo stesso per tutti i Soci assegnatari) di poter liberamente cointestare l'appartamento per quota uguale (50%) con la mia consorte (tra l'altro sposata "prima" dell'ingresso in cooperativa). Tale "libera scelta" mi è stata negata in quanto, a detta dello stesso Notaio, "non prevista specificamente dal c.c. per coloro che vigono in tale regime" (Codice Civile).
Fatto notare (copia alla mano) che altre Cooperative/Notai avevano, invece, registrato tale "cointestazione" su semplice dichiarazione dei coniugi (riportata nel testo degli stessi atti di vendita) di "essere in regime di separazione dei beni e di accettare e acquistare in comune e per quota uguale il diritto di proprietà della porzione immobiliare di pertinenza", mi veniva risposto che "ogni notaio si assume ai fini di legge le proprie responsabilità sugli atti che redige", poiché, a suo avviso, si poteva interpretare tale "consenso" a possibili "sotterfugi" finanziari al fine di pagare meno tasse. In ogni caso “… Lei è comunque libero di firmare o meno l’atto di acquisto”. A tale punto, mio malgrado (e della mia consorte), dovendo accettare per "sacre" le dichiarazioni dell' "esperto" Notaio, ho firmato l’atto preparato.
Per quanto sopra Vi pongo i seguenti quesiti che, a questo punto, potrebbero essere anche oggetto di eventuali interpellanze parlamentari per un “buco” normativo o di legge nonchè di un eventuale "segnalazione" al Notariato Nazionale:
· Visto che, a mio umile sapere, in giurisprudenza, una cosa è “legittima” se NON espressamente "vietata" da norme di legge (nel mio caso nemmeno dal Codice Civile), è “legale” tale impossibilità impostami?
· Vista la “diversità di interpretazioni” dei Notai (che potrebbero, a questo punto, incorrere in denunce per falso in atto privato-pubblico), esiste o meno uno specifico DIVIETO di legge a tale “libera scelta” tra l’altro voluta dallo scrivente a tutela della propria consorte (diritto garantito dalla Costituzione e dalla legge)?
· Posso oppormi all’atto fattomi firmare e già registrato, in quanto “dichiarato” (dal Notaio) unica possibilità di acquisto/acquisizione solo dalla mia persona ("Socio Assegnatario dell'immobile?
Da segnalare, inoltre, che il detto notaio mi ha suggerito, inizialmente di poter effettuare successivamente a 5 anni un ulteriore atto di “vendita” della metà della quota alla mia consorte (naturalmente a mie ulteriori spese), oppure.... (e qui la cosa diventa ancora, più strana), a seguito di mie continue richieste di chiarimenti, la "possibilità" di effettuare una “rettifica” dell'atto di vendita iniziale già stipulato (con una spesa "irrisoria" di circa 600-700 euro di spese di registrazione). A quest'ultima "proposta" il serio dubbio: Ma allora, se si può fare una "rettifica" vuol dire che l'atto lo si poteva fare sin dall'inizio; o no?
In questa ultima eventualità, perchè dovrei essere io a pagare la "rettifica"?
Lo so, Vi pongo una enormità di quesiti, ma credo che possano essere utili alla collettività!
Vi ringrazio per quanto saprete indicarmi.
Recentemente, dopo aver saldato le quote mutuo di pertinenza con l'Ente (INPDAP), siamo giunti al definitivo atto della vendita/acquisizione dell’immobile assegnatomi da parte della Cooperativa.
Trovandomi in regime di "separazione dei beni", avevo preventivamente chiesto ufficialmente al Notaio (lo stesso per tutti i Soci assegnatari) di poter liberamente cointestare l'appartamento per quota uguale (50%) con la mia consorte (tra l'altro sposata "prima" dell'ingresso in cooperativa). Tale "libera scelta" mi è stata negata in quanto, a detta dello stesso Notaio, "non prevista specificamente dal c.c. per coloro che vigono in tale regime" (Codice Civile).
Fatto notare (copia alla mano) che altre Cooperative/Notai avevano, invece, registrato tale "cointestazione" su semplice dichiarazione dei coniugi (riportata nel testo degli stessi atti di vendita) di "essere in regime di separazione dei beni e di accettare e acquistare in comune e per quota uguale il diritto di proprietà della porzione immobiliare di pertinenza", mi veniva risposto che "ogni notaio si assume ai fini di legge le proprie responsabilità sugli atti che redige", poiché, a suo avviso, si poteva interpretare tale "consenso" a possibili "sotterfugi" finanziari al fine di pagare meno tasse. In ogni caso “… Lei è comunque libero di firmare o meno l’atto di acquisto”. A tale punto, mio malgrado (e della mia consorte), dovendo accettare per "sacre" le dichiarazioni dell' "esperto" Notaio, ho firmato l’atto preparato.
Per quanto sopra Vi pongo i seguenti quesiti che, a questo punto, potrebbero essere anche oggetto di eventuali interpellanze parlamentari per un “buco” normativo o di legge nonchè di un eventuale "segnalazione" al Notariato Nazionale:
· Visto che, a mio umile sapere, in giurisprudenza, una cosa è “legittima” se NON espressamente "vietata" da norme di legge (nel mio caso nemmeno dal Codice Civile), è “legale” tale impossibilità impostami?
· Vista la “diversità di interpretazioni” dei Notai (che potrebbero, a questo punto, incorrere in denunce per falso in atto privato-pubblico), esiste o meno uno specifico DIVIETO di legge a tale “libera scelta” tra l’altro voluta dallo scrivente a tutela della propria consorte (diritto garantito dalla Costituzione e dalla legge)?
· Posso oppormi all’atto fattomi firmare e già registrato, in quanto “dichiarato” (dal Notaio) unica possibilità di acquisto/acquisizione solo dalla mia persona ("Socio Assegnatario dell'immobile?
Da segnalare, inoltre, che il detto notaio mi ha suggerito, inizialmente di poter effettuare successivamente a 5 anni un ulteriore atto di “vendita” della metà della quota alla mia consorte (naturalmente a mie ulteriori spese), oppure.... (e qui la cosa diventa ancora, più strana), a seguito di mie continue richieste di chiarimenti, la "possibilità" di effettuare una “rettifica” dell'atto di vendita iniziale già stipulato (con una spesa "irrisoria" di circa 600-700 euro di spese di registrazione). A quest'ultima "proposta" il serio dubbio: Ma allora, se si può fare una "rettifica" vuol dire che l'atto lo si poteva fare sin dall'inizio; o no?
In questa ultima eventualità, perchè dovrei essere io a pagare la "rettifica"?
Lo so, Vi pongo una enormità di quesiti, ma credo che possano essere utili alla collettività!
Vi ringrazio per quanto saprete indicarmi.